Negli ultimi giorni ho riletto vari volumi di Berserk nell'attesa del nuovo capitolo che uscirà venerdì, e stamattina non sono riuscita a mettere a fuoco un pensiero, che però ora ho afferrato, ed è questo: Kentaro Miura è stato toccato dal dio delle storie.
Tutti noi che leggiamo o raccontiamo storie lo sentiamo, in qualche modo, e ai migliori tra noi capita, in certi momenti di grazia, di averlo talmente vicino da parlarci quasi.
Ma a volte, rarissimamente, il dio delle storie tocca qualcuno e lo guarda negli occhi.
Ecco: per una manciata di anni, ha toccato e guardato Kentaro Miura.
E li capisco benissimo tutti i commenti, anche miei, sugli scivoloni e il calo negli anni - sono tutte cose vere. Ma quando succede una cosa così rara, da viaggiare vicinissima al settore dei miracoli, con quale coraggio ci lamentiamo perché non è durata di più?
(Qui sento Gatsu che dice: "Invece io ho visto così tanti di questi miracoli che mi viene da vomitare". E ha ragione lui, come sempre, perché "miracolo" la fa sembrare una cosa che scende dal cielo, e invece è piú una cosa sanguinosa come la sua guerra.)
Leggetevi Berserk. Non è vero che è un capolavoro "solo" fino all'Età dell'Oro, ci sono almeno altri due archi gloriosi, stupendi, e c'è un artista che è entrato e rimasto in stato di grazia per un tempo così lungo che vaffanculo quando ci pensi ti sta un po' sul culo. Ma che possiamo farci, "La maggior parte della gente vive facendo compromessi con la propria forza, le proprie capacità e la realtà intorno a sé".
Mi viene in mente il momento in cui Griffith pronuncia le parole che causeranno la fine di tutto: "Per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni. Il sogno ci dà la forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci uccide. E se anche ci abbandona, le sue ceneri rimangono in fondo al cuore fino alla morte".
Non so come si sentisse Miura rispetto a Berserk, ormai, ma spero che avesse capito di aver già fatto più che abbastanza.