«È il tempo che hai perduto per la tua rosa che
ha reso la tua rosa così importante»
Antoine de Saint-ExupérySono le tre del mattino e, nonostante il caldo abbia ceduto il passo alla frescura delle prime settimane d’autunno, faccio fatica a prendere sonno. Lui, ovviamente, non è ancora rientrato e credo che non lo farà prima di un paio d’ore.
Ormai non ci faccio più neanche caso; è diventata un’abitudine. Da più di due anni a questa parte, il rapporto tra me e mio marito è diventato come una sorta di convivenza tra due perfetti sconosciuti: dormiamo nello stesso letto, ma non ricordo neanche più quand’è stata l’ultima volta in cui mi ha toccato. In un certo senso potrei dire che la colpa di tutto quello che è successo sia solo e unicamente mia; se non mi fossi lasciata trascinare dallo sconforto molto probabilmente avrei potuto salvare il salvabile, ma quando i sogni e le aspettative si frantumano dinanzi ai tuoi occhi… a quel punto non ha più senso vivere o sperare.
Avevamo progettato ogni cosa: appena tornati dal viaggio di nozze si era deciso che avremmo aspettato almeno un paio d’anni a mettere su famiglia; si pensava di creare prima un minimo di stabilità economica.
Difatti in poco tempo era arrivata la mia nomina e, dopo circa tre anni, ero riuscita a ottenere una cattedra presso l’Università di Pavia. Francesco aveva raggiunto dei buoni risultati al lavoro: Era riuscito a entrare nelle grazie del suo direttore ottenendo così una promozione a una carica importante all’interno dell’azienda per la quale lavorava. Tutto andava bene, liscio come l’olio in effetti. Ma quando meno te lo aspetti la vita ti tira un brutto colpo che stravolge ogni tuo piano.
Purtroppo mi fu diagnosticata un endometriosi che i medici non riuscirono a prendere in tempo e che risultò nella mia sterilità.
Sin da bambina avevo fantasticato sul diventare madre; dicevo che avrei avuto due figli, entrambi maschi, e avevo già deciso anche i nomi: Mattia e Lorenzo li avrei chiamati. E invece i miei sogni e progetti si erano sgretolati… proprio come il mio ventre arido come la sabbia del deserto, totalmente incapace di generare la vita. Una donna inutile, ecco cosa ero diventata. Da all’ora lasciai che i miei anni scorressero inesorabilmente, senza godere della mia giovinezza che man mano andava sfiorendo assieme alla mia voglia di vivere.
Un giorno dei nostri amici mi chiesero se fossi interessata a dare delle lezioni private alla loro figlia adolescente. A quel tempo non mi importava di guadagnare qualcosa in più, ma pensai che forse seguire quella ragazza avrebbe potuto aiutarmi a uscire dal mio stato di prostrazione e solitudine. Così finii per accettare.
Le cose però non cambiarono affatto, diventavo anzi sempre più triste e apatica. Il sesso con mio marito era sporadico e spesso quelle poche volte che lui mi cercava ero io stessa a rifiutarlo inventando fantomatici malesseri ed emicranie.
Fatto sta che un bel giorno, mentre ero alla fermata dell’autobus, vidi mio marito in macchina assieme a Cecilia… Già, proprio lei, e a quel tempo lei aveva solo diciassette anni. Quel giorno non avrei dovuto trovarmi lì perché di solito tornavo a casa prima di mezzogiorno. Quel pomeriggio invece avevo deciso di andare al mercato e prendere l’autobus delle sedici e trenta. Mi trovavo lì per caso e, di nuovo per caso, vidi l’auto di mio marito parcheggiata vicino al liceo frequentato dalla ragazza.
Inizialmente avevo pensato che magari Tiziano, il padre di Cecilia, o sua moglie ne fossero al corrente; chissà, magari avevano chiesto a Francesco di passare a prendere la figlia perché loro non potevano; o magari era successo qualcosa di grave.
Quando però vidi Cecilia baciare sulla bocca Francesco capii tutto. Ero una povera cieca. Ogni cosa mi si palesò finalmente davanti con spietata chiarezza: l’assenza, di mio marito, il fatto che rincasasse sempre a tarda notte…
Cecilia, naturalmente, non volle più prendere ripetizioni, nonostante le sue difficoltà in latino fossero ancora ben presenti e numerose.
Mi resi conto di essere una stupida, una povera illusa che viveva una vita lontana dalla realtà e priva di stimoli.
Pensai a un certo punto persino di suicidarmi, ma me ne mancava il coraggio.
Con Francesco feci finta di non sapere nulla e tutt’ora, probabilmente, lui crede che io non abbia capito o, forse, pensa che io possa aver intuito qualcosa? Francamente non lo so e neppure mi interessa. Sta di fatto che ad entrambi sta bene così: io sono troppo vigliacca per andarmene e lui troppo preso dai suoi interessi per perdere tempo con una come me.
Non so più chi o cosa io sia. Vivo nel passato per proteggermi dal presente. Soprattutto, vivo cercando di non pensare al futuro che mi attende.
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𝓐𝓶𝓪𝓶𝓲 𝓪𝓷𝓬𝓸𝓻𝓪
RomanceC'è chi parla del destino come un corso dall'esito inevitabile. Altri parlano di una vita costruita passo dopo passo, frutto questa delle nostre scelte. E così anche l'Amore. Quanto sei disposto a rischiare per salvare ciò che più ami? Eros e Thanat...