CAPITOLO XI

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"Ciao, stronzo, ore 11 Villa Scheibler. Contando che ora sono le 9,30, non hai molto tempo... ora o mai più, vieni a prenderlo."

Erano passati appena dieci minuti, da quando aveva preso in mano il telefono e, ancora, non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva letto. Automaticamente, compose più volte il numero di Martina ma, dopo appena uno squillo, la linea veniva interrotta. Iniziò a vestirsi, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente. Mentre cercava di darsi una parvenza di decenza nel bagno, sentì il suono di un altro messaggio in arrivo, si precipitò in cucina.

"Senti, stronzo, se mi chiami ancora una volta, mi pentirò per sempre di averti avvertito, non c'è tempo! Lo ami ancora o no?! Brutta testa di cazzo, che cosa ci fai ancora lì! Ti giuro che, se arrivi tardi, ti telefonerò tutti i giorni per il resto della tua miserabile vita, per ricordarti quanto tu sia stato idiota!", il suo cuore aveva aumentato i battiti a dismisura. Si precipitò fuori come una furia. Mentre scendeva, con l'ascensore, guardò il suo orologio, erano le dieci, un'ora, aveva solo un'ora. Fuori dal portone, calcolò che, per arrivare a destinazione, ci sarebbero voluti massimo trenta minuti. Si avvicinò alla sua auto e pigiò il bottone dell'apertura, nulla. Controllò di avere le chiavi con sé, le aveva in tasca. Riprovò ad aprire l'auto, nulla. Cercò di non farsi prendere dal panico, probabilmente la batteria era andata. Prese il telefono e chiamò Mimmo, rispose dopo almeno cinque squilli, del resto, era stato uno dei suoi compagni di bevuta, la notte precedente.

· Hey... già in piedi? – si appoggiò alla sua macchina, non riusciva più a respirare bene.

· Mimmo, ascoltami attentamente. Ora, tu ti metti la prima cosa che trovi, prendi la tua auto e vieni a prendermi, ORA! – il panico si era già insinuato in lui.

· Ma... - diede un calcio ad uno pneumatico.

· ORA! NON FARE DOMANDE! – Mimmo si alzò in piedi e iniziò subito a vestirsi, cinque minuti dopo stava scendendo in strada.

· Ok, sono in macchina, posso collegare? – Efrem non gliel'avrebbe lasciato fare, aveva bisogno di sentire dove fosse in ogni istante, per restare con un minimo di parvenza umana.

· NO. Voglio che tu mi dica dove sei, devo sapere dove sei arrivato. – Mimmo fu contagiato dalla sua urgenza, spinse sull'acceleratore.

· Cinque minuti e sono davanti a casa tua, stai calmo, non so cosa sia successo, ma sto arrivando. – quando vide il Panda svoltare nella sua via, Efrem si permise di guardare l'orario, le 10,17, gli restava meno di un quarto d'ora di margine. Salì in macchina.



- Vai, Villa Scheibler a tavoletta. – Mimmo, sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto di lì a poco a Villa Scheibler, non si mosse.

- Non lo fare, ti prego... - Efrem prese il suo telefono, gli mise sotto gli occhi i messaggi di Martina.

- E se ti stesse prendendo per il culo? Se volesse solo umiliarti, farti soffrire? – Efrem scosse la testa.

- Puoi pensare ciò che vuoi, conosco Martina, non lo farebbe mai. Non rischierebbe di rovinare il matrimonio di Riky solo per una vendetta meschina. Non so cosa sia successo ma, se lei mi dice di andare a prenderlo, io le credo, e se tu non parti subito, ti sbatto giù dalla tua macchina e ci vado da solo, scegli... - Mimmo mise in moto e iniziò a macinare strada.

- Dovremmo metterci mezz'ora, sperando di non trovare traffico... - Mimmo sentiva che le sue flebili speranze se ne stavano volando altrove.

- L'altro ieri... - Efrem stava scrivendo a Martina che si era messo in viaggio.

- Cosa?... – Mimmo aveva "lanciato" il suo Panda al massimo.

- Mentre eri in bagno... ho preso una chiamata, dal tuo cellulare... era Riky. – Efrem si bloccò.

- Continua... - Mimmo aveva i segni della colpa scolpiti sul suo viso.

- Penso che abbia creduto che tu e io... - Efrem diede un pugno alla portiera, facendo sobbalzare Mimmo.

