Capitolo terzo.

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Coraline's pov.

Rimango di stucco quando Alex mi lascia le mani velocemente e s'incammina verso l'entrata della scuola, e ci rimango ancora più pensando che se non fosse stato per lui mio padre in questo momento starebbe scegliendo con quali fiori adornare la chiesa il giorno del mio funerale.

Mi asciugo le lacrime velocemente e incomincio anch'io ad avvicinarmi al cancello dell'istituto.

Due dita sotto il mento e due occhi color nocciola che mi fissano mi appaiono alla velocità della luce, ma io cerco di scacciarli. Per fortuna ci riesco.

Sophia ed Elena mi salutano, ed insieme ci incamminiamo verso le scale per salire al piano di sopra, fare sosta alle macchinette ed infine andare in classe.

La prima ora passa abbastanza velocemente, forse perchè ho dormito tutto il tempo.                      La seconda lezione è quella di matematica, che io ovviamente odio con tutte le mie duecentosei ossa. Ci consegna le verifiche, e rimango sorpresa quando scopro che il voto non è il solito tre ma un bell'otto. Faccio l'occhiolino ad Elena che come risposta si mette a ridere, ricambiandomi l'espressione di complicità e sventolando la sua verifica su cui appare un sette e mezzo segnato in rosso.                                                                                                                                                     Le altre due ore scorrono senza intoppi, fino all'ultima, alla quale ho francese. Al solo pensiero mi viene un infarto, perchè mi rendo conto che non ho fatto nessun compito; le mani cominciano a sudare e inizio a arrotolarmi i capelli nervosamente su un dito.

C'è una particolarità nelle nostre lezioni di francese di quest'anno: ci uniamo ad un'altra classe, la terza L, che è quella a fianco a noi, perchè non ci sono state abbastanza iscrizioni per formare un altro corso.

La campanella suona ed a ogni secondo che passa mi sento morire dentro. 

Incomincio a preparare lo zaino per il cambio d'aula, ma mi perdo quando, aprendo il cellulare per guardare l'ora, noto che nella posta elettronica è arrivata una notifica. Apro la casella e realizzo che è una mail della mia psichiatra: l'appuntamento è spostato per oggi pomeriggio alle quattordici. -Ma dai cazzo! Neanche il tempo per respirare mi da questa donna.- penso frustrata.

In tutto questo realizzo che l'aula è vuota e che tutti hanno si sono già spostati. Infilo gli ultimi libri nello zaino, prendo la felpa che mi ero levata in precedenza appoggiata sulla sedia, e corro nella classe accanto.

Faccio un respiro e busso alla porta.
-Prego, avanti.- sento dire in risposta.
Per fortuna la voce non proviene dalla professoressa di francese, ma da una supplente.
Tiro un sospiro di sollievo.

Mi accorgo che l'unico banco libero è vicino ad un ragazzo con i capelli castani, che sta disegnando. Penso che sia un nuovo alunno, ma poi ricordo che ormai mancano due mesi alla fine della scuola e i cambi non si posso più effettuare già da un bel po'; ad ogni passo mi sforzo sempre di più per cercare di far comparire un volto nella mia testa, anche un vago ricordo di chi potrebbe essere.                                                                                                                                                  Appoggio lo zaino vicino al banco e mi siedo con la felpa in grembo, nel mentre che decido come approcciare con il mio nuovo compagno di banco.

I pensieri divagano quando noto la bellissima giornata che si è formata: gli uccellini cantano e i raggi del sole scaldano le mie mani costantemente a temperatura freezer.

Chiudo gli occhi e lascio che il sole di giugno mi riscaldi anche il viso, come se Apollo mi accarezzasse dolcemente, come se mi cullasse.

Arriccio il naso.

Apro un occhio.

Mi sento osservata.

Sono due occhi color nocciola.

Alex's pov.

La classe di Coraline è arrivata, ma non la vedo.
Com'è possibile? A meno che non abbia fatto un altro incidente dopo che l'ho salvata, sta mattina era viva e penso che stesse anche andando a scuola.
Sbuffo, volevo vederla.

Sento bussare alla porta, è lei.

E' in ansia poichè è in ritardo; si vede perchè fa scivolare il pollice sulle altre dita e tamburella nervosamente il piede destro.

Si guarda intorno per cercare un posto vuoto per sedersi e mi accorgo, quasi in imbarazzo con me stesso, che l'unico banco a disposizione è quello alla mia sinistra.

Impanicato incomincio a scarabocchiare su un foglio per sembrare il più anonimo possibile.

Si siede e non mi rivolge la parola.

-Cazzo guardami, sono io, quello con cui hai fatto una figura di merda colossale sta mattina davanti a mezzo istituto!- urla la mia vocina interiore. Ma niente, lei non si gira.

Si mette piuttosto con il viso rivolto verso la finestra, che le illumina le mani e le braccia sulle quali noto parecchie cicatrici, alcune rosee e altre ormai sbiadite dal tempo.

La parte più bella, però, rimane il viso: il sole le illumina perfettamente l'incarnato abbronzato e le lentiggini che le stanno spuntando.

-Sembri quasi innamorato.- mi suggerisce la coscienza.
-Sembro, appunto.- le rispondo a tono.
-La stai mangiando con gli occhi.- mi ribatte.
-Smettila.- insisto io.

Oh cazzo si è girata. Merda, merda, merda.

Coraline's pov.

Volto lentamente la testa, con la paura di sapere chi troverò girandomi.

Mi sorride dolcemente, quasi imbarazzato e io decido di ricambiare.

-Grazie.- bisbiglio.
Mi guarda perplesso.
-Per sta mattina.- puntualizzo.
-Ah, si...Di nulla...Insomma.- e si rimette a scarabocchiare.

Il resto della lezione passa senza nessun altro dialogo, solo qualche occhiata di sfuggita.

La campanella suona e come tutti gli altri studenti mi dirigo all'uscita prima della classe e poi della scuola.

Saluto Elena e Sophia con un cenno e mi dirigo verso l'ospedale.
Io e le mie due amiche non siamo persone che amano le manifestazione amorose, i nostri contatti fisici si limitano a quando ci prestiamo gli accendini.

Decido di non infilarmi subito le cuffiette per estraniarmi dal mondo come faccio di solito, ma mi godo il centro storico che oggi sembra essere illuminato da una luce diversa.

I crampi allo stomaco per la fame distolgono l'attenzione dai palazzi rinascimentali. Così mi accorgo di essere nei pressi del panificio che di solito mi sfama in queste situazione di fame estrema pre-visita; prendo il solito panino farcito con prosciutto e mi dirigo verso il piazzale che si affaccia sul retro dell'ospedale.

Nel tragitto sento dei passi dietro di me e la mia ansia comincia a salire. Aumento il ritmo della camminata ma sento che è ancora dietro di me.

-Non ce la faccio, non ci riesco.- ripeto dentro di me.

Arrivata ormai nei pressi della piazzetta, mi accascio su un muretto e comincio a piangere. Piango a dirotto, con le mani davanti al viso, raccolta in posizione fetale, senza fare rumore. Piango talmente tanto che a volte mi manca il respiro e mi sembra di soffocare, talmente tanto che ho come dei sussulti.

Una mano mi si posa dolcemente sulla spalla, due ditta sotto il mento.
So già di chi si tratta, ho una buona memoria tattile o come si chiama.
La figura in questione si siede accanto a me, senza fare domande, senza volere spiegazioni.
Presa dalla crisi di pianto e dal bisogno di conforto mi appoggio alla sua spalla, e lui, di conseguenza, appoggia la sua testa alla mia.

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