𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 1 -𝓝𝓸𝓿𝓮𝓶𝓫𝓻𝓮- Quel mese cambiò tutto.

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James è un ragazzo al quarto anno di superiori, capelli castani, occhi scuri quasi neri;
il suo carattere non era dei migliori, ma quale lo è?
Era timido, introverso, schivo, diffidente, non amava socializzare con le persone ed aveva paura di fidarsi di esse, non lo faceva neanche con se stesso; per questo stava sempre da solo. Tutte le ragazze della scuola avevano una cotta per lui ma James, verso di loro, non provava nessun interesse.
Il 14 novembre, durante la lezione di italiano, vide arrivare la preside della scuola; era una bellissima e bravissima donna, si chiamava Francesca Ricci ma per gli studenti era la Preside Ricci.
Entrò nella classe con una ragazza.
<<Lei è Emma, è la vostra nuova compagna di classe; proviene da un'altra scuola, fate in modo che riesca a trovarsi a suo agio!>>disse la Preside.
Emma era strana quanto bella; aveva dei capelli lunghi, mossi e rossi, gli occhi color nocciola con qualche accenno di grigio e verde, aveva le lentiggini e vestiva in
modo strano, diverso dal solito, diverso dalle altre ragazze.
La professoressa di italiano, Luana Mancini, fece sedere Emma nell'unico banco vuoto, quello affianco a James.
Finì la lezione di italiano e suonò la campanella che ne dava la conferma.
Gli studenti, ad uno a uno, uscirono dalla classe per dirigersi verso l'uscita.
James non amava la folla, per questo motivo, non prendeva mai il pullman e tornava a casa, da solo, a piedi; quel giorno, però, cambiò qualcosa.
Il ragazzo incominciò a camminare verso casa, che si trovava a quasi un'ora dalla scuola. A metà percorso, si voltò all'indietro e fu sorpreso dal vedere Emma, la nuova arrivata, camminare nella sua stessa direzione.
James, a quel punto, iniziò a farsi tantissime domande, si chiese dove la ragazza stesse andando, il perché avesse cambiato scuola, dove abitasse e, per un attimo, pensò che Emma lo stesse seguendo.
Non aveva neanche finito di pensare, che, quando si rivoltò lei non c'era più.
James arrivò a casa, posò lo zaino in camera sua e scese per pranzare.
La famiglia del ragazzo era composta da sua madre, suo padre e dal suo amato amico a quattro zampe, Rocky.
James non aveva un buon rapporto con i suoi genitori, si sentiva spesso fuori luogo e non accattato da essi.
Sua madre, Roberta, lavorava quasi tutto il giorno e, spesso, stava fuori città per vari mesi; James non aveva mai capito di cosa si occupasse realmente.
Suo padre, Giulio, aveva una sua azienda e si occupava di marketing e, al contrario di Roberta, spesso lavorava da casa.
<<James, com'è andata a scuola?>> chiese Giulio.
James era felice che, almeno per una volta, il padre si era interessato a ciò che gli era accaduto durante la giornata.
<<Molto bene papà, è arrivata una nuova compagna, si chiama Emma ed è molto carina!>>rispose il ragazzo.
Il padre sorrise. Finito il pranzo, James andò in camera sua per fare i compiti, non amava studiare, come la maggior parte dei ragazzi, ma pensava che l'istruzione fosse importante per se stesso ed il suo futuro.
Dopo due ore, finalmente, finì i propri compiti ed insieme a Rocky, andò a fare una passeggiata. James adorava camminare, soprattutto se in compagnia del suo cane.
Non passeggiavano mai sulla strada, anzi, a loro piaceva andare in un bosco dietro casa, dove c'era anche un piccolo fiume.
Per il ragazzo, quel posto, era un luogo di pace dove poteva sentirsi libero.
