49. TU SEI UN'AMICA PER ME, LA MIGLIORE

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«Come è andata la cena con David e suo padre?» chiese la nonna, mentre facevo colazione di fronte alla mia solita tazza di latte e biscotti. Aveva appena sfornato i miei preferiti, quelli con le mandorle e le uvette. Era stato quel dolce profumo a svegliarmi quasi all'alba e a invogliarmi a mangiare, per come erano andate le cose la sera precedente sarei rimasta a letto tutta la mattina.

«Io e David non stiamo più insieme», passai direttamente oltre alla sua domanda.

La nonna posò entrambe le mani sul tavolo e mi guardò attonita.

«So che a te piace molto David, lui è un bravo ragazzo, un buon partito, è romantico e gentile, ma ci sono cose che non sai, ci sono cose che ha fatto che non posso perdonargli e poi c'è che io... io non lo amo», confessai, guardando galleggiare un pezzo di biscotto nel latte.

Lei mi prese una mano, la lisciò come faceva quando ero piccola e le dicevo quanto mi mancassero mamma e papà. «Tesoro, David mi piace, è vero, ma questo non ha importanza, sei tu che deve starci insieme, se credi di non amarlo è giusto così. Troverai il ragazzo adatto a te, sei ancora giovane!»

Parlare con la nonna mi era sempre di grande aiuto. Avrei voluto dirle che non era soltanto per quello che stavo così male, il mio cuore era stato spezzato due volte, dalla delusione del mio primo amore con David e dal rifiuto di Marco, ma mi vergognavo a confidarle la verità. «Tu credi nell'amicizia tra un uomo e una donna?» Le domandai, aggirando l'argomento.

Lei mi guardò, questa volta stupita. «Sì, ci credo, ho avuto alcuni amici uomini nella mia vita e devo dire che si sono rivelati addirittura migliori di amicizie femminili, erano rapporti speciali, più o meno come il tuo con Marco», si perse nei ricordi.

«Pensi che tra due amici non possa nascere mai niente di più? Cioè se si è amici lo si è per tutta la vita, soltanto amici...»

La nonna mi scrutò, sospettosa. «Per quale motivo mi chiedi questo? C'è qualcosa che non va tra te e Marco? Oppure qualcosa di nuovo che dovrei sapere?»

La sua voce indagatrice mi fece capire che mi ero spinta oltre, così mi sbrigai a finire la tazza di latte e sgattaiolare via dalla cucina. «No, no è tutto a posto», dissi, rintanandomi nella mia stanza. Mi sedetti sul letto e accesi la radio, stava passando La regola dell'amico degli 883. Non sapevo se ridere o mettermi a piangere. Pure Max Pezzali si stava beffando di me. Spensi immediatamente quel supplizio e mi guardai intorno più turbata che mai. Pensai che l'unico modo per distrarmi fosse cominciare a fare ordine nella stanza. La scuola era terminata e io dovevo scegliere i libri da tenere e quelli da mettere via, alcuni li avrei venduti al mercatino per racimolare un po' di spicci. Per fare tutto ciò mi ci sarebbero volute di sicuro delle ore, così legai i capelli in una coda di cavallo, tirai indietro la frangetta con una fascia di stoffa e mi misi all'opera. Riuscii a fare tre grandi e pesanti scatoloni, che mi affrettai a portare nel seminterrato. Proprio mentre scendevo con l'ultimo vidi Vilma uscire di casa, era vestita con la salopette da lavoro. Davanti a lei c'era il padre e uno dei fratelli. Stavano sicuramente andando ad aprire il negozio. Mi soffermai a guardarla, aveva la faccia sbattuta e troppo pallida per essere estate. Era davvero un peccato che le cose tra noi fossero andate in quel modo, lei aveva tradito la mia fiducia ma io, forse, ero stata troppo ingiusta. L'amore ci aveva fregato oppure eravamo state proprio noi a fregarci con le nostre stesse mani. Depositai lo scatolone a terra, presi tutto il coraggio che avevo e la chiamai. La mia voce rimbombò nel cortile, facendo girare tutti e tre i Della Scala. Vilma mi guardò più turbata che altro. Sentii l'adrenalina crescere dentro di me come un fiume che si ingrossa. Deglutii e cercai qualcosa da dirle, ma non mi venne in mente niente, così rimasi a fissarla come una stupida. Lei allora riprese a camminare a seguito dei suoi. Che stavo facendo? Come potevo essere così incapace? Feci una piccola corsetta avanti e, prima che lei salisse nel furgoncino, gridai di nuovo: «Vilma, aspetta!» Lei però mi ignorò e saltò a bordo. Avevo avuto la volontà di farmi avanti, non avrei lasciato che se ne andasse senza poterle almeno parlare. «Io e David ci siamo lasciati. Mi ero sbagliata su di lui, anzi mi ero proprio sbagliata sull'amore!» urlai con tutto il fiato in mio possesso.

TI VEDO SCRITTA SU TUTTI I MURIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora