Anna

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Anna di anni ne aveva tredici, quando questa storia ebbe inizio, lungo i silenziosi frutteti della campagna, lungo le strade policromatiche dei mercati, lungo il bagnasciuga della costa Est.

Era sbocciata come un fiore, tutto ad un tratto, in quella calda estate: il seno più alto e fiero, gli occhi più vispi e consapevoli, l'andamento più sicuro.
Persino la pelle, bronzea come non mai, e persino i biondi capelli, talmente tanto schiariti dal sole, sembravano essere cresciuti insieme a lei.

La sua casa era una piccola proprietà terriera, situata più o meno a metà tra la collina, dove c'erano poche anime contadine (come la sua famiglia), e il mare, dove l'urbanizzazione aveva maggiormente attecchito.

Ad Anna, che di anni ne aveva solo tredici, era stato insegnato tutto quello che poteva servire per mantenere una modesta tenuta come la sua, per rendere rigogliosi e fiorenti i frutteti così da poterne avere un buon ricavato al mercato del lunedì e del giovedì.

Non era andata a scuola, ma aveva una cugina che riusciva a rubacchiare tanti libri qua e là e ogni tanto si dilettavano a a leggere (o meglio, cercavano di imparare).
Anna aveva capito che c'era una gran differenza tra il parlare degli uffici contabili, delle addette al telegrafo, degli stessi libri che cercava di leggere e tra il parlare dei suoi parenti, del mercato, di tutti coloro che erano semplici contadini, e di certo aveva capito anche che questi ultimi venivano considerati in una maniera un po' diversa rispetto ad altri (diciamo, in maniera più grezza).
Ancora poche cose sapeva Anna, ma di certo era convinta di voler essere trattata, un giorno, in maniera più riverente, ed era assolutamente certa che parlare più finemente l'avrebbe aiutata nel suo scopo.

Anna non aveva né fratelli, né sorelle. La sua era forse una delle poche famiglie nella cittadina ad avere meno di sei o sette figli.
Certo era che i suoi genitori avrebbero di gran lunga preferito un maschio, come da costume, in quanto il maschio era l'unico, nell'ideologia bigotta, che portava il vero danaro a casa.
Anna, nella sua genuina innocenza, questo non lo immaginava. Tuttavia in qualche modo, per qualche motivo che non so spiegare, era spronata a fare più di quello che le veniva ordinato di fare, che già non era poco.
È per tale ragione che dopo essersi assicurata di aver curato l'orto e il frutteto al mattino presto, badato alla casa, sistemato quello che sarebbe poi stato venduto al mercato il lunedì e il giovedì, e dopo aver fatto una breve sessione di istruzione con i libri rubati dalla cugina, che vendeva ortaggi porta a porta, per racimolare qualche soldo in più.
E c'era questa 'porta', in particolare, dove Anna non andava mai, perché per qualche ragione particolare pensava che coloro che vi erano dietro non avrebbero mai accettato la sua merce, visto il continuo via vai di fornitori che evidentemente lavoravano solo per loro.
Più che una porta, era un portone: mastodontico, di legno di castagno, rifinito ad arte sicuramente dal miglior falegname del posto.
Si trattava di una villetta a pochi metri dal mare, staccata da tutte le altre case del centro cittadino.
Anna poche cose sapeva, come già detto, ma certo era che dietro quel portone, dietro le alte siepi che circondavano la tenuta e che sembravano volerla separare dalla infima mediocrità quotidiana,
di sicuro vi doveva essere qualcosa che somigliava, seppur lontanamente, a un piccolo paradiso.

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