- Cazzo! Perché! Perché non me l'hai detto? E perché non ho trovato la chiam... - un altro pugno sulla plancia.

- Efrem... mi dispiace, io credevo che tra noi... - Efrem si coprì la faccia con le mani.

- Dio! Mimmo! Tra me e te c'è una splendida amicizia, non ti ho mai, dico MAI dato una ben che minima speranza, che ci potesse essere di più! – Mimmo si stava mordendo il labbro, si sentiva davvero male.

- Perdonami se ho voluto sperare fino alla fine! Lunedì avrai le mie dimissioni sul tavolo. – Efrem guardò l'ora, le 10,34, due uscite e avrebbero visto la loro.

- Non voglio le tue dimissioni, non se riuscirai a farmi arrivare in tempo... - Mimmo si voltò verso di lui... "amici".

- Fosse l'ultima cosa che faccio, a costo di entrare dentro quella sala con la Panda! – alle 10,53 lo lasciò davanti all'entrata. Mandò un breve messaggio a Martina, "sono davanti all'entrata, dammi la direzione...", passarono alcuni minuti prima che rispondesse, nel frattempo Mimmo l'aveva raggiunto.



· Entra, percorri il viale, dentro l'atrio troverai i cartelli con i nomi e la direzione della sala, sbrigati, hanno appena iniziato. – Efrem iniziò a correre. Come gli aveva detto Martina, trovò i cartelloni con indicate le sale e le cerimonie che si stavano tenendo. Quando arrivò davanti alla porta si bloccò.



- Efrem? – aveva la mano appoggiata sulla maniglia, ma non si muoveva.

- Perché non apri? – Efrem continuava a rimanere immobile.

- E... una volta entrato, che cosa gli dico? – era successo tutto così velocemente, che non ci aveva ancora pensato. Mimmo poggiò la mano sulla sua, sopra la maniglia.

- Perché? È così importante quello che dirai? – Efrem lo guardò e gli sorrise.

- No. – Mimmo fece pressione sulla sua mano, la porta si aprì.

-

"Il presente verbale, al quale allego il verbale della richiesta, viene letto ai dichiaranti i quali, insieme con me ed i testimoni, lo sottoscrivono." Efrem percorse il corridoio nel brusio generale, fermandosi a pochi passi da Riky.



- NO! Non firmare, ti prego, non lo fare... – Riky, con la penna in mano, si girò verso di lui. Fu una questione di una frazione di secondo, Shogo scattò nella sua direzione e, in un attimo, gli fu addosso, sferrandogli un pugno dritto sulla guancia. Martina gridò a Ettore di fermarlo, e lui si precipitò a bloccare Shogo, Efrem non aveva reagito.

- OK! OK! Sono calmo! Lasciami! – Shogo, aveva le braccia bloccate dal suo testimone dietro la schiena. Ettore guardò Martina, che gli fece cenno di lasciarlo. Mentre Efrem, che era caduto a terra, cercava di rialzarsi. Lo sguardo di Riky era indecifrabile, poggiò la penna sul tavolo e scambiò un paio di frasi con l'officiante. Scese lo scalino che lo divideva da Efrem e gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi.

- Hai esattamente due minuti, a partire da ora, per dirmi che cosa ci fai qui... insieme al tuo amante... - Efrem girò la testa verso Mimmo, sorrise.

- Prima di dirti cosa ci faccio qui, è indispensabile chiarire che, il qui presente Mimmo non è, né mai sarà, il mio amante. Siamo solo ottimi amici che, ti posso assicurare, non hanno mai scopato. Cosa ci faccio qui... ho bisogno di parlare con te, possiamo andare fuori un secondo? – Riky si girò verso Shogo che era furioso.

- No. Se vuoi dirmi qualcosa dillo ora e qui. – Efrem socchiuse gli occhi e respirò profondamente.
- Ok. Tu non puoi legare la tua vita a lui e ti spiego il perché. Nessuno ti conosce quanto me, ad esempio, potrei scommettere tutto il mio conto in banca che, la canzone che hai scelto per concludere la cerimonia è Take Me to The Church di Hozier. – non attese la risposta, era certo che fosse quella la canzone, continuò a guardarsi le punte dei piedi mentre parlava.

