Il lago

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Non mancavano che cinque minuti alle nove il mattino successivo  ma di Anna, all'incrocio del cinematografo, nemmeno l'ombra.
Marco era arrivato in largo anticipo, perché così era suo costume, e perché essendo la sua natura piuttosto diffidente era insolito per lui mostrare il 'suo posto' a qualcuno, e l'agitazione cominciava a farsi strada dentro di lui.
Non sapeva perché volesse condividere quel luogo proprio con lei.
Conosceva tante ragazze, aveva tanti amici, ma di questo famoso lago non aveva mai fatto parola con nessuno.
Marco credette di giustificare il suo comportamento con la povera esistenza di lei, sicuramente segnata da rinunce e da duri doveri. Pensò che volesse darle un'ora di tregua dalla sua vita. Doveva essere sicuramente così.
Marco aveva quindici anni, apparteneva ad una classe sociale più che agiata, era cresciuto in una famiglia tranquilla, e la sofferenza lui non l'aveva mai provata.
Però leggeva, leggeva tanto, e parlava con chiunque incrociasse il cammino, ed era sempre garbato, e chiedeva sempre ai genitori della guerra, e di com'era vivere quei giorni, e capiva l'importanza della vita e di non darla mai per scontata.

Così le lancette dell'orologio del campanile, in lontananza, scorrevano lente, e le nove erano passate da un pezzo, e Marco dovette rassegnarsi all'idea che Anna l'avrebbe raggiunto.
Si sentì confuso, perché credeva che l'idea le avesse fatto piacere, e perché per una volta, anche implicitamente, si era aperto più del solito con qualcuno, e questi l'aveva malamente rifiutato.
Pensieroso salì in sella alla bici e, solo e sconfortato, si diresse verso il lago.

Una volta arrivato credette infantilmente di trovarla lì, e si ritrovò a scoprire che la verità gli stava facendo più male di quanto avrebbe creduto.
Dopo di allora Marco passò delle giornate particolari.
Al dispiacere dei primi giorni si alternarono momenti di rabbia per essersi così tanto esposto, e per essere stato così stupido da prendersela per un nonnulla. Successivamente seguì l'apatia per il quotidiano, e poi ancora la frustrazione, e poi lentamente delle costanti riprese verso la normalità.
Ogni tanto sognava una ragazza con un vestito di lino bianco, e nel sogno Marco sapeva che era Anna, ma una volta sveglio eliminava bruscamente il pensiero.
Cominciò a frequentare le sue amicizie ancor più di prima, circondandosi soprattutto di compagnie femminili. Nessuna, per quanto imbellettata ed elegante e profumata, aveva lontanamente la grazia genuina e pura che lui aveva visto in Anna, e che Marco non riusciva a dimenticare. Il pensiero che una contadina potesse avere quel fascino rispetto ad altre ragazze di alto rango fece sì che Anna, agli occhi di Marco, fosse un qualcosa di superiore, di audace, un affronto imparagonabile all'alta società che invece imponeva etichette e bonton, accerchiando tutta un'élite nella falsità.

Ben presto non ci sarebbe stato più motivo di pensare ad etichette, né a futili dispiaceri, né ad amori inconcludenti (se di amore si parlava), perché la guerra li avrebbe inghiottiti tutti, e li avrebbe stravolti come un fiume in piena.
E allora anche Marco conobbe la vera sofferenza, e la vera voglia di vivere a tutti i costi.
E conobbe anche la morte, che si dovette convincere ad abbracciare, così come si abbraccia una vecchia amica.

Marco non venne mai accolto egli stesso tra le braccia della morte, ma ogni volta che ci andava vicino tanto così si accorse di pensare ancora ad Anna, come si pensa ad un amore mancato.
La cosa lo rattristava particolarmente perché, in quell'epoca di distruzione e terrore, dove ogni giorno poteva essere l'ultimo, lui ripiegava ancora i suoi pensieri su qualcuno che neanche conosceva, e che di certo non si preoccupava per la sua vita, o per la sua morte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 16, 2021 ⏰

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