Quel giorno in riva al mare, mi sentivo sola. Ero accovacciata, con la testa poggiata sulle ginocchia, le abbracciavo e con lo sguardo perso ammiravo l'orizzonte.
Era sera, il tramonto baciava la mia fronte, mancava poco che arrivasse a baciarmi gli occhi.
Non c'era nessuno sulla spiaggia, poche vite si insediavano al di sotto di un capanno rivestito da bar, ma nessuno a parte me aveva deciso di intrufolarsi tra le segrete della sabbia.
Indossavo un vestitino blu notte a giromaniche, tirava un venticello fresco che non mi infreddoliva, ma che anzi, mi cullava tra la beatitudine del sonno che piano piano, cercava di riversarsi su di me.
Mi sentivo persa, in quel momento neanche i granelli di sabbia riuscivano a ridestarmi, non mi rendevo conto neanche del tempo che passava.
Mi ritrovai a contare il suono del mare.
Uno, due, tre... ad un certo punto non riuscivo neanche più a ricordarmi i numeri, ero completamente diventata un tutt'uno con la natura.
Mi stavo perdendo in essa ma in un modo troppo pericoloso, davvero molto pericoloso ché forse, se non fosse arrivato lui, non avrei saputo controllare.
- Vorrei dipingere su tela tutto questo - a voce bassa, in uno spiffero, nel silenzio più totale, mi aveva riferito con cura quelle parole.
Era Jungkook, uno dei musicisti che lavorava in spiaggia, l'unico che quando suonava, attirava la mia attenzione.
Prima di quel momento non avevamo mai realmente parlato, ci avevamo rivolto degli sguardi, sicuramente uno più profondo dell'altro, e a volte eravamo rimasti ad ascoltare alcuni dei nostri discorsi che facevamo agli altri, in alcune delle serate che trascorrevamo lì.
Percepire l'arrivo di una voce esterna mi ridestò solo in parte, perché l'unica cosa che riuscii a fare, fu rivolgere il mio sguardo e il mio capo verso di lui.
Poi mi persi di nuovo.
Lui guardava davanti a sé, consapevole che io lo stessi fissando e non turbato dalla cosa.
- Non ti chiederò come ti senti - affermò a voce più alta - ma semmai avessi bisogno di qualcuno a cui dirlo, io ci sarò per ascoltare -.
Quelle parole contribuirono a ridestare anche l'altra parte di me, ma la risposta che gli diedi fu, lo stesso, più lenta del vento delicato che presenziava con noi in quell'istante.
- Ma come fai? - gli sussurrai piano. Lui sorrise, forse aspettandosela una domanda così.
- A fare che cosa, Sakura? - allora si voltò verso di me. Il mio sguardo era già posato su di lui da un po' e dunque non ci volle molto a finire l'uno negli occhi dell'altro.
- A fare questo. Mi parli piano, mi guardi piano, suoni piano, canti piano. Come fai ad essere così diverso rispetto agli altri? Come fai, ogni sera, quando canti al falò, ad abbracciarmi senza farlo veramente? - non controllavo più cosa stessi dicendo - Mi fai piangere ad ogni nota, quella chitarra è diventata essenziale solo se sei tu a suonarla. Se lo fa Eric non percepisco le stesse cose. Non le sento le lacrime né il calore di un abbraccio -.
Jungkook non rispose. Restammo a guardarci per un po' e poi io riportai lo sguardo sul mare.
Percepii dei movimenti accanto a me e notai che aveva assunto la mia stessa posizione. L'unica differenza erano le sue braccia colorate di storia, piene rispetto alle mie che invece, un po' spoglie lo erano.
- Vorrei anche io fare altri tatuaggi - gli confessai senza pensarci. Ed era vero, era da un po' che sentivo il bisogno di farlo, prima ancora che lo incontrassi. Jungkook riuscì però a spronarmi, a farmi credere che ci sarei riuscita, col tempo, a fare tutti quelli che avevo in mente. Jungkook riuscì a mostrarmi la realtà di essi, in un modo molto puro che mi trasmise ancora più voglia e entusiasmo.
- Il mio tatuatore non è molto lontano da qui. Se vuoi, potrei prenotare per te - ancora con quella voce delicata, mi propose quel messaggio in una modalità angelica, ma che sapeva tanto di lui.
Non ci volle molto a far alzare come una tenda da cinema, le mie palpebre, sorpresa dalla sua proposta. Accettai come avrebbe fatto una bambina alle giostre, come un uccello in pieno volo, un cagnolino fuori al finestrino.
Dopo pochi minuti, arrivarono i ragazzi per l'imminente ora del falò e dunque del momento in cui Jungkook, si sarebbe nuovamente esibito.
Lui mi sorrise e alzandosi mi porse la mano, che io afferrai per alzarmi.
- Dopo la mia esibizione, vorresti restare ancora un po' qui a guardare le stelle? Insieme a me? - sembrò così titubante e insicuro nel chiedermelo che mi donò una sensazione di tenerezza sul petto.
Era l'inizio di qualcosa: quella sera fu forse l'ultima nella quale, mi sentii realmente sola.
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Piano
RomanceStelle sul vestitino blu notte a giromaniche. Storia sulle sue braccia colme d'inchiostro