3. Bite

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Esco dal suo loft cercando di non girarmi a guardarlo come la peggiore delle ragazzine. Vorrei non dovermene andare, perché non so quando e se lo rivedrò, non so nulla, e sto tornando a casa, dove mi rifaranno il lavaggio del cervello pur ignorando dove e con chi sono stato.

«Ehi, bel culo! Credi che il bacio di prima basti a salutarmi?» Dice lui afferrandomi per un braccio e tirandomi nuovamente all'interno. Mi appoggia al muro - ha una strana passione per i muri - e mi bacia dolcemente, scaldando ogni fibra del mio corpo, fin troppo per i miei gusti. Le sue mani raggiungono piano il fondo della mia schiena ma non vanno più giù, sono ferme lì, proprio nel punto in cui il mio fisico inizia a curvare.

Questo ragazzo mi lascia privo di una corazza, mentre mi bacia non riesco a pensare a nulla, ma temo che quando sarò solo inizierò a rotolare sul pavimento per la vergogna di quello che ho fatto, di quello che mi ha fatto.

Continua a baciarmi indisturbato finché, a quanto pare, qualcosa non lo infastidisce. «Non mi sembri molto partecipe.»

Lo guardo male. «Come scusa?»

«Andiamo, devo seriamente impegnarmi come ieri sera per farti sciogliere un po'?»

La faccia mi sta andando a fuoco, come può dire certe cose senza il minimo imbarazzo, fissandomi dritto negli occhi? Decido di accontentarlo, perché è giorno o meglio, è uno strano pomeriggio di sole, nonostante sia dicembre. C'è la luce e sicuramente preferisco baciarlo con un po' più di entusiasmo piuttosto che rimanere qui a farmi ispezionare dai suoi occhi. E poi se non collaboro, come non ha mancato di ricordarmi, non si fermerebbe ad un bacio e probabilmente dovrei rimanere qui anche questa sera, e non posso. Purtroppo.

Mi alzo sulle punte e inverto le nostre posizioni, facendo aderire lui al muro. Sembra piacergli a giudicare dai mugolii e da quanto stringe i miei fianchi.

Mi stacco e faccio un piccolo saltello per stampargli un bacetto sul naso. Voglio capire se in qualche modo è possibile imbarazzarlo.

In cambio ottengo una forte pacca sul culo. Impossibile.

Contro ogni aspettativa riesco a raggiungere l'ascensore, anche se la consapevolezza di non poterlo più rivedere mi rende nervoso pesandomi sul petto. È per questo che non volevo un addio sdolcinato, non sono ancora pronto a lasciarlo andare. Benché io lo conosca si e no da due giorni.

Non sono ancora certo di sapere come salutarlo quando le porte iniziano a chiudersi. Alzo lievemente la mano e lo fisso.

Il rumore del metallo che si scontra mi fa sobbalzare, e l'ascensore inizia a scendere piano mentre io prendo a girare in tondo in quello stupido quadrato ricoperto di finto legno. Prenderei lo specchio a testate. Il mio sguardo riflesso sembra solo in grado di giudicarmi, proprio come poche ore fa, quando sono rimasto impalato a fissare i segni che lui ha lasciato sul mio corpo.

Mi manca l'aria, possibile che questo palazzo debba essere così alto? Non riesco a fermare il mio ruotare e finirò con il fare un solco sul pavimento se questo maledetto coso non arriva a destinazione. Non so nemmeno cosa mi spaventa davvero, o meglio, sono talmente tante le cose che mi terrorizzano lasciando quest'oasi di pace che non riesco minimamente a calcolarle o a pensarci.

Finalmente raggiungo l'esterno e mi appoggio al muro azzurro in cemento, per permettere all'aria di entrare facilmente nei polmoni. Sono schiacciato dal peso di ciò che mi aspetta, dalle domande, dalle persone, dall'imminente futuro. Sento che la vita che detesto riuscirà ben presto ad inghiottirmi di nuovo. Continuo a prendere grandi boccate ad occhi chiusi, sperando di trovarmi in una realtà differente quando quello che credo essere un attacco di panico sarà passato e riaprirò gli occhi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 26, 2015 ⏰

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