- Sono anche sicurissimo che, la meta del vostro viaggio di nozze sia il Giappone, potrei darti anche l'itinerario, credo che non lo sbaglierei. Riesco a capire com'è il tuo umore da quello che mangi la mattina quando ti svegli. Se mangi dolce sei di pessimo umore, se mangi salato sei al settimo cielo ma, Dio ci scampi se prendi solo un caffè! Quando sei preoccupato, una piccola ruga si forma in mezzo alle tue sopracciglia e la mantieni anche quando sorridi. Conosco ogni centimetro del tuo corpo e, ancora di più, ogni millimetro della tua anima... - prese un respiro, era cosciente che ogni sguardo, dentro quella sala, era puntato su di lui ma, in quel momento, non gliene fregava assolutamente nulla. Riky, aveva iniziato a mordicchiarsi il labbro inferiore, il suo cuore palpitava talmente forte, che temeva che si sentisse, nel silenzio irreale della sala.

- Ti ho amato dal primo istante in cui ti vidi, spettinato e disperato, con i libri a terra, in mezzo all'atrio più grande che avessi mai visto. Ma appena alzasti la testa, tutto scomparve, c'eri solo tu... ci sei sempre stato solo tu... so di avere rovinato tutto, so di avere sbagliato ma... non riesco a rinunciare a te, davvero, non ce la faccio! Ci ho provato, Dio solo sa quanto ma... non ci riesco! E... non sono mai stato bravo ad esprimere i miei sentimenti, perciò, prendo in prestito qualche parola dal mio "amico" Auden. – si avvicinò a Riky e alzò lo sguardo, puntandolo direttamente dentro la sua anima - Sei tu il mio nord e il mio sud, il mio oriente e il mio occidente... sei i miei giorni di lavoro e i miei giorni di festa, il mezzogiorno e la mezzanotte, sei la mia musica e le mie parole, ti prego, ti supplico... vieni via con me e rimani con me... per sempre. – Martina era in lacrime, così come mezza sala, il silenzio era irreale.

- Bene, hai detto quello che dovevi dire? Potresti andartene ora, che io e Riky abbiamo qualcosa da terminare? – Shogo si stava avvicinando a Efrem, ma la mano di Riky gli catturò un polso. Gli si avvicinò e gli prese entrambe le mani.

- Sono davvero dispiaciuto, non puoi capire quanto, ma... - Shogo si sciolse dalla sua presa, i suoi occhi iniziarono a lanciare lampi di ira.

- Ma cosa? Vuoi credere alle cazzate che ti sta dicendo questo bastardo? Ti ho dato tutto in questi anni! TUTTO! – Efrem osservava la scena, senza capirci più nulla. Mimmo si avvicinò e gli sussurrò: "prendilo e scappa", gli mise le chiavi della macchina in mano, questo gli diede la scossa, prese la mano a Riky, i loro occhi s'incontrarono. Scese lo scalino, iniziò a percorrere il lungo corridoio insieme a lui.

- TI FARO' PENTIRE DI QUESTO! SEI SOLO UN PICCOLO ARROGANTE PEZZENTE! IO TI ROVINO! – la presa sulla mano di Riky si fece più forte, il passo più veloce, doveva portarlo via di lì, il più lontano possibile da Shogo. Corsero fino alla macchina di Mimmo e risero, risero come pazzi. S'infilarono dentro la Panda e Efrem la "lanciò" sulla strada. I loro cuori, non ne volevano sapere di calmarsi, tra loro scese un silenzio imbarazzante.

- L'ho combinata davvero grossa... - l'enormità della sua decisione, piombò addosso a Riky come un macigno. Efrem accostò l'auto.

- Sei ancora in tempo, se non te la senti... so quanto ti sia costato, credere alle mie parole e so che temi il giudizio dei tuoi cari, io... - Riky, si buttò letteralmente sulle sue labbra. Quel bacio spezzò ogni dubbio e ruppe ogni barriera. Dopo un attimo di sorpresa, Efrem lo abbracciò, prendendo possesso della sua, tanto desiderata bocca, era un abbraccio titubante il suo, quasi temesse di romperlo. Si staccarono, ansimando.

- Ti sembro pentito? – Efrem, però, non voleva affrontare il mondo immediatamente, avevano bisogno di ritrovarsi, prima di dare spiegazioni su spiegazioni, dovevano tornare ad essere coesi, insieme contro tutti, se fosse stato necessario. Si rimise in strada.

