Il mio diavolo

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<⚠️ attenzione⚠️: questo capitolo contiene scene crude, disturbanti e violenza psicologia. Leggete solo se siete nelle giuste condizioni. >
Buona lettura 🥀

La giornata era passata velocemente, è nella mia testa continuavano a ronzare le immagini di quel sogno o meglio di quel ricordo. Credevo che la mia mente avesse rimosso tutti quei particolari. Quegli occhi mi mancavano da impazzire. Due piccoli bambini che vivono più di speranze che di cibo. Eravamo così noi due. Alla ricerca di qualcosa che nessuno riusciva a darci.
Quelle iridi di ghiaccio, erano il mare in cui mi perdevo da piccola, il mio piccolo sogno. Quelle braccia magre e calde la mia piccola casa, il mio porto sicuro. Tutto ciò che volevo adesso.
Alzai la testa poggiandola nelle bianche pareti di quella stanza che odiavo già da troppo tempo. La sala d'aspetto del mio psicologo, Armin Arlert.
La sedia su cui ero seduta si faceva sempre più scomoda mentre aspettavo la mia seduta da cui sapevo sarei uscita distrutta come tutte le altre volte.
Continuavo a rimuginare su quel sogno, pensando a tutto quello che in quel momento non sapevamo stesse per accadere. Il nostro ultimo ricordo felice. Quello era stato il nostro ultimo abbraccio.

~~flashback~~
Avevo appena compiuto sette anni, Levi ne aveva solo 11. Eravamo troppo piccoli per perdere l'unico appiglio nella nostra vita, le nostre madri. Forse il mondo aveva già qualcosa contro di me allora. Quel giorno trovai mia madre sul suo letto con un laccio al collo, immobile, fredda. Se non fossi mancata quella notte forse sarebbe potuta sopravvivere. Se avessi potuto sentirla. Se fossi restata lì con lei forse sarebbe viva adesso.
Levi era lì con me quando la trovai in quello stato. Mi portò via.
Tornammo solo in tarda serata, quando lui fu sicuro avessero tolto il suo corpo .
Ci dirigemmo velocemente da kuchel e lì, nella solitudine di quella stanza buia e maleodorante, il destino aveva deciso di portare via anche lei.
Non sapevo perché, forse ero maledetta, forse eravamo maledetti. La vita si prendeva gioco di noi, di due bambini che avevano perso tutto.
Passarono giorni, nessuno spostava il suo corpo, Levi non si muoveva. Di lui era rimasto solo un involucro vuoto. Era morto ma era vivo e io con lui.
Non sentivamo neanche più l'odore di quel povero corpo che marciva in silenzio. Non sentivamo più niente.
La porta si aprì velocemente, lasciando entrare una luce abbagliante che ci fece trasalire, accecando i nostri piccoli occhi fragili.
Apparve lui. L'uomo che ci divise. Kenny.
Ci portò via lasciandomi in un orfanotrofio, Levi rimase con lui. Senza dire una parola mi aveva abbandonata, mi guardava con i suoi occhi vuoti, ma non era più lì.
~~ fine flashback ~~

La porta si aprì di colpo facendomi saltare in aria.
-Armin: "scusami reira, ho avuto dei piccoli contrattempi" mi disse con il suo bel sorriso "entra pure". Lo guardai innervosita e mi alzai entrando dentro il suo studio caldo e accogliente. Ormai si era abituato al mio caratterino asociale, sapeva che in realtà gli volevo bene e che senza la sua presenza non sarei mai stata capace di farcela, lui che mi rispondeva alle chiamate anche alle tre di notte quando stavo per cedere al mio bisogno distruttivo. Gli ero grata per tutto quello che stava facendo per me.

