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Ed eccomi qui, di nuovo davanti alla porta dell’ospedale a prender coraggio per fare il passo che mi avrebbe portato all’entrata di quello che per me era l’inferno da ormai 3 mesi. Mia mamma era ricoverata per una malattia terminale, purtroppo le rimaneva poco tempo, e quella sensazione di vuoto mi perseguitata da mesi ormai. Andai davanti alla sua stanza, mi fermai a guardare la porta verde acqua e dopo poco entrai, ma c’era qualcosa di strano...qualcosa non andava: la macchina che descriveva i suoi battiti cardiaci li indicava fermi in una linea retta. Di scatto mi girai verso mia madre e la vidi pallida, fin troppo, presa dallo sconforto urlai tenendo stretta la mano ormai pallida e senza vita del cadavere ma ormai era inutile, non mi sentiva più. Dei medici arrivarono di corsa spaventati dal mio urlo e appena videro mia madre la portarono via, lontana da me.

C’est la vie, dicevano.

Eppure mi sento così strana, così pesante, così…

Ormai convinta che stessi per cadere a terra chiusi gli occhi ma due braccia possenti mi presero appena in tempo con una presa dolce e delicata. Non riuscì a vedere il volto inizialmente, ma vidi dei capelli grigi davanti la mia faccia, poi buio, solo ed esclusivamente buio.

Mi svegliai ed ero ancora in ospedale, ma sta volta come paziente, almeno credo. Vicino a me c’era un ragazzo con delle braccia muscolose, busto grosso e una faccia così...così..ah, ora lo riconosco: guardai in alto e vidi gli stessi capelli grigi e capì che era lui il ragazzo che mi aveva presa. Il ragazzo mi guardava sorridente, ha un sorriso magnifico, così lucente...ma c’era qualcosa di falso in lui, non so se mi spiego, ma il mio istinto mi diceva che lui non stava realmente bene come volesse dimostrare. Senza aspettare altri minuti mi alzai dal letto e cercai di parlare al ragazzo, ma quest’ultimo mi fermò facendomi sedere

-Hey, hey, dove vai? Se vai così di fretta ti verrà un altro calo di zuccheri...ma approposito, stai mangiando? Sai, ti vedo qui da ormai qualche mese e ogni giorno sembri più magra-

Un calo di zuccheri? Ecco cos’è successo...beh si, effettivamente non mangio molto da quando mia madre era stata ricoverata, credo che stavo soffrendo di disturbi alimentari

-Beh si, effettivamente non mangio molto da quando mia madre..- feci una pausa di qualche secondo

-Da quando mia madre fu ricoverata qui, sono ormai tre mesi- sorrisi al ragazzi, il quale mi guardò preoccupato

-Ora come sta tua madre?- a quelle parole mi bloccai, era come se fossi paralizzata, non riuscivo a muovere un muscolo

-Non devi parlarne per forza se non vu-lo fermai ed iniziai a parlare

-Mia madre oggi mi ha lasciata per una malattia terminale, odio gli ospedali ma sono venuta tutti questi mesi solo per lei, e ti ringrazio per avermi salvata dalla caduta- dissi tutto d’un fiato, alzandomi dal lettino. Il silenzio calò, ma a romperlo fu il ragazzo a me ancora sconosciuto

-Condoglianze.-ringraziai e feci per andarmene ma un sussurro attirò la mia attenzione facendomi girare, prima verso il lettino, dove notai un cartellino con scritto “kotaro”, poi verso il ragazzo

-Bokuto-feci una faccia stranita e lui continuò

-E’ il mio cognome...Bokuto-a quelle parole me ne andai dalla stanza facendo finta di nulla, percorsi lo stesso corridoio di poche ore prima e proprio quando mi mancava un ultimo passo per uscire da quell'inferno qualcuno mi prese il polso

-Il tuo nome?-staccai di forza la presa e finalmente me ne andai.

Mi dispiace essermi comportata male con lui, dopotutto mi ha praticamente salvata, ma per ora non voglio farmi nuovi amici. Arrivai a casa e, presa dalla curiosità, andai su instagram e digitai il nome del ragazzo “bokuto…” e il nome? Già, non lo sapevo proprio come lui non sapeva il mio. Sconfortata spensi il telefono ed iniziai a leggere. Incredibile come dei semplici manga riescano a farmi dimenticare la realtà. Piano pianto sentii gli occhi pesanti e mi abbandonai al sonno che stava cercando di trasportarmi con se da un po’.

Mi svegliai e, inizialmente non ricordandomi della morte di mia madre, andai all’ospedale come da routine, entrai nella sua stanza ma trovai il lettino vuoto, non c’era più il suo cartellino e finalmente ricordai tutto: la sua morte, il calo di zuccheri, lo sconforto, bokuto..aspetta cosa? Bokuto? Dov’è ora? Devo scusarmi per ieri. Corsi fino ad arrivare davanti alla stanza che mi aveva ospitata ieri e ci ritrovai il ragazzo sdraiato con in mano il telefono, lui subito si girò e appena mi vide si alzò di scatto dal letto e mi salutò

-Hey..ragazza di cui non so il nome, come mai qui?- rispose subito

-Come mai nel lettino? Sei malato? Comunque sono qui per chiederti scusa, non avrei dovuto comportarmi così ieri, mi dispiace-Il ragazzo non rispose, l’unica cosa che fece fu prendermi una mano e tirarla a se, mi ritrovai di nuovo fra quelle possenti braccia

-Ora devi dirmi il tuo nome però-sussurrò il ragazzo al mio orecchio soffiando leggermente, d’impulso diventai rossa e per non farmi vedere affondai la mia testa nel suo petto, tirai fuori una risatina di disagio e dissi

-Asia, contento ora?-

-Troppo-disse sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi

-Hai instagram? Sai ier-mi bloccai e risi insieme a lui

-No, ma se vuoi ti do il numero-disse cacciando fuori dalla tasca il telefono

-Va bene-ci scambiammo i numeri e riprovai-Sei malato?-il ragazzo si bloccò, poi mi guardò e cercò di nascondere la sua tristezza con una domanda

-Ti va di uscire? Ora.-feci si con la testa e uscimmo fuori da quella stanza, attraversammo il solito corridoio e uscimmo dall’inferno. Bokuto mi prese la mano e iniziò a correre verso un parchetto che stava lì vicino

-Bokuto che vuoi fare?-lo guardai sorridente

-Niente di che, camminiamo?-mi indicò una stradina in mezzo a tutto quel verde che ci circondava, non sembrava vero

-Ovvio-risposi, e corsi verso la stradina trascinando Bokuto per la manica della maglia.

Dopo due orette circa passate a parlare e scherzare riprovai di nuovo

-Capisco che sono cose private e che tu non voglia dirle al primo che passa, ma ormai sai di mia madre, e se proprio vuoi saperlo è morta di FFI, quindi rispondimi: Sei malato?-senti la sua presa alla mano stringere per poi farsi assente, mi guardò

-FFI?-che volesse sapere cosa fosse questa malattia?


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