- E adesso... - "se tu solo sapessi che forza mi hai dato!", gli prese la mano, portandola alla bocca per baciarla.

- Adesso si va in montagna, per qualche giorno... dall'alto si studiano meglio le strategie. – arrivarono a casa di Efrem e, dopo qualche ora, e un buon elettrauto, partirono per la casa in montagna. Efrem, l'aveva comprata pochi mesi prima che si lasciassero, Riky non c'era mai stato. Sapeva dove si trovava, ma non aveva voluto vedere neppure le foto allora, ma ora, ci stavano andando, insieme. Arrivarono a Bormio all'ora di cena, si fermarono a mangiare in un piccolo ristorante a pochi metri, lo avrebbe scoperto dopo, dalla loro casa. Riky scoprì di avere parecchia fame, il viaggio era stato molto silenzioso, ma non un silenzio imbarazzante, come quello iniziale, un silenzio pieno di parole, se si fosse concentrato Riky era convinto che, sarebbe riuscito a sentirle uscire dai loro cervelli.

- Ho mangiato anche per te, a quanto sembra. Hai mangiato pochissimo... - Riky osservava Efrem giocherellare con il cibo.

- Hai poca memoria... - Riky arrossì, improvvisamente gli tornarono in mente un sacco di cose e, una tra quelle, era il fatto che, quando Efrem aveva voglia di fare sesso, perdeva interesse per il cibo.

- Credo che sia meglio chiamare Martina e sentire che aria tira, non è giusto lasciarla sola ad affrontare tutto. – Riky scoppiò a ridere

- Da quando ti preoccupi di Martina? – Efrem socchiuse gli occhi, prese il telefono e gli fece leggere i loro messaggi.

- Credo... da quando è diventata il mio personale cupido... se non fosse stato per lei, noi, non saremo qui ora. – a Riky s'inumidirono gli occhi. Compose il numero dal telefono di Efrem, gli rispose subito.

- Mi dovete un favore lungo tutto il resto della vostra vita, ne sei cosciente? – Riky, sentendo la sua voce, non resistette più, scoppiò a piangere. Efrem prese il telefono.

- Martina? Sono Efrem. – Martina, avendo riconosciuto la voce di Riky, rotta dal pianto, partì in quarta.

- Che cazzo gli hai fatto? Perché sta piangendo? Brutto stronzo psicopatico, vengo lì e ti ammazzo! – Efrem scosse la testa.

- Non è quello che ti stai immaginando nella tua mente bacata, si è solo emozionato a sentire la tua voce, appena si calma, te lo passo. Ora, se non ti è di troppo disturbo, vorremmo sapere com'è la situazione lì, ti metto in viva voce, siamo in un locale pubblico, se puoi evitare di fare lo scaricatore di porto, te ne sarei eternamente grato. – Martina era esausta, aveva dovuto gestire quella situazione a dir poco spiacevole e, davvero, non ne poteva più.

- Ti ho messo in viva voce. – Riky si era calmato, Efrem gli teneva la mano sul tavolo.

- Marti, ci racconti cos'è successo, dopo che ce ne siamo andati? – Martina, sentendo la sua voce, si tranquillizzò ed iniziò a raccontare.

- L'officiante ha parlato con Ettore e se n'è andato. Shogo passava da momenti in cui era attonito, ad altri in cui sembrava dare di matto. Non è venuto subito da me, ha prima parlato con i suoi genitori. Io, ho parlato con tua madre e l'ho fatta portare a casa da Ettore, che gli ha spiegato cosa stesse succedendo e, tu non ci crederai, era contenta, ha detto, testualmente: "Riky, con quel buono da niente non ha nulla a che spartire. Anche se, continuo ad essere preoccupata che sia con Efrem, credo che lo ami davvero." Quando l'ha lasciata a casa, era tranquilla, comunque, appena puoi, chiamala. Shogo, dopo aver parlato con sua madre, è venuto da me, mi ha detto che ti avrebbe fatto causa e che avrebbe dedicato tutto il resto della sua vita a rovinare la vostra. Ho sfruttato il pranzo di nozze, insieme agli amici, visto che l'avevi già pagato. La torta era davvero buona, ti manderò le foto. Il viaggio in Giappone l'aveva organizzato e pagato Shogo, per cui, non me ne sono preoccupata. Non voglio dirti cosa fare, ma, se fossi in te, una telefonatina a Shogo la farei... almeno provaci. – non sapeva se ne avrebbe avuto la forza, ma, come sempre, Martina aveva ragione.

