Capitolo I.

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CAPITOLO 1

A salvarmi è Jennifer, che porta in tavola le cotolette e l’argomento sui miei genitori si chiude all’istante.

Vorrei davvero provare a parlargliene, ma mi sento come se mi trovassi sull’orlo di un baratro. Temo che se facessi riemergere l’argomento che tempo fa avevo sepolto, questo potrebbe spazzarmi via di nuovo, ed è l’ultima cosa che voglio.

Perché ora so di non essere solo, sono consapevole di avere una famiglia, e se affondassi di nuovo trascinerei anche loro con me.

Mangio in silenzio, mentre Jenn e Robert continuano a conversare su qualcosa che neanche ascolto, troppo impegnato con le mie paranoie.

So che è giusto che a Rob si parli dei suoi nonni, è giusto che sappia che non li ha, ma che sono sempre con lui in quella parte di cuore che non conosce, ma so di non essere pronto.

Magari sono pronto, ma ho paura fin dentro al midollo.

È quella radice di paura che non è stata mai estirpata.

Quella paura che i mostri possano tornare ad inghiottirti e farti di nuovo sprofondare in quel mare nero chiamato oblio, dove non sai quanto infondo puoi andare, né se mai riuscirai a riemergere.

«Josh?» mi chiama Jenn.

«Sì?»

«Qualcosa non va?» noto un pizzico di preoccupazione nella sua voce.

«No, no. Ero solo sovrappensiero, scusami.»

Non mi sembra di averla convita molto, ma annuisce e torna a mangiare silenziosamente la sua cotoletta.

Scompiglio i capelli scuri di Robert e mi alzo da tavola, per posare il piatto vuoto sul lavabo, tirando un sospiro mentre mi avvio per le scale.

«Vado a riposare un po’, okay?»

«Va bene.» mi dice Jenn, un po’ titubante.

Salgo le scale e mi avvio direttamente in camera, mi tolgo le scarpe e mi butto sul letto.

Non ho tempo di pensare, mi addormento all’istante, sprofondando in un sogno senza sogni.

***

Appena mi sveglio, trovo un piccolo braccino avvolgermi per il petto. Robert sta dormendo al mio fianco, con il faccino affondato nel mio braccio e i capelli castani tutti scompigliati e la bocca un po’ spalancata. Sorrido al mio piccolo e gli poggio un bacio sulla fronte, poi, cautamente, sposto il suo braccio e mi alzo per drappeggiargli sopra la coperta ai piedi del letto.

Gli poso un altro bacio sulla guancia, per poi uscire dalla stanza.

Ci sono giorni in cui mi chiedo dove sarei adesso senza di lui, senza i suoi sorrisi ogni mattina, senza i suoi dolci occhietti che mi illuminano le giornate.

Mi chiedo cosa farei se non potessi prendergli la mano mentre camminiamo per strada o se non potessi portarlo a letto la sera, quando si addormenta sul divano guardando i cartoni animati.

Lui è quella goccia d’acqua che mi ha tenuto in vita nel deserto, che ha spento il mio fuoco interiore e che mi ha permesso di andare avanti.

Perché nelle mattine buie, quando nulla mi sembrava avere più un senso, quando la pioggia batteva violenta sui vetri della nostra casa, guardavo lui, che cresceva ogni giorno di più, dimostrandomi che la vita va avanti, che nulla si può fermare, che quella giostra si può aggiustare per poi farla continuare a girare.

Indelible smiles. #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora