FUMO BIANCO やです

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Le pareti bianche della stanza quel giorno erano particolarmente nauseanti, oltre che un vero ripudio per la vista

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Le pareti bianche della stanza quel giorno erano particolarmente nauseanti, oltre che un vero ripudio per la vista.
L'odore del disinfettante, ormai impregnato nell'arredo, colpiva tenacemente l' olfatto procurando un'espressione di disgusto sul volto del ragazzo.
L'eco dei passi difilati di alcuni medici nel corridoio, poco distanti dalla porta,  erano l'unica fonte di rumore umano in quella stanza.

qualcosa di umano oltre ai rumori provocati dalle macchine attaccate al ragazzo disteso.

Le sue labbra morbide sono inconsciamente dischiuse e porporate di un rosa tenue in contrasto con la sua pelle lattea, che quasi sembrava richiamasse la stagione corrente.
Il suo corpo, coperto ora da un larga felpa bianca date le temperature, emanava una forte placidità che jungkook da un anno a questa parte aveva completamente perso.

Le sue dita si intrecciarono con le ciocche bionde del ragazzo disteso, provocando così un sospiro rilassato nel corvino a quel contatto.

La sua mano si lasciava trasportare da quel continuo gesto, rendendolo l'unica comunicazione con quel mondo che in quel momento non gli apparteneva.

Lo rivoleva, rivoleva il suo Jimin.

Le giornate ormai trascorrevano troppo lentamente per essere definite anche tali, un loop continuo da cui l'unica via d'uscita sembravano le poche ore di sonno che il corvino aveva il lusso di godere.
Il sorgere del sole determinava un'asfissiante inizio, inizio che per jungkook non significava altro che affrontare i suoi problemi, le sue paure.

Affrontare i continui maltrattamenti del padre, non lo definiva vivere.

Recarsi in ospedale ogni giorno sperando che il suo migliore amico potesse svegliarsi anche solo per dargli uno schiaffo e urlargli contro, non lo definiva vivere.

Passare notti in bianco meditando su ciò che fosse veramente giusto, non lo definiva vivere.

Affogare le sue tenebre nell'alcol, con la consapevolezza di potersi punire ancora per una sera, lo faceva sentire vivo.

Avrebbe potuto fare ben altro, qualsiasi altra cosa, ma lui preferiva trovare un po' di pace nell'idea di essersi punito, assumere la sua dose di dolore quotidiana e sentirsi sollevato, almeno per qualche minuto, lui lo avrebbe fatto.

Jimin era l'unico in grado di far dimenticare tutto ciò che rendeva le sue giornate un incubo.
Ogni parte del suo migliore amico gli trasmetteva serenità, e lui non trovava la serenità da parecchio tempo.
Eppure gli venne strappata via anch'essa, come se lui non meritasse quel sollievo, come se tutte le sue sofferenze fossero irrilevanti, e per quanto jungkook le tenesse nascoste, soffocandole nel più remoto luogo del suo cuore, esse continuavano a persistere in una morsa soffocante.

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