- Ok, non ti dico dove siamo, se non lo sai, non lo puoi dire... abbiamo intenzione di restare fuori dalla bufera per qualche giorno, e sì... lo chiamerò. – Efrem gli strinse ancora più forte la mano.

- Martina, io ti sarò per sempre grato, di non avere ignorato ciò che hai intuito. – Martina era soddisfatta, ed era sempre più convinta, di avere fatto la scelta giusta.

- Ora, dovete solo essere felici, solo questo... e, Riky, per piacere, cerca di non tenerti tutto dentro, d'ora in poi... - si salutarono, Efrem pagò il conto e uscirono dal locale. S'incamminarono per un vicolo, che sbucò davanti a un cancello. Attraversarono un piccolo boschetto e finalmente giunsero davanti alla loro casa, una baita.

- Oh mio Dio, non mi dire che è questa! – Efrem era orgogliosissimo del suo rifugio e, poterlo condividere con il suo uomo, era un sogno che diventava realtà.

- E non l'hai ancora vista dentro! – aveva mantenuto il legno originale, dove aveva potuto, ma, dentro, era una bomboniera. Una vasca idromassaggio, soppalcata, al lato della sala, proprio davanti al camino, faceva bella mostra di sé. Di fronte, una bellissima cucina, con forno a legna e, a fianco, una scala portava al piano superiore dove, si trovavano la camera e il bagno. Gli occhi di Riky vagavano, scoprendo tutti i particolari.

- Ti piace quello che vedi? – lo abbracciò, appoggiandogli il viso sulla spalla. Lo avvolgeva completamente da dietro, i suoi capelli sapevano di frutta.

- Mi piace molto quello che vedo, e ancora di più, quello che sento in questo preciso momento. – il suo cuore era pieno di amore, avrebbe potuto riempire l'universo, con l'amore che provava per Efrem, e ancora ne sarebbe avanzato un po'. Efrem lo lasciò andare, scostandosi da lui quasi frettolosamente.

- Bene, che ne pensi di sistemarci? Poi possiamo andare a dormire, io dormirò sul divano questa notte... - non lo stava neppure guardando in faccia, si aggirava come un folletto impazzito. "Che cazzo sta succedendo? Cosa mi sono perso?", non avrebbe più taciuto, non più.

- E per quale strano motivo vuoi dormire sul divano? – Efrem, non era abituato a questo suo nuovo modo di affrontarlo a viso aperto. Si fermò, girandosi per guardarlo.

- Ho paura, ho una fottutissima paura che tu ti rompa, ho paura di poterti rompere, non riesco neppure a stringerti a me come vorrei! E se ti facessi male, mentre facciamo l'amore? Se tu mi guardassi con quegli occhi terrorizzati che avevi quando ti venivo a cercare? – Riky si morse il labbro inferiore. Iniziò a spogliarsi, si tolse la felpa, le scarpe, la maglia, i pantaloni, rimanendo con addosso solo i boxer. Efrem, senza parole, con le braccia a penzoloni, lo guardava come se stesse ammirando un'opera d'arte.

- Smettila... ora mi lego anche i capelli... - alzò un sopracciglio e gli sorrise maliziosamente.

- La nostra vita, insieme, inizia ora. Devi stringermi, fino a togliermi il respiro. Devi farmi sentire quanto mi vuoi, senza paura di farmi male... io ho intenzione di fartene questa notte e... anche nelle prossime. Ho intenzione di graffiarti la schiena e morderti... ora... puoi restare passivo, oppure... - un rantolo sfuggì dalla bocca di Efrem.

- Piccolo, se continui a provocarmi così... - gli si avvicinò, continuando a mordicchiarsi il labbro inferiore, quando si trovò a pochi centimetri da lui, lo spinse a sedere sul divano.

- Ora stai fermo. – salì sopra di lui a cavalcioni, iniziando a strusciarsi. Il profumo di Riky riempiva il suo cervello, Efrem lo abbracciò, dapprima lentamente poi, gli afferrò i capelli e gli leccò la gola.

