Solitudine

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Dicono sempre che parlare fa bene, dicono sempre così quando sono con loro. Dicono tutti così ma non posso parlare con loro dei miei problemi. Non capirebbero. Nessuno capirebbe, l'unica in grado di farlo, era scomparsa lasciandomi solo ad affrontare tutti i problemi di questa vita. E sono arrivato alla conclusione che se nemmeno mia madre, la persona che mi ha messo al mondo, non aveva avuto nemmeno un po' di tempo da passare con il figlio non l'avrebbe mai fatto nessuno. Quand'ero ancora piccolo mia madre era gentile e affettuosa ma, con il passare degli anni si allontanava sempre di più finché un giorno non spari del tutto. Così all'età di soli 8 anni mi ritrovai a cambiare ogni mese casa, paese e anche stato.
Da bellissimo bambino americano, diventai italiano, russo, marocchino e infine giapponese. Non avevo più notizie di mia madre, nessun racconto felice della mia infanzia, non ero più nessuno ormai ma dopo un po' ci feci l'abitudine. Non mi pesava più.
Avevo trovato un nuovo passatempo, la scrittura. Io svuotavo la mente e lei iniziava a prendere vita, il mio tutore un giorno trovò il mio diario e di nascosto lo pubblicò. Prendendo tutti i meriti, era diventato famoso e soprattutto ricco questo gli importava.
Aveva rubato il mio sfogo personale, non aveva mai provato quelle sensazioni, non le avrebbe mai provate. Leggevo lettere di ragazze che si dispiacevano per la mia storia e in quei momenti non ci vedevo più dalla rabbia, avrei voluto spaccare tutto, rimane solo.
Pensavo che stare in compagnia facesse bene ma cambiai idea all'età di 5 anni

Però un piccolo problema entrò nella mia vita nel periodo delle superiori, ormai ero diventato il ragazzo che non aveva nessun traguardo da raggiungere nella vita. Solamente per il mio atteggiamento. Ma nessuno capiva. Ridevo, scherzavo e ci provavo con ragazze da cui venivo scaricato con uno schiaffo, ma non importava. Avevo creato un carattere opposto a come mi sentivo realmente ed era quello che avevo sempre desiderato, io ero l'unico a conoscere veramente me stesso. L'unico che sapeva dei miei sogni, le mie ambizioni e l'unico che sapeva quanto valessi realmente.
Ma un giorno cambiò tutto. Ero in uno dei miei posti segreti, nessuno passava di li e io ogni tanto scappavo di casa per andare in quei posti a piangere. Senza essere scoperto da nessuno e soprattutto sentiti da nessuno.
Quel giorno, un ragazzo della mia scuola mi riconobbe e venne li per parlarmi. Era bellissimo, pelle chiara, occhi e capelli scuri e con uno stile bellissimo.
Aveva una voce profonda e molto rilassante, per sbaglio lo guardai meglio occhi e ci rimasi rapito.
Caddi in quella pozza nera. E dopo pochissimo mi fece abbattere le barriere che avevo alzato negli anni passati.

Cercavo in qualunque modo per allontanarlo, ma lui faceva l'esatto opposto e io stavo male perché mi stavo affezionando a quelle attenzioni che non provavo da molto, ma avevo paura che lui avrebbe fatto la stessa cosa di lei. E un giorno quando tornai a casa trovai un diario tutto nero con una lettera sopra. Era da parte del mio tutore. Accecato dalla rabbia lo strappai, anche se avevo bisogno di uno sfogo, avevo litigato con lui e ogni giorno che passava si allontanava sempre di più e io iniziavo a sentirne la mancanza delle sue solite domande e attenzioni. Ma ero abituato. Non mi sorprendeva più vedere gente con lo scopo di giocare con i miei sentimenti. Ma stavo comunque male, non ero fatto di pietra e comunque anche la pietra ha le sue debolezze. Basta una sola crepa per falla crollare in mille pezzi. Quello stesso giorno andai dove tutto era iniziato. Piangevo, ero stanco di tutto quello e avrei voluto farla finita, ma qualcosa me lo impediva ma non sapevo cosa. Lui si avvicinò, mi guardo negli occhi e mi disse di non preoccuparmi perché adesso c'era lui, non ero più solo. Ma io non lo credevo. Iniziai ad urlargli contro tutto quello che avevo trattenuto dentro per anni. Ero certo che anche lui se ne sarebbe andato sparendo nel nulla e io non volevo. Lui però mi prese con le sue enormi mani il viso e mi baciò, dicendomi che non se ne sarebbe mai andato.

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