La seduta terminò dopo parecchio tempo, stavo già peggio, ma era normale, dopo tutto affrontare i propri problemi non era mai facile. Presi il telefono accendendolo, pronta a chiamare Hanji per informarla che sarei presto tornata a casa. Lei era la mia migliore amica, il mio medico e la mia coinquilina. Si, era praticamente la mia roccia. Conosciuta in un centro di ricovero, nel mio periodo peggiore, lei era stata la mia salvezza. Con la sua allegria e la sua testardaggine mi aveva tirato fuori da quell'inferno. Sempre attenta, presente, mi dava la forza che non avevo mai avuto, ma a volte era decisamente insopportabile, mi seguiva anche in bagno per essere sicura andasse tutto bene, controllava tutto alla perfezione come una maniaca compulsiva, analizzando molte volte anche le superfici dove secondo la sua testa potevo aver lasciato qualche traccia e tante, troppe volte mi pedinava di nascosto.
Il telefono si accese, lasciandomi sorpresa dalle numerose chiamate che stranamente avevo ricevuto. Cinque di Hanji e dieci di Mikasa. Quando mi chiamava quest'ultima voleva dire solo una cosa, guai. Cosa aveva combinato questa volta Eren.
Chiamai immediatamente mikasa in preda al panico. Pronta a sentire la sua voce arrabbiata, stonarmi i timpani e aggredirmi come mai nessuno aveva fatto. Purtroppo lei era così, quando si trattava di Eren perdeva la testa. Erano cresciuti entrambi come fratello e sorella ma lo sapevamo tutti che tra loro c'era più di un amore fraterno.
Andava bene così, mi sarei meritata anche questo odio. Dopo tutto era solo colpa mia se Eren era diventato come me. Un tossico.
Avrei voluto cancellare e riavvolgere il nastro. Tornare indietro nel tempo e salvarlo da me, ma ormai era troppo tardi.
La mia maledizione colpiva sempre chi volevo più bene, per questo motivo cercavo di essere più distaccata possibile con tutti.
Tutto ciò che toccavo alla fine andava in pezzi.
Eren, tra di noi c'era stato di più, c'era stato troppo e avevo pagato il mio prezzo per aver amato qualcun'altro. Avevo maledetto anche lui.
Mikasa mi odiava con tutta se stessa.

-Reira "pronto?" Dissi sentendo dei respiri spezzati da un pianto "Mikasa mi senti?!" Alzai la voce preoccupata. Mi diressi velocemente alla macchina afferrando la chiave.
-Mikasa: "è colpa tua" mi disse con la voce tremante mentre continuava a piangere
-Reira: "Mikasa cos'è successo?!?" La mia voce cominciò a vacillare, ero terrorizzata, sentivo già la terra tremare sotto i miei piedi. "Dimmi che sta bene. DIMMELOO!!" Gli urlai in preda al panico. La sentii piangere disperata, urlare. Il mondo mi stava crollando addosso di nuovo.
-Mikasa: "È TUTTA COLPA TUA!!" Mi urlò con tutto l'odio che aveva in corpo. "Lui.. lui è... m- morto " sussurrò l'ultima parola con la poca voce rimasta tra i suoi singhiozzi,"dovevi essere tu" continuò "DOVEVI MORIRE TU!!" Urlò ancora "TU MALEDETTA, TU LO HAI UCCISO!!" Riprese a piangere disperatamente.
Il telefono mi scivolò dalle mani cadendo a terra. Non poteva essere vero.
No, non è vero. Non è vero. Misi le mani sulla mia testa affondando le dita tra i capelli, disperata.
Mi sentivo morire dentro, annientata dalle mie colpe. Era colpa mia. Era solo colpa mia.
Mikasa aveva ragione, dovevo morire io, non lui. Lo avevo portato nella mia traiettoria autodistruttiva senza volerlo, lo avevo portato alla morte senza saperlo.
Perché tutto andava in pezzi?
Io morivo dentro mentre il mondo continuava a girare indifferente, proprio come quel giorno.

Non capivo più, la mia mente era assuefatta dal dolore. Stavo guidando senza sapere la meta o almeno così pensavo.
Parcheggiai in un vicolo della città, quel vicolo che avevo sognato per così tanto tempo.
Scesi dalla macchina in fretta, correndo. Il cuore batteva all'impazzata, le gambe tremavano. Sarebbe stata l'ultima volta, sarebbe stato l'ultimo giorno della mia vita. Avrei pagato il mio debito. Avrei fermato la mia maledizione.

