Busan, 7 Luglio 1951
'Perché sei qui?' chiese titubante Jimin, le mani tremanti nascoste dalle ampie maniche della giacca.
Delle nubi scure avevano oscurato quasi totalmente i raggi solari facendo sprofondare la stanza in una sinistra penombra, il cielo sembrava pronto a scatenare un temporale eppure entrambi gli uomini sapevano che la vera tempesta si trovava già nei loro cuori.
'Volevo vederti' rispose Taehyung con un fil di voce, accomodandosi sulla seggiola dell'ufficio del coreano.
Era scomoda, intarsiata in un legno duro, segno del fatto che l'ex amante non invitasse spesso persone a sedersi lì sopra ma che fosse stata posizionata come arredamento.
'Sei venuto fino in Corea per me?' Jimin era scosso dai brividi mentre enunciava quella domanda.
'Si' confessò l'uomo 'Andrei ovunque per te, in ricordo di noi due, io ti ho amato veramente'
Il coreano si sentiva già provato da quella conversazione anche se solo pochi attimi dal suo inizio erano trascorsi.
'Ti ho amato anch'io' si decise a rispondere 'Ho amato solo te in vita mia' puntualizzò, non era quello il momento di tenersi dentro le cose.
Non pensava neanche lo avrebbe mai rivisto in vita sua, sembrava un miracolo averlo davanti; era arrivato il momento di scoprire tutte le carte.
Quelle parole gli uscirono più deboli di quanto avesse voluto, ma erano rimaste assopite per così tanto tempo che non sarebbe riuscito a dirle in un altro modo.
'Lo so, ma tu non hai mai avuto le palle di dirmelo in faccia' lo accusò l'italiano.
Jimin incassò silenzioso, sedendosi dall'altra parte della scrivania ed accendendosi una sigaretta per evitare di parlare.
Erano invecchiati male entrambi, ancora conservavano i bei tratti dei loro volti ma questi erano segnati da molteplici rughe e profonde occhiaie.
Portavano i segni di quella vita che nessuno dei due aveva vissuto veramente, all'insegna del fumo, dell'alcool e dei vizi; perché quando incontri Amore, e poi lo perdi, puoi solo cercare di tirare avanti. E puoi anche riuscirci, ma in cambio smetti di vivere veramente.
'Mi sembra di essere tornati bambini, con te che non spicci una parola e io che te le devo tirar fuori a forza' enunciò Taehyung dopo degli interminabili minuti di silenzio.
'Non ci vediamo da quarant'anni, veramente non hai niente da dirmi o da chiedermi?' domandò accendendosi una sigaretta a sua volta.
Jimin ne avrebbe volute dire di cose, ma le parole non gli uscivano di bocca. Gli sembrava veramente di essere tornato un infante.
Era un codardo; era nato codardo, aveva vissuto da codardo ed, oramai, era conscio che sarebbe anche morto come tale.
'Quelli sono tuo figlio e tua moglie?' disse Taehyung indicando una cornice sulla libreria per far ripartire la conversazione.
Era spessa, di un mogano talmente scuro da tendere al nero; gliela aveva regalata la compagna quando ancora provava a far breccia nella corazza del marito dopo il matrimonio combinato.
'Già' rispose solo il coreano.
'Parlami di loro' sembrava un ordine, non una richiesta.
'Perché vuoi sapere di loro?' ribattè Jimin ancora peccante di coraggio.
'Non posso essere curioso?' domandò Taehyung con un sopracciglio inarcato.
Il coreano fece un profondo respiro, più per guadagnare altro tempo ed infondersi un poco di audacia, che per mancanza di ossigeno.
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geranio rosso cupo || vmin
FanfictionSiamo agli inizi del 1900, un bambino coreano si ritroverà dall'altra parte del mondo, in Italia, obbligato dal padre. Cosa succederà se nel bel paese incontrerà Amore, con la maiuscola, e soprattutto come questo influenzerà la sua vita futura? top...