- Vedi... non è difficile. – lo liberò dalla sua presa, le loro bocche si riconobbero in un bacio lungo e sensuale. Le sue mani strinsero le natiche di Riky, accentuandone il movimento. Riky iniziò ad armeggiare con i suoi pantaloni, quando riuscì a liberarlo, scese da lui e si mise in ginocchio.

- Oddio Riky... - Riky prese in mano il suo uccello e iniziò lentamente a masturbarlo, leccandogli il glande.

- Non mi sembra una buona idea, se fai così, non credo che potrò resistere... - Ricky alzò lo sguardo.

- L'intenzione è proprio questa... così, con il secondo round, duri di più... - lo accolse tutto dentro la sua bocca, Efrem si perse in lui. Non gli ci volle molto per godere, ma, con grande sorpresa di Riky, la sua erezione non si abbassò per nulla. Si tolse la camicia, mangiandoselo con gli occhi. Quando si tolse i pantaloni Riky riprese a torturarsi il labbro inferiore.

- Sdraiati, ora sta a me farti impazzire... - lo coprì con il suo corpo, poi, lentamente, scese con la sua lingua ad esplorarlo. Ogni fibra del corpo di Riky era per lui, lo baciò ovunque, godendo di ogni sua risposta. Lo girò su sé stesso e infilò la lingua nel suo orifizio, ogni suo gemito lo mandava in estasi. Si sdraiò su di lui, strusciandogli l'uccello in mezzo alle natiche.

- Nella fretta non ho preso condon... - Riky voltò la testa indietro.

- Non credo che avrei voluto che li indossassi... - uno spasmo, dolorosamente piacevole, lo raggiunse direttamente nell'uccello.

- Girati, è arrivato il momento dei morsi e dei graffi... - Riky non se lo fece ripetere due volte. In un attimo si girò e alzò le gambe pronto a riceverlo. Efrem lo penetrò lentamente, senza perdersi la vista del suo viso, travolto dall'emozione. Si accasciò su di lui.

- Ti amo... ti prego, non lasciarmi mai più. – Riky gli tirò i capelli, per alzargli la testa.

- Ti amo anch'io... tanto che non ricordo più chi sono, quando stiamo insieme... devi ricordarmelo, se mi ami, davvero non farmi perdere mai più. – Efrem prese a muoversi e poi, fu tutto perfetto, morsi e graffi compresi.

Tornarono a Milano due settimane dopo, cenarono con Martina e Ettore, li portarono al Seta, era il minimo che potessero fare per loro. Nella cassetta della posta, Riky trovò una lettera di uno studio legale di Milano, Shogo, gli stava chiedendo un risarcimento a sei zeri, per il loro mancato "matrimonio". Consegnò la lettera a Efrem, il loro legale gli consigliò di provare a ragionarci. Lo chiamò la sera stessa e fissarono un incontro.

- Vuoi che venga con te domani? – Riky ci pensò un momento.

- Non credo sia il caso, se c'è una speranza di farlo ragionare, svanirebbe nel nulla... - Efrem era preoccupato, ma era sicuro di lui e, stranamente, non si sentiva geloso.

- Ok, dimmi qualcosa, quando avete finito... - quella sera, per la prima volta, dormirono ognuno nella propria casa. Riky sentiva già la mancanza del suo odore, della sua voce, ma, nessuno dei due, aveva ancora affrontato il discorso di dove vivere, e si obbligò a non avere fretta.

L'incontro con Shogo era alle diciassette, in un bar del centro. Riky arrivò con mezz'ora di anticipo. Lo vide entrare nel bar, era dimagrito e aveva le occhiaie. Gli fece un cenno con la mano, Shogo si diresse al tavolo, sedendosi di fronte a lui.

- È stata una bella vacanza? – Riky abbassò lo sguardo.

- Non vuoi davvero che ti risponda... - Shogo tamburellò con le dita sul tavolo.

- Davvero, no... perché? Perché hai scelto lui? Lo rifarà, questo lo sai! – Riky alzò lo sguardo, fulminandolo.

- No, non lo rifarà. – negli occhi di Shogo passò un lampo.

- Mettilo alla prova... - Riky lo interrogò con lo sguardo.

- Facciamo un'ipotesi... se io, ad esempio, gli mandassi un paio di foto tue mentre ti sto facendo godere come una troia, come pensi che reagirebbe? – brividi di paura percorsero il corpo di Riky.

- E mettiamo, sempre per ipotesi, che io quelle foto le abbia proprio qui, adesso, sul mio smartphone... - Riky cercò di prenderglielo.

- Tieni a posto quelle mani... - Riky sentì che il panico si stava impadronendo di lui.

- Tu non lo farai! Credi che potrei tornare con te, anche se dovessi avere ragione? – Shogo sghignazzò.

- E chi ti vuole più! Di troie come te è pieno il mondo... voglio solo fartela pagare... voglio che tu soffra, come ho sofferto io. – Riky strinse i pugni.

- Dimmi una sola volta in cui io ho detto di amarti... una! Lo sapevi fin dall'inizio che non provavo nulla per nessuno, non l'ho mai nascosto! – Shogo gli catturò una mano stritolandola.

- Però in questi anni ti ho fatto comodo, un porto sicuro, sesso a volontà, nessun problema di soldi... come una puttana... - Riky sapeva di essere stato egoista, e in un certo senso, si era sentito in quel modo, ma era anche vero che, non gli aveva mai detto di amarlo.

- Mi dispiace, davvero mi dispiace di avere approfittato di te, ma non pensavo di provare ancora qualcosa per Efrem, tutto questo ha travolto anche me... sono stato stupido, non avrei mai dovuto iniziare una storia con te, né con nessun'altro, senza provare dei veri sentimenti, ma non posso tornare indietro e... in realtà quello che ti brucia di più è che per la prima volta hai perso un giocattolo di cui non ti eri ancora stancato, perché è questo che hai sempre provato per me, ammettilo... - Shogo girò lo smartphone verso di lui, quattro immagini erano appena state spedite a Efrem. Rimase a bocca aperta.

- In bocca al lupo... spero di non sentire il tuo nome al telegiornale di domani... - si alzò e se ne andò, lasciandolo tremante e insicuro su quella sedia.

Il suono di una notifica distrasse Efrem dal lavoro al tecnigrafo. Prese in mano l'apparecchio e vide che era un messaggio di Shogo. Le immagini che si stavano scaricando, mostravano un corpo che lui conosceva bene. Il dolore allo stomaco gli fece venire la nausea. Si sedette, cercando di non chiudere la comunicazione con il suo cervello. Mandò un messaggio a Riky.

· Avete finito? – Riky lesse il messaggio, per un attimo pensò di parlargli di cosa era accaduto, ma non ne ebbe il coraggio.

· Sì, sto tornando a casa. – Efrem rispose immediatamente.

· Vieni a casa mia. – aveva paura, ora aveva davvero paura, e se Shogo avesse avuto ragione?

· Ok. Ci vediamo lì. – mentre guidava verso casa di Efrem, si rese conto di stare tremando, ma cercò di farsi forza. Dalla strada, vide che la luce della cucina era accesa, Efrem era già arrivato e lo stava aspettando, provò un déjà-vu... aprì la porta, lui era lì al centro della stanza, esattamente come "quella volta". Le sue gambe diventarono di gelatina. Efrem si avvicinò lentamente e alzò le braccia, Riky si copri la testa e il viso con le sue, lo avvolse nel suo abbraccio iniziando a baciarlo un po' dappertutto.

- Per fortuna... sei tutto intero... temevo che ti avesse fatto del male. – Riky abbassò le braccia e lo scostò.

- Hai... ricevuto... - Efrem gliele mostrò.

- Neppure per un secondo, ho pensato che fossero foto recenti... ma tu, hai creduto che ti stessi per picchiare, vero? – Riky appoggiò la testa sul suo petto.

- Sì, mi dispiace... - Efrem affondò il viso nei suoi capelli.

- Devo mandare un biglietto di ringraziamento a quell'uomo, per la seconda volta, mi ha permesso di farti capire che sono cambiato. Anche se fossero state foto di oggi, non avrei alzato un dito su di te, questo non significa che non sia geloso... - gli sollevò il mento con la mano e lo baciò dolcemente.

- Torna a vivere con me, amami ogni giorno. – Riky si strinse a lui.

- Credevo che non me lo chiedessi più... proprio come nel manga che mi hai regalato, invecchieremo insieme, me lo prometti? – Efrem gli prese il viso tra le mani.

- Solo se mi farai morire per primo, non sopporterei di restare senza di te, in questo mondo. – in quel mondo, che apparteneva solo a loro.

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