2 • 𝑳'𝒂𝒍𝒕𝒐𝒑𝒊𝒂𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑳𝒖𝒏𝒂

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🌘

I grilli saltellavano per le strade, emettendo quel verso eterno e delicato in grado di riappacificare chiunque. La temperatura era scesa drasticamente da quando il sole aveva ceduto il posto alla luna; l'escursione termica era quasi pari a quella di un deserto ed in effetti la somiglianza c'era eccome.

Sentendo dei movimenti nel corridoio, Levi si alzò dal divano - accuratamente imbottito di cuscini da Isabel - e raggiunse il corridoio.
Il panno bagnato che gli aveva offerto la ragazza stava alleviando un poco le sue sofferenze, ma, nell'istante in cui smetteva di premerlo sul collo, esso tornava a bruciare con esasperante costanza.

Si fermò a qualche metro da Furlan, osservando metodicamente gli oggetti che egli infilava nella borsa.

«Portami con te».

Gli occhi azzurri e tondi incontrarono i gemelli, quelli freddi e taglienti che parevano risplendere nella penombra della notte.

«Sai che io non ho intenzione di vagare per il mondo, vero? Ho una città da raggiungere, non viaggio certo per fare una scampagnata».

«Ti seguirò senza rallentarti», replicò Levi.

«Non hai sentito il medico?» lo riprese l'altro, acuto e furbo. «Ha detto che avrebbe condotto delle ricerche, perché vuoi andartene?»

«Hai visto che faccia ha fatto quando mi ha visto. Non ha la più pallida idea di cosa abbia sul collo», grugnì il moro in risposta. «Mi hai detto che ci sono degli ospedali a nord, molto più all'avanguardia di questo».

Furlan sembrò rifletterci su.

In effetti un aiutante durante il viaggio sarebbe potuto servire, anche se non aveva la benché minima idea in cosa effettivamente potesse aiutarlo; al contrario, c'era il rischio che diventasse un peso.
Nonostante ciò, comunque, doveva ammettere che aveva un corpo estremamente allenato. Era evidente che non fosse un paesano qualsiasi.
Si chiese se potesse essere una qualche sorta di mercenario o guerriero.
A proposito, si era completamente scordato di chiedere il suo nome, sempre se lo ricordava.

«Va bene, puoi venire», acconsentì, sbattendo le ciglia. «Perdonami, ma non so ancora come ti chiami».

Levi si stupì di quel particolare. Un attenzione simile non credeva che l'avrebbe ricevuta da uno sconosciuto.
Strinse la presa sullo straccio che teneva fermo al collo, ma non lo stropicciò.

«Levi. Tu?»

«Furlan. Vedo che il nome lo ricordi almeno».

«Madre natura non è poi così stronza alla fine», rispose lui con espressione ilare.

L'altro rise di gusto, prima di portare una mano davanti alla bocca. Abbassò la voce fino a spegnerla onde evitare di svegliare Isabel.

«Torna a dormire, partiremo domani all'alba».

Il cielo era limpido come suo solito, anzi, era perfino più pulito di ieri. Era privo di nuvole e questo permetteva ai raggi solari di esercitare a pieno il loro calore, difatti, se non ci si copriva accuratamente si rischiava di scottarsi.
Levi portò le mani sotto le bretelle dello zaino e mosse le spalle con vigore, facendo tintinnare lievemente il contenuto della borsa.
Furlan, il quale camminava al suo fianco con solo l'arco dietro la schiena, si schiarì la gola, osservando la cartina.

«Vedi? Oltre la foresta troveremo un incrocio. Dobbiamo andare ad est, verso Stoodfall».

Il moro si sporse verso di lui il minimo indispensabile per guardare la carta colorata e avere un idea del percorso da seguire.
I raggi del sole non erano suoi nemici, ma il marchio sì, con quel suo bruciore irritante.
Il dolore era diminuito rispetto al giorno prima, ma era ancora troppo presto per avanzare qualche ipotesi.

𝔗𝔥𝔢 𝔅𝔯𝔞𝔫𝔡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora