Seonghwa's PoV

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1886.

Era così orribilmente affascinante, mentre la morte si impadroniva delle sue membra e lo posava sul marmo freddo come un petalo di rosa si sarebbe steso sull'acqua. Il mio cuore aveva sempre battuto a tempo col suo, e in quel momento mi sembrò di sentire il veleno scorrere anche nelle mie vene. Sentii il dolore delle contorsioni del suo corpo rigido, mentre la belladonna dissimulata dall'assenzio arrivava, con la sua aura di seduzione fatale, a confondergli l'anima e paralizzarla. Senza il fiato per emettere un ultimo gemito, cadde sul corpo della propria donna, già riversa sul catafalco gelido della cappella. Tutti gli sguardi si concentrarono allora sul petto di lei, che si alzava e abbassava come respirasse ancora. Si mise in piedi. La vita regnava ancora nei suoi occhi lacrimosi. Piangeva sul cadavere dell'amato, come se il freddo di quelle lacrime avesse potuto spegnere le fiamme dell'Inferno e riportarlo indietro; quel dolore disperato, pensai, raccolto e versato con compostezza per il pubblico, era l'essenza stessa dell'arte, la massima espressione della vita. Non si è mai più vivi di quando si piange; piansi anch'io, nel tentativo egoistico di lavare l'immagine della morte dalle mie palpebre. Non volevo ricordarlo così, non volevo vedere il suo dolore. Che fosse morto, non mi pesava. Era evidentemente il suo destino, una vita tanto breve. Che avesse sofferto, questo non riuscivo ad accettare. Sperai che un angelo venisse a prenderlo, che gli baciasse via dalle labbra quella smorfia sofferente. Nessuno però evoco il pietoso angelo della morte, tutti applaudirono ai due cadaveri sul palco. Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi, mentre tornavo alla realtà e ricordavo...era un semplice spettacolo teatrale. Hongjoong era il migliore attore che fosse mai esistito. Non era difficile farsi suggestionare, durante quella magistrale interpretazione di Romeo e Giulietta. Pensai che nessuno dei presenti avesse mai visto uno spettacolo simile, e la disperazione mi assalì all'improvviso nel pensare che ci fossero persone del tutto cieche a quella bellezza. 

Non mi dispiaceva, invece, che potessi godere solo io del sorriso di Hongjoong appena mi vide nel suo camerino. Aveva già messo in un vaso i fiordalisi che gli avevo regalato prima dello spettacolo, e sembravano già appassire. Cos'è un fiore senza le sue radici? È leggero nell'acqua, ma ciò che è piacevole ed etereo non può durare. Così era il mio giovane amante, un fiordaliso, piccolo e delicato, ma brillante; perché le sue radici erano salde per terra, era sicuro della direzione in cui stavano crescendo. Mi dissi che non me lo sarei mai perdonato, strapparle per il mio puro piacere personale. Dovevo lasciarlo mettere radici dove desiderava. Si accorse subito dei pensieri che mi turbavano, leggeva le persone come fossero libri di fiabe, semplici e prevedibili. 

