"Rocket #9 take off to the planet (to the planet), VENUS."
La mia mano cerca il cellulare sul comodino, inutilmente. Quella maledettissima canzone. Non avrei dovuto metterla come sveglia. Prima la adoravo ora la odio. Avrò dormito si e no due ore. È il mio primo giorno in quella scuola. In quella classe. Sono agitata, come tutti coloro che iniziano una nuova scuola d'altronde. Quell'estate ero cambiata moltissimo. A partire dai capelli, che prima erano castani e ricci e ora di un rosso quasi arancione e lisci, ad arrivare al mio look, che prima era da "brava ragazza" mentre ora è da "metallara sfegatata con un tocco nerd".
Finalmente trovo il cellulare e riesco a spegnere la sveglia. Leggo l'ora sullo schermo troppo luminoso per i miei gusti. 06:30. Con un movimento delle gambe mi scopro e con un altro movimento alzo il busto andando a sbattere con la testa su una delle assi di legno del letto a castello. Non capivo perché il letto sopra al mio era ancora lì se mia sorella era andata a vivere da papà. I miei sono separati da due anni. Io vivo con mia madre mentre mia sorella con mio padre.
Metto i piedi a terra e ancora assonnata vado in bagno. Doccia veloce e poi mi precipito a lavarmi i denti e a truccarmi. Crema idratante, fondotinta, una linea abbastanza spessa di matita nera sui miei occhi azzurri quasi argentei (senza coda perché sono incapace di farla) è un po di burro di cacao per le labbra troppo secche. Semplice insomma. Torno in camera ancora in accappatoio. Accendo la luce e mi dirigo verso la sedia dove la sera prima avevo appoggiato i vestiti per il giorno seguente. Jeans strappati, canotta nera di una delle mie band preferite, gli Slipknot, stivali neri e felpa grigio topo.
Dopo aver indossato tutto ciò che c'era su quella sedia mi dirigo di nuovo in bagno. Prendo la spazzola e pettino i miei capelli in modo da sciogliere tutti i nodi. Poso la spazzola e prendo il mio profumo preferito che è accanto ad essa. Si chiama "Fame". Il suo liquido nero e aveva un profumo molto particolare e forte. Lo adoro. Ne spruzzo un po sul corpo. Torno in camera, prendo lo zaino preparato la sera precedente e stacco il cellulare dal caricabatterie. Scendo le scale e vado in cucina.
"Buongiorno tesoro." Dice mia madre con un sorriso stampato sulla faccia. È ancora in pigiama e sta preparando il caffè.
"Buongiorno mamma." Le rispondo avvicinandomi e dandole un bacio sulla guancia.
"Vuoi un po' di caffè?" Dice indicando la tazzina dove stava appena versando il caffè.
"Per oggi ne faccio a meno, grazie." Rispondo sorridendo.
"Pronta per il primo giorno?" Mi chiede accennando un sorriso.
"No." Le rispondo prendendo le chiavi e le cuffie.
"Adesso vado altrimenti perdo il pullman." Le urlo avvicinandomi alla porta.
"Buona giornata tesoro." Mi urla dalla cucina.
Chiudo la porta dietro di me, scendo le scale e mi fermo sul marciapiede. Prendo il cellulare, inserisco le cuffie, faccio passare il filo dietro il mio collo e mettendone una nell'orecchio. Apro la libreria musicale e premo il tasto "riproduzione casuale". La canzone parte con un suono di batteria inconfondibile. "Sugar" dei System Of A Down. Mi incammino verso la fermata a passo veloce perché il pullman passerà esattamente tra 2 minuti.
Arrivo giusto in tempo.
Salgo sul pullman, timbro il biglietto e cerco un posto dove sedermi. L'unico libero era accanto ad un ragazzo che leggeva. Mi siedo accanto a lui togliendomi lo zaino dalle spalle e poggiandolo a terra. Aveva i capelli ricci, più corti ai lati ed erano castani. Non riuscivo a vedergli il volto perché era praticamente nel libro. Ma una cosa riuscivo a vederla: aveva gli occhiali.
