La scomparsa.

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"Una voce la chiamava dal buio, urlava il suo nome e la pregava di venire.
Jen riconobbe subito la voce, era quella di Maia, e subito corse.
Corse verso il buio, ad una velocità che neanche lei immaginava possibile, ma più correva, più la voce si faceva lontana.
I polmoni le bruciavano, non respirava, la fatica era sovraumana, come lei, ma riuscì ad arrivare alla sua amica, ma non appena la stava toccando vide..."
«Jeeeeeeenn.» urlava una voce dal piano di sotto.
Dalla bocca di Jennifer uscirono solo grugniti di stanchezza, ma sapeva di sbrigarsi ad alzarsi dal letto, era il primo giorno di scuola quello.
«Jen, sbrigati o arriverai tardi a scuola.»
La voce adesso proveniva da dietro la porta, con il suo timbro familiare.
«Si mamma.»
Si alzo a fatica dal letto, e non appena mise piede a terra, inciampo nel cavo del caricatore del telefono.
Si alzò velocemente, con un piede che le doleva per la botta, ma niente di che per una ragazza come lei.
Ancora mezza addormentata e si diresse verso il bagno.
Si guardò allo specchio a fondo.
Jen era una ragazza non troppo alta, formosa, e bella.
Aveva capelli castani ondulati, che le donavano felicità al viso, cosparso di lentiggini, che facevano sembrare il viso, un cielo pieno di stelle.
Aveva gli occhi di un verde intenso, un verde brillante, erano colorati e pieni di vita, anche da appena sveglia.
Di nuovo la voce di sua madre rimbombò: «Jennifer Callist, ti do tre minuti di tempo.»
Sua madre era sempre stata presente per lei, visto che suo padre, era morto in un incidente.
Era piccola allora, quando suo padre morì, e da quel giorno, sua madre continuava a portarla da città in città, ma adesso si erano trovati una casa in collina, in un paesino.
Dopo essersi preparata (il suo prepararsi consisteva nel pettinarsi i capelli e lavarsi il viso), Jen uscì a fatica dalla camera ancora con i pacchi del trasloco, anche se si erano trasferiti già l'estate scorsa.
Quando uscì, sua madre la portò, quasi di peso, in cucina, e la fece sedere sul tavolo, e quasi le imbocco la colazione.
«Mamma, ho 15 anni, credi ancora che abbia bisogno di essere imboccata?» Disse Jen con un tono divertito.
«Scusa... È che sono nervosa per il tuo primo giorno di scuola.» Fece la madre.
«Stai tranquilla mamma.»
Per il resto della colazione, non parlarono molto.
Anche Jen era in ansia per il suo primo giorno di scuola, anche se non lo ammetteva.
Mentre sorseggiava il suo the, a Jen venne in mente il suo sogno fatto la scorsa notte, e rabbrividì.
Prese di corsa il suo iPhone dalla tasca e scrisse un messaggio alla sua amica, ma l'ultimo accesso risaliva al giorno prima.
Jen conosceva Maia da molto tempo, ed erano molto legate.
Maia era una ragazza affascinante, con i capelli rosso fuoco e un corpo esile.
Aveva due occhi che le adornavano il viso come se fossero stati due ciondoli di gemme preziose di un blu intenso, un blu profondo.
Anche se Jen si spostava sempre, di città in città, Maia aveva sempre vissuto in quella città in collina, e trovavano sempre l'occasione di vedersi.
Per fortuna, non si erano allontanate molto nel tempo, al massimo erano distanti un paio di kilometri, ma con tutte quelle colline e strade in salita, la strada sembrava infinita...
Uno squillo interruppe i pensieri di Jen, che proveniva dal campanello della porta.
«Vado io mamma.» disse Jen senza neanche voltarsi.
Si alzò, barcollando e si diresse verso la porta.
Girò la chiave e non appena aprì la porta videlo sceriffo John, con il suo viso impassibile e stanco.
Non appena vide Jen, si compose e disse in un tono come per scusarsi:
«Buongiorno signorina, dovrei farle delle domande.»
Jen cominciò a tremare e un brivido lungo la schiena la paralizzò.
«Riguardo a cosa?» disse con la voce che le tremava.
«Riguardo alla sparizione della sua amica, Maia...»

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