"Perché sempre fiordalisi?" chiese, con un candore che mi lasciò la certezza che, comunque, quei fiori gli piacessero. "Mi ricordano te", risposi, breve. Ma lo conoscevo, sapevo che avrebbe fatto altre domande, e lui mi conosceva, sapeva che stavo aspettando solo che lui mostrasse interesse verso i miei pensieri. "Mh?" fece, inclinando la testa come un bimbo curioso. "Conosci il mito di Flora e Cyano?" Scosse la testa in segno di negazione e glielo raccontai. La dea Flora aveva fatto sbocciare i fiordalisi in memoria di Cyano, appena dopo la sua morte. In Oriente si usa regalare i fiordalisi alla persona amata, è un invito a formare legami profondi, indissolubili. "Eppure è il fiore della leggerezza", obiettò Hongjoong, e senza aspettare che aprissi bocca, continuò: "sei strano, Seonghwa." Non ebbi il tempo di sperare che non fosse offeso dal messaggio che aveva letto nei miei fiori, non mi permise di dire nulla in mia difesa, che mi diede la rassicurazione più spontanea del mondo. In un attimo, fu sulle mie labbra. Prese il mio labbro inferiore nella sua bocca, lo tirò, lo morse. Gli piaceva giocare in quel modo, soprattutto quando avremmo potuto essere visti. Chiunque sarebbe potuto entrare nel suo camerino. "Non entrerà nessuno, vedrai", disse con un filo di voce, a pochi centimetri dal mio viso. A volte, mi faceva paura quel suo modo di parlarmi, come se fosse sicuro dei miei pensieri. Arrivai a pensare, talvolta, che potesse davvero leggermi nella mente. Quella sera però, pregai che non capisse cosa avevo in mente. Lasciai che mi spogliasse, poi fu il mio turno di occuparmi di lui. Non che fosse molto vestito, aveva ancora addosso gli abiti di scena, una semplice camicia e dei pantaloni scuri. Gli stivali se li tolse da solo, calciandoli via. "Sii paziente", sussurrai al suo orecchio, e poi mi abbassai sul suo collo, a morderlo mentre gli aprivo il primo bottone della camicia. Hongjoong mugolò, e fu come sentire il canto delle sirene. Ogni mia volontà era annullata in favore della sua. Gettai alle ortiche il proposito di farlo aspettare, e quasi gli strappai di dosso la camicia. Era esattamente come me lo ricordavo, aveva sul petto qualche marchio altrui che si stava riassorbendo, ma non me n'era mai importato. Era libero; sapevo che il suo cuore sarebbe sempre tornato da me, qualunque cosa fosse successa. A quel punto potevo farlo anch'io, marchiargli la pelle candida con tante piccole rose scure. "Continua...", quasi mi pregò, mettendomi una mano tra i capelli e tirandoli verso il basso. Compresi. Lo liberai dei pantaloni, dall'intimo, e lo presi in bocca. Era già duro, così come lo ero anch'io. Mi piaceva succhiarlo, concentrarmi solo sul suo piacere, e sentire il sapore del suo orgasmo. Lui invece non l'aveva mai fatto. Poco mi importava, soprattutto quella sera: gli diedi un bacio umido, lasciandogli assaporare il suo seme, poi venne il bello anche per me. Lo penetrai con un dito, e un brivido di eccitazione mi scosse tutto, nel vederlo sorpreso, quasi spaventato, come la prima volta che mi si era donato. "Ah!" gemette piano, ma non si leggeva dolore nella sua espressione. Aggiunsi un secondo dito e Hongjoong si lasciò andare, con il petto contro il muro, ansimante. Inarcò la schiena, spingendosi contro di me. La mia erezione stava diventando dolorosa, avevo bisogno di sollievo. "Sei pronto?" gli sussurrai, chinandomi su di lui, col petto sulla sua schiena, il membro che sfregava sulla sua entrata. "Mhh...mhmh", mi arrivarono così alle orecchie i suoi vari mugolii di assenso. Posizionai la punta del mio pene tra le sue natiche, e Hongjoong gemette in anticipazione di quello che stava per succedere. Mi spinsi appena dentro di lui e inarcò la schiena, sistemandosi con il petto contro il muro e i fianchi verso di me. "No, Hwa...", adoravo quando mi chiamava con quel diminutivo, con un filo di voce nel quale leggevo senza sforzo il piacere, "ti voglio tutto dentro." Non mi lasciai pregare, in una sola spinta fui dentro di lui con tutta la lunghezza. Hongjoong si premette una mano davanti alla bocca, per non urlare. "Aspetta...", piagnucola. Deve avergli fatto male; per me era soltanto piacevole, essere stretto dal suo caldo anello di muscoli. Avevo una mano sul suo petto e una sul suo fianco, e iniziai a muovermi dentro di lui quando non sentii più il suo respiro affannoso e il suo cuore battere quasi contro la mia mano. "Hwa..." richiama ancora la mia attenzione, "ti prego." Non disse altro,  l'affanno non glielo permetteva. Anch'io gli risposi con un gemito strozzato, cercavo di non fare troppo rumore, nonostante le contrazioni ritmiche dei muscoli di Hongjoong, che mi davano un assaggio di paradiso. Il calore dal basso ventre si estendeva per tutta la colonna vertebrale, mi sembrava che quel piacere arrivasse al cuore e lo sciogliesse, lo liberasse di tutti i muri che aveva messo attorno a sè negli anni. Avvertivo ogni movimento in ogni parte del mio corpo, sentivo anche il suo piacere scorrermi nel sangue come fosse il mio, lo conoscevo così bene che sapevo tutto quello che gli piaceva, senza che lui dovesse dire nulla. Non si che si facesse problemi a parlare di quello che gli piaceva. "Più forte, Hwa, non preoccuparti di me." Nonostante le sue frequenti richieste, questo non l'aveva detto mai. Gli era sempre piaciuto fare l'amore dolcemente. In quel momento però, ancora ho pudore nel dirlo, non mi fu difficile non preoccuparmi affatto, e darglielo con forza, proprio come lo voleva lui. "Non smettere, non smettere...", mi pregava, mentre stringevo una mano sul suo collo, facendogli mancare il fiato. Arrivammo all'orgasmo insieme. Sentii un brivido per tutta la colonna vertebrale e gettai la testa all'indietro, con un gemito profondo e roco. Non ero in grado di preoccuparmi del rumore: "che ci scoprano", pensai. Hongjoong dev'essere stato della stessa idea. Emise un urlo di piacere non molto forte, ma acuto, quasi femminile. "Ah, Hwa!" articolò le sillabe a fatica, mentre il suo seme sporcava il pavimento del camerino. In quello stesso momento, mi riversai dentro di lui, stringendo la presa sui suoi fianchi, tanto da lasciargli il segno delle mie dita. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 25, 2021 ⏰

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