ALBA, MATTINO, MEZZOGIORNO

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Il mare quella mattina era calmo, come raramente se ne vedevano da quelle parti. La notte prima era stata di tempesta e l'aria umida pungeva fresca, eppure un Sole immemore brillava cheto sopra le sue scaglie azzurre. Era come se un grave male avesse portato con sé la tempesta e poi si fosse inabissato: non diceva per dire, aveva percepito qualcosa di soprannaturale e malefico quella notte; non le era mai successo prima, era come se un terzo occhio che non sapeva di avere si fosse aperto all'improvviso. Per questo era lì.

Ora sembrava tutto tranquillo, niente fuori posto. Forse era stato un falso allarme, non conosceva ancora bene la magia di quella nazione; ma da quello che aveva visto, ne era satura in ogni suo angolo. Un tale potere profano di cui le Scritture non-

Cos'era quello?

Mise un piede sulla superficie diagonale della parete e si lasciò scivolare, finché i suoi stivali non affondarono sul manto sabbioso della spiaggia. Sguainò la spada (meglio non rischiare). Si avvicinò prudentemente, riconoscendo a mano a mano quello che stava puntando. Uno spettacolo a cui aveva già assistito molte volte: un cadavere.

Poteva essere stato semplicemente portato dalla corrente, ma la sua posizione era troppo particolare: sembrava essere emerso dalle onde, per poi cadere e cercare di strisciare con le braccia. Il suo torso era nudo, probabilmente il vestito era stato stralciato dal mare, però una strana massa nera gli attraversava... no, le attraversava il bacino. Una cosa molto lunga, come una coperta; uno scialle? Un mantello?

L'aveva quasi raggiunta: una giovane donna dai lunghi capelli corvini, che ora erano sparsi nella sabbia bagnata, e con le unghie... ben curate. Guardare le unghie era utile per rivelare chi aveva davanti, in questo caso una donna che curava il proprio aspetto, forse addirittura benestante; il genere di persona completamente fuori posto lì, e che in un naufragio andava a fondo per prima. La faccenda si faceva sempre più strana.

Ora le stava davanti. Le onde le bagnavano ritmicamente le suole degli stivali e riempivano il corpo di alghe e conchiglie. Il suo viso, schiacciato per metà nella sabbia e per l'altra coperto dai capelli, era mortalmente pallido.

"Non è una coperta, sono ali!" Ali scure da uccello, probabilmente un tempo maestose ma ormai con poche piume lungo lo scheletro; la furia dell'acqua doveva averle spezzate. Che fosse una di quelle creature impure, una vastaya?

Un piccolo movimento attirò la sua attenzione, impercettibile se non fosse stata in guardia. Le sue dita si erano mosse. Allora era ancora viva. Posato di nuovo lo sguardo sul suo viso, vide sulla palpebra aprirsi una fessura e le sue labbra screpolate schiudersi.

Rantolò qualcosa, non era certa che l'avesse vista, forse stava esalando l'ultimo respiro. Attorno a lei vedeva una strana ombreggiatura sfuocata, e poi capì che si trattava la sua aura. Era debole, ma percepiva una traccia della notte prima: era qualcosa di eretico, oscuro, nemico.

E non era ancora morta.

...

La donna chiuse occhi e bocca e perse i sensi. Lei rinfoderò la spada, sistemò lo scudo sulla schiena e si abbassò su di lei. Scostò una ciocca di capelli, rivelando un orecchio appuntito e una linea di trucco sbavata attorno all'occhio e sulla guancia. Tutto di lei indicava a una creatura delle tenebre.

Le toccò la pelle con un dito, e quella biascicò ancora. Si stava aggrappando alla vita in ogni modo.

Chiuse gli occhi e sospirò.

"Stando così le cose...".




Come il Sole e la NotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora