Capitolo 1.

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5:48

Gabriele sedeva davanti alla finestra. Guardava il cielo pian piano spogliarsi dei colori più cupi che la notte porta con sé e rimaneva ammaliato tutte le volte nell'osservare i più piccoli angoli che il suo occhio poteva scrutare vestirsi di giallo, arancione, rosso, rosa.

Per Gabriele i colori dell'alba significavano una sola cosa: vita.

La notte stava giungendo al termine e questo segnava l'inesorabile arrivo di una nuova, lunga giornata. Da lì a pochissimo centinaia di persone si sarebbero svegliate e, con fare forse stanco e svogliato, si sarebbero preparate per affrontare l'odioso lunedì mattina.

Questa immagine fece sorridere Gabriele. Adorava perdersi immaginando la vita delle persone, cercare di capire cosa potesse celarsi dietro di loro, cosa portano sulle spalle, se erano felici della vita che conducevano oppure no. 

Gabriele si definiva un attento e scrupoloso osservatore: riusciva a notare ogni piccola crepa nell'anima delle persone, e in qualche modo cercava nel suo piccolo di riuscire a sanarla o quantomeno di comprendere. La comprensione e l'empatia erano i tratti del suo carattere di cui andava più fiero.

Il tempo passava, e anche per Gabriele era giunto il momento di dare una svolta a questa mattina appena iniziata. Si alzò e si diresse verso il piccolo e scuro bagno della sua camera, passò una mano sulle piastrelle lisce che formavano le pareti del bagno cercando a tastoni l'interruttore della luce. Quando, dopo pochi secondi, la stanza si illuminò, il ragazzo si rassegnò al fatto che non aveva più scuse per prepararsi. Si diresse verso la doccia e aprì l'acqua e mentre aspettava che venisse calda iniziò a spogliarsi. Quando giunse il momento di entrare e iniziò a sentire l'acqua tiepida solleticargli i piedi ebbe un piccolo sussulto. L'acqua iniziò a correre lungo il corpo, scaldandolo e Gab sorrise di nuovo pensando a quanto gli sarebbe piaciuto trascorrere il resto della mattinata sotto la doccia. Quel ragazzo aveva un particolare rapporto con l'acqua; era convinto che quest'ultima lavasse via tutti i tormenti e le preoccupazioni.

Si strinse nell'accappatoio bianco e ruvido che un po' sfregava la pelle e si guardò allo specchio: gli occhi verdi e le lentiggini appena accennate erano ancora al loro posto. Stessa cosa non poteva dirsi dei capelli ricci e marroni che, al momento non volevano saperne di stare al posto loro. Ma avrebbe avuto tempo anche per rimediare a quella criniera. Iniziò a spazzolare velocemente i denti mentre con l'altra mano cercava di tamponare, con scarsi risultati, i suoi ricci. 

Aprì l'armadio e recuperò un paio di jeans blu scuri che abbinò a un maglioncino bianco e a delle semplicissime scarpe nere. Recuperò il suo giacchetto di pelle nero, i suoi occhiali da sole e il suo zaino. Ultima spruzzata di profumo e si diresse verso la porta. 

Come al solito il padre non era in casa. Magari lo avrebbero ritrovato qualche ora più tardi su non si sa quale panchina di non si sa quale parco con ancora i postumi della sbronza della notte prima. Da quando la madre era scappata di casa con un'altra donna il padre di Gabriele era caduto in un tunnel di depressione che lo consumava lentamente, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Ormai Gab non faceva più caso all'assenza del padre perché col tempo era riuscito ad abituarsi a tutto, anche a fare da padre al suo stesso padre. Lo vedeva come un gioco.

"Faccio pratica per quando sarò grande" pensava. 

Ma a diciassette anni - quasi diciotto - non poteva sapere cosa gli avrebbe riservato il futuro. 

Gabriele prendeva la vita così come veniva, non stava troppo ad interrogarsi sui ma e sui perché.

Prima di uscire diede un'ultima occhiata al soggiorno di casa sua, un completo disastro: cartoni di pizza, lattine di birra, rifiuti di quasi ogni genere, bottiglie di vodka e gin arredavano ogni millimetro. La polvere regnava sovrana insieme alla puzza di tutto quell'alcool misto a fumo di sigaretta che di prima mattina sarebbe riuscita a scombussolare anche lo stomaco dei fumatori più incalliti. 

Questa visione dilaniò un pezzetto della sua anima, come d'altronde succedeva tutte le mattine.

Gabriele sospirò pensando a quanto fossero vani i suoi tentativi di tenere la casa in ordine e pulita. Chiuse la porta alle sue spalle e, con il cielo ancora colorato dai colori della vita si diresse a passo svelto verso la piazzetta vicino casa. 

IL LADRO DI ANIMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora