1. Wall

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Louis P.O.V.

Piove. Piove ed io non ho alcuna voglia di uscire, ultimamente mi sento terribilmente frustrato ed insoddisfatto. Non sono abbastanza per niente, cantare, giocare a calcio o seguire una qualunque delle dannate passioni che mi logorano il petto.

So che per realizzare i propri sogni bisogna impegnarsi, lavorare sodo e non fermarsi mai, ma io sono stanco. Stanco di fare un lavoro che non mi appaga e senza un futuro, stanco di fingere di stare bene e di essere forte, stanco di essere quello che sono diventato.

Vorrei trovare la pace, la serenità con me stesso. Ho provato tante volte a parlare di come mi sento ma sembra che i miei problemi siano i più futili dell'universo. Perché io sono 'bello, giovane, benestante, con un roseo futuro davanti' non ho il diritto di lamentarmi.

Fanculo.

Prendo la giacca ed esco, devo comprare qualcosa per la festa di inaugurazione dell'appartamento di Stan. Quell'idiota si è trasferito a Londra sei mesi fa e non lo vedo da troppo tempo. Finalmente ha trovato un buco per conto suo, senza doverlo condividere con altre dieci persone e mi ha invitato a stare da lui per il week-end. Era ora, ho una voglia matta di fare qualcosa di diverso, in una città di tutti, in cui si può essere ciò che si vuole senza sentirsi giudicati o inadeguati.

Il fatto che questo fine settimana sia anche il compleanno della mia fidanzata storica Zoe mi ha causato non pochi drammi. Voglio solo andarmene, lasciare questo postaccio per qualche giorno e poi tornare, probabilmente con meno neuroni ma più felicità. Mi sembra quasi un ultimo capriccio prima di piegarmi alla vita che dovrò condurre per sempre. Uno sfogo, l'ultimo che mi posso concedere.

Per qualche strana ragione ho deciso di guidare sino a Londra. Ho bisogno di stare solo, senza sorelle o strane persone intorno, senza fidanzate, amici, parenti o cani. Solo io e la strada, per quasi quattro ore.

Imposto l'ipod sulla mia playlist preferita 'sassy queen' e parto, non credo di essere davvero pronto ad affrontare un viaggio così lungo, ma non mi importa. Non mi importa più di nulla. Spengo il cellulare, il cervello e guido.

I pensieri scorrono fluidi nella mia testa, sono solo sciocchezze, freno, frizione, marcia, acceleratore. È tutto ciò che mi serve sapere.

Arriverò tardissimo, perché non sarei dovuto andare in macchina.

Riaccendo il cellulare dopo quasi due ore e mezza, per avvisare Stan e il display inizia ad intasarsi di messaggi e chiamate perse, genitori, nonni, Zoe e altri seimila individui di cui mi frega meno di zero. Mollatemi. Non sopporto quando le persone mi stanno addosso.

Ho l'istinto di cacciarlo fuori dal finestrino ma mi trattengo, devo mantenere un controllo, almeno finché non giungo a destinazione.

Arrivo a Londra alle 7 di sera, ho ancora un po' di tempo per cercare di comprare qualcosa di decente. Raggiungo una zona non del tutto centrale, probabilmente mi sono perso, ma trovo un inspiegabile enorme parcheggio di fronte ad una pasticceria. Tanto vale provare. Mi fermo e scendo.

Una torta? Sarebbe stupido portare una torta al mio migliore amico proprio nel giorno del compleanno della mia ragazza? Sorrido ed entro tutto contento, fare queste cose mi diverte anche troppo.

Il negozio è gigantesco, un'esplosione di colori, arcobaleni e dolci. Stucchevole.

«Siamo chiusi. » La voce flebile di una ragazza con un cappotto verde chiaro raggiunge le mie orecchie, è bella da mozzare il fiato, rimango imbambolato a fissarla.

«Ah, scusa.» Mi limito a sbiascicare, voltandomi e facendo per uscire.

«Lascia stare Rose, ci penso io.» La voce questa volta è piena, roca, fortemente maschile. La ragazza mi passa accanto, lasciando una scia inebriante di profumo ad intontirmi.

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