Tutti i giorni, dopo scuola, ci andava e rimaneva lì per ore; con se si portava sempre un quaderno, dove scriveva, con una matita, i propri pensieri, idee e riflessioni.
Amava sentire il rumore dell'acqua di quel fiume, era una cosa che lo tranquillizzava e, per alcuni istanti, pensava di essere in un altro posto, in un altro pianeta.
La sera, James aspettava sua madre sul divano ma spesso si addormentava prima del suo ritorno.
Quella sera, stranamente tornò presto.
<<James, ti ho detto mille volte di non aspettarmi sveglio, domani hai scuola. Buonanotte.>> Roberta gli diede un bacio e se ne andò a letto.
Il ragazzo non capiva il comportamento della madre, la sentiva fredda e distante e quelle sensazioni lo faceva stare male infatti, quella notte, fece fatica a dormire.
Il giorno dopo, durante l'intervallo, James provò a parlare con Emma, anche se era molto timido la curiosità prevalse, infatti, era molto curioso e reputava la ragazza una persona interessante.
<<Ciao, piacere James, sono il tuo compagno di banco se non lo avessi notato.>> rise sporgendole la mano.
<<Piacere mio, Emma, si l'ho notato e devo dire che sei molto simpatico!>> si mise a ridere. James notò la sua risata e la considerò bellissima.
<<Scusa se te lo chiedo, ma ieri ho notato che non hai preso il pullman e che, per un tratto di strada, eri dietro di me, in sintesi volevo chiederti se ti facesse piacere camminare con me.>>il ragazzo diventò rosso dall'imbarazzo ma aveva piacere di porgere quella domanda.
<<Sì, abito in via Roma, non amo i pullman e soprattutto la gente che ci sta al loro interno, quindi preferisco andare a piedi, comunque, volentieri.>> rispose Emma.
Il ragazzo era molto felice perché, anche lui, la pensava allo stesso modo.
Finita la scuola, James ed Emma si incamminarono verso casa.
James non sapeva come approcciarsi con la ragazza ed allora iniziò facendole un complimento.
<<E' davvero molto bella la tua felpa!>> disse James, la ragazza lo guardò e, in modo automatico e naturale, tirò i polsini della felpa fino a coprirsi le mani.
Il ragazzo la scrutò per un attimo, non capendo il perché lo avesse fatto.
James ed Emma parlarono poco, la ragazza non era di molte parole, infatti lui pensò che fosse timida e riservata.
<<Da qui dobbiamo prendere direzioni diverse, grazie per la compagnia>> Emma proseguì sulla via alla loro destra mentre James continuò dritto.
Arrivato a casa, ripensò a quella camminata e soprattutto alla ragazza di cui, inconsapevolmente, si stava innamorando.
Quel pomeriggio, insieme a Rocky, andò nel suo posto segreto e, sul suo quaderno, per la prima volta, scrisse di una persona, di Emma.
La mattina seguente, venerdì, James arrivò in anticipo a scuola ma alle otto, suonata la campanella, non vide arrivare la sua compagna di banco ed allora si preoccupò.
Concluse le lezioni, il ragazzo tornò a casa. Il pomeriggio, insieme al suo cane, al posto di andare nel suo solito luogo, andò verso casa di Emma.
Arrivato in via Roma, non sapendo quale fosse la casa della ragazza, fece avanti e indietro per tutta la via, sperando di incontrarla.
La giornata stava, ormai, giungendo al termine allora James ritornò a casa.
Prima di entrare, dal cortile della sua abitazione, udì le voci dei suoi genitori che stavano discutendo. Non era una cosa nuova, Roberta e Giulio litigavano spesso, soprattutto per il lavoro. Quella sera, però, fu diverso. James aspettò prima di entrare perché sapeva che, se fosse entrato, i genitori avrebbero fatto finta di niente e avrebbero smesso di litigare, non che non volesse che la smettessero ma voleva capire il perché avevano, ogni volta, discussioni.
<<Voglio il divorzio, non possiamo più fingere che vada tutto bene, James deve sapere la verità, deve sapere che non sto via per lavoro, è ingiusto mentire a nostro figlio e se non glielo diciamo insieme, lo farò da sola!>> Alle parole della madre, James entrò in casa, sbatté la porta e corse nella sua stanza, che chiuse a chiave, insieme a Rocky.
Il ragazzo era sconvolto, continuava a pensare a quelle parole, a quelle bugie, se prima si sentiva fuori luogo, ora, si sentiva preso in giro, non capiva più quali fossero le verità e se, effettivamente, ce ne fossero.
James, senza riflettere, prese lo zaino, una torcia ed uscì dalla finestra; gli dispiaceva lasciare Rocky da solo, per questo, lo portò con se.
Prese il sentiero dietro casa, quello che lo avrebbe condotto nel suo luogo segreto, per quanto fosse buio, James sapeva quella strada a memoria, ogni buca nel terreno, ogni albero presente.
Arrivato a destinazione, il ragazzo stese una coperta ed un cuscino per terra dove si mise anche il suo cane. James era stravolto e nella sua testa le parole della madre rimbombavano come se le stesse dicendo davanti a lui ed in continuazione.

James, tra le lacrime, si addormentò. I suoi genitori, provarono a bussare alla sua porta ma invano, pensarono che stesse dormendo e quindi non insistettero. James si svegliò all'alba con gli occhi gonfi e rossi dal pianto. Tornò a casa, dopo essersi preparato un discorso che aveva annotato sul suo quaderno. Entrò dalla porta principale pensando di trovare i genitori a casa, ma non fu così. Vide una busta sul tavolo e si precipitò verso di essa. Sul retro c'era scritto "Per James, da mamma". James iniziò a leggerla ad alta voce. <<James, so che ora sarai confuso, so che hai sentito la discussione tra me e papà ,avrei voluto parlartene prima, parlartene a voce e non scrivere su questo foglio. Ormai sei grande e presumo che capirai, ma se così non fosse, io ci sarò sempre e risponderò a tutte le domande che vorrai farmi. So che sarà dura, lo è anche per me, ma non posso più mentire a me stessa e soprattutto a te. Io e tuo padre non andiamo più d'accordo, ma penso che questo tu già lo sappia. Tra una settimana tornerò dal lavoro e potremo parlarne meglio, la mamma ti vuole tanto bene, non dimenticarlo mai>>. James scoppiò a piangere, un pianto di tristezza e rabbia. In quel momento avrebbe voluto sparire, si sentiva pugnalato alle spalle, si sentiva solo, anche se non era una novità, lo faceva stare male. Andò nella sua stanza con Rocky, spense la luce, si sdraiò nel letto e fece viaggiare la sua mente.
Cercava di capire, sapeva che i suoi genitori non andavano del tutto d'accordo ma arrivare al divorzio così dal nulla, non capiva e si faceva mille domande ma senza trovarne le risposte. Passò tutto il giorno in camera ascoltando la musica, in essa ci trovò un conforto, un rifugio. Arrivò a casa sua padre, ma il ragazzo fece finta di nulla. Passarono due giorni, nella casa di James sembrava ci fossero due sconosciuti, il ragazzo non parlava più con il padre. Lunedì mattina James aveva la verifica di italiano, ma non aveva studiato, era stato sommerso dai pensieri e si era dimenticato della verifica. La professoressa Mancini vide che qualcosa nel ragazzo non andava, era triste, era in classe fisicamente ma mentalmente era altrove. La verifica fu rinviata perché, al suono della campanella delle otto, era presente la metà della classe. Emma era ritornata a scuola ma non aveva parlato al ragazzo, anzi, lo aveva ignorato fino al primo intervallo. Alla terza ora, iniziò a conversare con James, lui le chiese il perché il venerdì prima non fosse andata a scuola, ma lei non volle rispondere.

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