Passo il viaggio ad osservare il paesaggio fuori dal finestrone in compagnia dei miei amati System Of A Down. Giornata di mezzo settembre, abbastanza calda. In cielo non c'erano nuvole ma il sole era un po' freddo. Il pullman si ferma improvvisamente. Ero arrivata.
Un edificio imponente di 3 piani era davanti a me. Il liceo scientifico "E. Fermi" c'era scritto sul cartello.
Appena scesa mi dirigo nell'ufficio del vicepreside, incaricato di portare tutti i nuovi alunni nelle rispettive classi. Eravamo in 3. Io, un ragazzo basso che doveva essere di seconda e una ragazza con gli occhiali.
"Salve ragazzi, benvenuti nel liceo "E. Fermi". Io sono il vicepreside e professore di matematica Marco Luiso e oggi vi accompagnerò nelle vostre classi." Disse invitandoci ad uscire dal suo ufficio.
I corridoi erano ormai deserti perché la campanella era suonata già da 5/10 minuti.
Usciti dall'uffici giriamo a destra e saliamo due rampe di scale per arrivare al primo piano. Giriamo a destra e alla prima porta sulla sinistra ci fermiamo.
"Chi è Laura Di Stefano?" Chiede guardandoci.
"Io." Risponde timidamente la ragazza con gli occhiali che era con noi.
"Questa è la tua classe, la IV E. Buona giornata." Le augura il professore aprendo la porta e spingendola all'interno della classe.
Saliamo di nuovo le scale, ne facciamo un'altra rampa arrivando al secondo piano. Giriamo sulla sinistra dove c'è un corridoio cieco. In fondo al corridoio vi è una porta. La raggiungiamo a passo svelto e ci fermiamo.
"Chi è Davide Lucchi?" Chiede con un sorriso, come se sapesse già la risposta. Ovviamente doveva saperla, eravamo in due. Un ragazzo e una ragazza e io non potevo di certo chiamarmi Davide.
"Io." Rispose ridendo il ragazzo.
"Questa è la tua classe, la II N. Buona giornata." Dice il professore aprendo la porta e invitandolo ad entrare.
È davvero imbarazzante. Spero che non lo faccia con me.
Ritorniamo alle scale e saliamo altre due rampe fino ad arrivare al terzo piano. Sinistra e poi destra, oltre i bagni fino ad arrivare all'ultima classe di quel corridoio. La III H.
"Grazie per avermi accompagnata professore. Si, sono Giulia Di Ginevra. Arrivederci" dico al professore prima che lui potesse aprire bocca. Non volevo nessuna entrata imbarazzante il primo giorno di scuola.
"Arrivederci." Mi saluta il professore apparentemente deluso.
Busso e apro la porta senza aspettare il permesso del docente presente in classe.
"Buongiorno, lei è?" Mi chiede la professoressa che era seduta sulla cattedra.
"Buongiorno. Sono Giulia Di Ginevra, la nuova alunna." Le rispondo prontamente chiudendomi la porta alle spalle.
"Io sono la professoressa Antonietta Gentile e insegno matematica e fisica."
La professoressa è abbastanza giovane. Capelli neri come la pece, occhi azzurri tendenti al verde e pelle molto chiara puntellata da lentiggini. Prese il foglio accanto alla sua borsa grigia.
"Di Ginevra, Di Ginevra, Di Ginevra... Eccola qui. Vada a sedersi all'ultimo banco, accanto a Romini." Mi indicò l'ultimo banco della fila centrale.
Tutti mi fissano come se fossi un'aliena. Butto lo zaino a terra e spostando la sedia con un piede mi siedo vicino a questo ragazzo estremamente familiare. Solo dopo aver preso un quaderno e aver iniziato a disegnare cose a caso mi rendo conto di chi ho accanto. Colui che era seduto accanto a me in pullman.
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Occhi Gialli
RomanceNuova scuola, nuovo look, nuova vita per Giulia. Un passato oscuro alle sue spalle ma un futuro luminoso davanti a sé.