Tra i compiti di inglese e matematica

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L: No, Diè. Mia madre mi ha letteralmente chiuso in casa. Segregato. Finché non recupero almeno matematica non se ne parla, né di feste né di serate davanti alla play.

Mi lamentai con Diego in videochiamata. Ero nella mia camera, sdraiato sul letto con il telefono puntato verso di me nonostante io stessi guardando il soffitto, sperando che lì sopra apparisse la soluzione a tutti i miei problemi. Ma sapevo che mamma non avrebbe fatto un passo indietro. Già era un miracolo che mi avesse lasciato il telefono.

D: Magari se ci parlassi io...

Ridacchiai alla proposta del mio migliore amico.

L: Metterebbe in castigo pure te.

Lui evitò di controbattere. Consapevole del fatto che avessi ragione.

Non riuscivo neanche a darle torto ed essere arrabbiato con lei. Sapevo che le sue intenzioni erano buone e che le interessava solamente la mia felicità. Il problema stava nel fatto che non mi capisse. Secondo lei avrei dovuto studiare per realizzarmi, costruirmi un futuro. Ma a me proprio non andava.

Quella non era la mia strada, lo sentivo.

Io nella vita volevo fare musica. Non il medico o l'avvocato.

Volevo passare le giornate a mixare, giocare con i suoni e creare nuove basi per poi farle sentire ai miei amici, soprattutto a Diego e Vale, in modo che ci scrivessero sopra le parole. E perché no, volevo prendermi il tempo per frequentare qualche ragazza.

Da quel punto di vista la mia vita era innegabilmente piuttosto piatta. Non che non avessi successo, mi capitava di uscire con qualcuna di tanto in tanto, e mi accorgevo spesso di attirare l'attenzione delle mie compagne di scuola. Solo che, anche quando decidevo di uscirci, mi bastavano pochi giorni per perdere completamente interesse.

E mi dispiaceva perché, a dispetto di quello che pensavano i miei amici, io volevo davvero trovare l'amore.

Certo, se mia madre avesse continuato a tenermi chiuso in casa fino alla fine dell'anno scolastico, non l'avrei mai trovato.

Mi lamentai sbattendo la testa sul cuscino in preda alla frustrazione.

L: Devo prendere almeno sette alla prossima verifica. Sono spacciato, Diè.

D: Magari se studiassimo insieme... Posso aiutarti io...

Girai la testa verso lo schermo con un'espressione scettica in faccia.

L: Tu?

D: Eh, sì io. Perché?

L: Perché sei una pippa quanto me, Diego.

Ed era vero. Cioè, finché si parlava di italiano, storia o geografia, Diego era anche abbastanza forte. Ma sulla matematica eravamo due completi fallimenti.

D: Aspetta forse ho la soluzione!

Di nuovo lo guardai interessato, sperando che proponesse qualcosa con senso logico e non una delle sue solite idee assurde tipo "rubiamo il compito dall'armadietto della prof e facciamoci i bigliettini".

L: Dimmi tutto.

D: C'è questo mio amico, sta in 5F. Mi pare fosse forte in matematica, ha partecipato anche a una di quelle stupide gare che organizza la scuola. Magari posso chiedere a lui di aiutarti.

L: Aspetta la 5F non stava in succursale con noi, vero? Chi è?

D: Si chiama Gianmarco. Hai presente?

Ci pensai su per qualche secondo ma avevo quasi il vuoto totale. Con il fatto che avessero relegato la nostra sezione in succursale per i tre anni precedenti, non avevamo avuto modo di interagire con il resto della scuola. Ci eravamo costruiti il nostro microcosmo all'interno del quale avevamo stretto tutte le nostre amicizie, e avevamo di fatto ignorato tutti gli altri. Eravamo nella sede principale solo da pochi mesi e non avevo avuto ancora modo di imparare i nomi di tutti.

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