Davanti a me si pararono diversi drogati. Alcuni camminavano barcollando guardando il cielo, gli occhi dispersi e annientati, altri erano stesi a terra, con la bocca spalancata e lo sguardo fisso nel vuoto. Immobili. Tra la vita è la morte. Il gioco che ci piaceva tanto. Il momento che tutti noi amavamo.
Mi avvicinai alla porta di legno, sentendo già la voce roca e profonda che mi aveva perseguitata per così tanto tempo.
-X: "rifiuto umano, quanta?" Disse senza neanche lasciarmi il tempo di dire una parola
-Reira: "ne voglio tre" risposi a bassa voce "insieme"
-x: "di nuovo qui? È da tanto che non sento la tua voce" mi disse quasi deluso "la dose è solo per te?"
-Reira : "si" la mia voce era spezzata "solo per me" ripetei
-X: "è troppo alta"
-Reira: "cosa ti importa" alzai la voce "ti pagherò di più, dovresti ringraziarmi"
-X: "tch, fai come vuoi. Butta la tua vita se è questa la tua scelta" mi allungò la dose dalla piccola apertura. Era già inserita in una siringa. Le mie mani tramarono mentre entravano in contatto con l'oggetto sfiorando le dita di quell'uomo. Il contatto con la sua pelle calda mi fece trasalire e senza un'apparente ragione pensai a quelle di Levi. Mi spostai da quel contatto all'improvviso come se avessi preso la scossa, trovando tra le mani quello che più bramavo.
Presi i soldi velocemente dalla mia borsa allungandoli verso di lui, sentendo ancora quel contatto, sta volta fu lui a ritrarsi all'improvviso.
-X: "vai via, non voglio spostare il tuo lurido corpo come dovrò fare con gli altri."
-Reira: "mi dispiace, dovrai spostare questa merda da qui" gli dissi riferendomi a me. Mi tirai su la manica, pronta a inserire l'ago nella vena sporgente dal mio polso, spostandomi nell'angolo della porta adagiando la mia schiena su di essa e scivolando fino al pavimento, con il sedere sull'asfalto freddo.
-X: "disgustoso"
-Reira: "disgustosamente, lurido e indegno" imitai le poche parole che ricordavo Levi ripetesse spesso.
-X: "perché lo fai?"
-Reira: "lo hai chiesto anche agli ultimi cinque stesi qui vicino?" Gli chiesi ironicamente. Cercai in tutti i modi di fermare il tremore della mia mano per inserire l'ago.
-X: "solo a te"
-Reira: "tu perché lo fai?" Presi dei respiri profondi, convincendomi che tra poco tutto sarebbe finito.
-X: "ognuno fa le sue scelte" risposte secco
-Reira: "ed è la scelta giusta?" Inserii l'ago silenziosamente
-X: "non esistono scelte giuste" sussurò
-Reira: "esistono solo scelte di cui ci pentiremo di meno" risposi iniziando a iniettare la sostanza in me.
-X: "chi ti ha detto questa frase?" Era sorpreso.
Il mio corpo cominciava ad essere pervaso da una forte adrenalina, mentre la mia testa si svuotava.
-Reira: "una persona, che mi mancherà per sempre." Cominciavo a non capire più, tutto si faceva sempre più lontano. "Ti prego, digli che mi dispiace. Digli che resterò sempre con lui." Continuavo a premere nella siringa, assalita da quella sensazione che tanto bramavo "digli che lo amo ancora". Mi mancava il fiato, le lacrime scendevano sole, la voce tremava. Mi sentivo morire "Levi, resta con me" dissi ad alta voce lasciando cadere la testa all'indietro, incapace di sentire, di vedere. Il buio mi abbracciava. Il mondo si perdeva, mentre mi annientavo

My obsession (Levixoc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora