John Deacon incontra una ragazza scozzese

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Till there was you - The Beatles 

1 settembre 1967

Era arrivato settembre. Di nuovo. A John non dispiaceva settembre in sé, d'altronde era un ragazzo poetico e malinconico, e settembre era un mese decisamente poetico e malinconico, ma gli dava molto fastidio il fatto che a settembre ricominciasse la scuola.

Quello era il suo sesto anno di scuola secondaria, e sarebbe stato il suo sesto anno di quasi totale solitudine. Era un ragazzo timido, e a scuola non era riuscito a farsi molti amici: certo, gli capitava di scambiare qualche parola con qualcuno dei suoi compagni, ma lui cercava altro, lui voleva qualcuno che lo capisse, qualcuno con cui poteva parlare liberamente di qualsiasi cosa. Ormai si era rassegnato che non avrebbe trovato quel qualcuno a scuola, e non se ne doleva neanche troppo, ci era abituato.

Nonostante questo, però, in certi momenti la situazione lo deprimeva alquanto, ed uno di questi momenti era quando doveva lasciare le coperte calde del suo letto per uscire nelle strade fredde di Liverpool, per poi passare ore ed ore in un luogo estremamente spiacevole. E non aveva nessuno che avrebbe reso la sua permanenza a scuola un po' più sopportabile.

Si rese conto che era il momento di ricominciare il suo rituale mattutino: si sedette sul letto, sospirò rumorosamente, pianse un po' e dopo essersi vestito scese a fare colazione.

-Buongiorno tesoro, sei pronto per il primo giorno di scuola?
Gli chiese sua madre scompigliandogli i capelli.
-È da una settimana che cerco di prepararmi psicologicamente.
Suo padre sorrise: -E ci sei riuscito?
-No.
-Vedrai che andrà bene. Sei sempre sopravvissuto.
-Sì John, sei un ragazzo sveglio. Prova a parlare con qualcuno, magari conoscerai qualcuno di simpatico.
"Sono cinque anni che cerco qualcuno di simpatico, papà, e sono cinque anni che la mia ricerca fallisce miseramente." Pensò il ragazzo, limitandosi ad annuire leggermente.

Dopo essere uscito di casa e aver maledetto tutti gli dei di diversi pantheon per il vento e l'umidità di Liverpool, riuscì ad arrivare a scuola sano (almeno fisicamente) e salvo. Diede una rapida occhiata al suo orario e convenne che c'era qualcuno lassù che ce l'aveva parecchio con lui, perché alla prima ora aveva storia. I suoi compagni di corso di storia (quelli che conosceva) erano i peggiori, e il professore era una noia mortale.

Si fermò nel corridoio per qualche secondo, perché aveva bisogno di prepararsi al suo destino, e poi entrò nell'aula, sedendosi nel banco in fondo alla classe e cercando di non dare troppo nell'occhio. 
Quel giorno sembrò non funzionare.
Una ragazza con lunghi capelli castani e grandi occhi scuri si sedette nel banco accanto al suo, tirando fuori dalla borsa un quaderno con sulla copertina disegnati dei piccoli cuori in inchiostro blu un po' sbavato. John sorrise tra sé e sé: non capiva il motivo, ma quel dettaglio l'aveva reso di umore migliore.

-Ho fatto qualcosa di divertente?
John si rese conto di aver sorriso in modo un po' troppo evidente. Fu abbastanza sollevato nel constatare che nella voce della ragazza non c'era fastidio o nervosismo, solo pura curiosità.
-No, no, scusa.
-Sono i cuori, vero? Lo so, non sono brava a disegnare. È rilassante, però.
-Io li trovo carini.
Il volto della ragazza si aprì in uno dei sorrisi più luminosi che John avesse mai visto: -Davvero?
-Sì.
I due rimasero in silenzio per un po', poi la ragazza parlò di nuovo: -Mi chiamo Laura. Laura Craig.
-Io sono-
-Lo so chi sei, tu sei John Deacon.
John la guardò stupito: -Scusa se te lo chiedo, ma come fai a saperlo?
Laura rise: -Oh sì, scusa. Me l'ha detto quel tale Robert Campbell. 
John sapeva chi era Robert Campbell: una specie di bulletto delle scuole elementari con troppi muscoli e fin troppe manie di protagonismo.
-Mi ha detto "se non vuoi che tutti pensino a te come la stramba della scuola ti conviene stare lontana da John Deacon. Lo riconoscerai subito, non sorride mai e sta sempre da solo".
-Oh.
-E quindi ti ho veramente riconosciuto subito. Ed è per questo che adesso sono qui.
-Perché Campbell ti ha detto di starmi lontana?
-Precisamente. Guarda, sono in questa scuola da neanche un'ora e ho subito capito che quel tizio è un rifiuto della società. Quindi ho pensato che se ti disprezza così tanto probabilmente è perché sei uno tosto.

John sorrise di nuovo: quella ragazza era strana, ma era veramente simpatica e la sua imitazione di Robert Campbell di poco prima era stata azzeccatissima. La osservò attentamente: era veramente carina, non dubitava che avesse attirato facilmente le attenzioni di Robert. Eppure lei aveva scelto di sedersi accanto a lui, lui che tutti ignoravano.

John decise che si sarebbe impegnato per continuare la conversazione: era la prima volta che si sentiva così a suo agio con una persona.
-Ehm, tu non sei di qui, vero? Non mi… non mi sembra di averti mai vista. 
-No, sono nuova, mi sono trasferita qui dalla Scozia, da Aberdeen. 
-Ah sì. Ho riconosciuto l'accento, infatti.
Lei rise: -Sì, sono una fiera scozzese, ci tengo al mio accento. Senti, piuttosto,- e tornò seria, -come mai sei sempre da solo? Sei simpatico.
"Ci conosciamo da dieci minuti e già passiamo a queste domande?" Pensò il ragazzo, un po' spiazzato. Si rese conto, però, che parlare con quella ragazza sembrava fargli bene. Si fidava di lei, nonostante la conoscesse da così poco.

-Non lo so bene neanche io. Credo che in realtà sia perché non ho trovato nessuno con cui sto bene.
-Uhm, capisco. È una brutta situazione.
-Già.
-Beh, adesso non sei più solo però.
Laura sorrise e aprì il quaderno con i cuori, giusto in tempo per l'arrivo dell'insegnante.
-Adesso hai me.

-spazio autrice-
questo capitolo è più corto del solito ma è molto wholesome quindi apprezzatelo.
Non ho molto altro da dire se non che siete tuttə molto simpatic(h)ə e che se volete potete darmi un feedback o comunque boh regalarmi un coniglietto o cose così.
Ciao people vi voglio bene, ci vediamo nel prossimo capitolo ;)
-Lucini:)

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