1 gennaio
Varco il cancello di metallo e lo sento stridere quando lo richiudo: appoggio un piede a terra, pestando una pozzanghera, e mi sporco anche i pantaloni di fango.
Passeggio in silenzio, cammino con calma, fino a che non mi ritrovo davanti a te.
-Ciao Kuroo-, dico, mentre mi siedo a gambe incrociate nello spiazzo di erba bagnata, proprio davanti a te. Sorrido.
-Ora ho 19 anni, e ho ancora tutta la vita davanti, proprio come te. Ora abbiamo la stessa età. Pensavo ti avrebbe fatto piacere ricordarlo, e visto che non puoi rispondermi fingerò che sia effettivamente così.-
Ti vedo ridacchiare, il mio sorriso si allarga.
-Sai, quando ci incontrammo la prima volta volevo soltanto che tu mi notassi. Ti avevo già visto molte molte volte, venivo addirittura in palestra a guardarti giocare, prima di quel giorno al lago.
Non mi è mai piaciuta la pallavolo, e tu lo sapevi benissimo, ma non mi dispiaceva come compromesso, sai?
Io vengo in palestra e tu ti fai vedere: questo era il tacito accordo che avevamo noi, o che io, quattordicenne ingenuo, credevo che avessimo.
E spesso, quando uscivi dagli spogliatoi, mi illudevo che tu mi riconoscessi, e mi dicessi "non so che cosa farei senza di te".
Non ci parlammo per mesi, eppure sapevo che mi riconoscevi ogni volta, anche se tacevi.
Ci ho creduto fino alla fine, e ho fatto bene, perché poi sei diventato mio. Per tre anni interi sei stato mio.
Anche quell'ultima notte sei stato mio, anche se non lo sapevi. Anche se eri arrabbiato, anche se lo eravamo entrambi.
Perché tu mi scrivesti: "Mi dispiace di essermene andato, e sto tornando a casa."
"Sto tornando a casa."
Quella casa che era nostra solo da poco più di una settimana, ma era casa.
E quella notte stavo bene, sai?
Perché era tutto passato, come se la litigata non ci fosse mai stata.Come se tu non fossi mai uscito sbattendo la porta, come se non ti avessi urlato contro quelle cose orribili.
Come se non ci fossimo mai persi di vista, neppure un istante.
Stavo talmente bene che, anche senza di te, io ero uscito. Mi ero vestito comodo, ed ero andato a comprare quel nuovo gioco.
Ero felice, stavo bene, ma quella piccola gioia era solo una farsa. Come fosse solo un po' d'erba, non è durata più di qualche ora.
E mi sono comportato in modo così stupido quando ho ignorato quella tua chiamata, lo so.
"Tanto sta tornando a casa", mi dicevo.
Sta tornando a casa in macchina, starà bene.-
Mi fermo, mi copro gli occhi come una mano: è passato un anno. È già passato un anno, o forse è passato solo un anno?
Non lo so, ma mi manchi ancora come il primo giorno.
E mi odio ancora come quella notte.
-Incredibile-, riprendo, ricacciando in gola i singhiozzi e la voce spezzata -il modo in cui tu mi abbia sempre etichettato come qualcosa di bello, quando di bello in me non c'è nulla.
Questo io l'ho sempre saputo in qualche modo, ma la certezza è arrivata quella notte.
Quando non ti ho visto tornare a casa, quando mi accorsi che il mio cellulare aveva smesso di squillare da ore.
E io, stupido, credevo che fossi tornato a casa, che fossi lì ad aspettarmi.-
Mi asciugo gli occhi, ma non ci sono lacrime da asciugare.
Non che le abbia finite, ma tu hai sempre odiato la gente che piange.
Anche se dicevi che per me era diverso, e che avrei potuto piangere quando avessi voluto.
Ironico come io l'abbia fatto solo la notte in cui te ne sei andato.
-Forse tu avevi visto qualcosa di diverso in me, forse avevi visto qualcosa che io non riesco a trovare.-
Mi fermo, ti sento fare una domanda ma quasi la ignoro: non ho mai pensato che potesse essere colpa tua.
Non ho mai pensato che, se non fossi uscito, non avresti mai fatto quell'incidente.
Perché se io ti avessi risposto al telefono, almeno avrei potuto dirti addio.
-Forse invece hai visto qualcosa, o forse non avevi visto nulla ma t'illudevi di sì.-
La mia voce trema, tengo gli occhi bassi, ma non mi interessa: non piangerò davanti a te, non mi merito la tua pietà.
-Chissà cosa avrai pensato quando non ti ho risposto... Cosa avrai pensato quando non sono venuto in ospedale?
E come ti sarai sentirò ad andartene lentamente, senza... senza che io potessi raggiungerti in tempo?
E sono stato così stupido, a darti per scontato, amore mio.-
Alzo la testa, sfioro la tua lapide con le dita. È gelida, e mi si stringe il cuore: mi sembra di sentire le tue mani bollenti stringere le mie, che sono sempre state blocchi di ghiaccio al confronto.
Ma tu le stringevi lo stesso. Ma tu mi amavi lo stesso.
-Credo che questa mia stupidità sia l'unico motivo per cui sono ancora qui, sai? L'unico motivo per cui non ti ho ancora raggiunto.
Non posso sopportare di averti fatto soffrire tanto, di averti dato per scontato così tante volte quando in realtà eri l'unica cosa che mi importava.
So che un'intera vita senza di te non mi causerà abbastanza sofferenza da farmi perdonare da me stesso.
Ma spero che almeno tu possa perdonarmi, amore mio.-
Finalmente taccio, con la mano continuo ad accarezzare la tua lapide.
Mi fa sentire più vicino a te.
Sento il rombo di un motore, forse qualcuno sta per entrare qui e dopo non saremo più soli.
Pazienza: ho sempre preferito stare da solo con te, ma questa volta non importa.
-Buon anno, amore mio.-
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-Mr. Loverman- [KuroKen]
Fanfictionand i miss my lover, man. [trishot angst vomitata in una notte di pura ansia, un accrocco di pensieri deprimenti senza capo né coda. ma ha anche dei difetti ;)] ah, e buon anno