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La vita ti scorre veloce davanti agli occhi, quando sei giovane e hai tutto.

Bellezza, talento, fama, ricchezza.

I mostri chiusi in un cassetto, che era stato aperto per far uscire i sogni.

Ma quanto poteva essere effimera quella stessa vita trascorsa in solitudine?

E non vi era neppure il desiderio di mutare quella condizione, talmente era l'assuefazione a quella routine.

Lavoro, lavoro e ancora lavoro.

Nessun affetto, mancanza squarciata, alle volte, da occasionali compagnie, volte solo a rattoppare i buchi di un ego ferito dalla solitudine.

Poi la vita interrompe bruscamente quella routine, quella ruota che gira sempre nello stesso verso, orario, ordinario.

Ti catapulta nel verso opposto, antiorario, insolito.

E l'ebrezza del momento ti colpisce, anche se porta con sé amare conseguenze.

Il piacere è breve, sfugge via in un attimo.

Park Jimin, mai come in quel momento, desiderava che la ruota tornasse a girare nel solito e noioso verso.

"JUNGKOOK"

Aveva sparato.

Contro di lui e contro l'uomo che lo teneva stretto a sé, quell'uomo che gli stava lentamente portando via tutto.

Quell'uomo, i cui piani, erano appena andati tutti in frantumi, perché mai avrebbe previsto che Jungkook mettesse così in pericolo la vita del suo amato.

Quell'uomo che con prontezza aveva sparato a sua volta.

Jimin, dimenandosi, era riuscito a schivare il proiettile, il quale aveva solo sfiorato la sua pelle, squarciandola con la potenza che si portava dietro.

Quel suo dimenarsi aveva fatto si che il suo copro non fosse più strettamente compresso a quello di Jung-hyun e la corsa del proiettile era continuata indisturbata, fino a conficcarsi nella spalla di quest'ultimo.

Ma Jimin non aveva realizzato nulla.

Ne il bruciore della pelle squarciata, ne il sangue scendere copioso dal suo volto, ne il dolore del proiettile conficcato nel suo piede sinistro.

Neppure che il mostro che aveva provocato tutto quel dolore sul suo corpo, avesse allentato la presa su di lui, fino a farla diventare nulla, accasciandosi a terra, gemendo flebilmente.

Jimin non aveva notato nulla, nulla se non il proiettile che gli aveva sfiorato uno zigomo nella sua partenza, colpire Jungkook, colpirlo in pieno petto.

Jimin non aveva notato nulla, nulla se non il corpo del ragazzo che amava perdere fiocamente vitalità, cadendo sulle ginocchia, continuando a ripetere come un mantra quella richiesta.

"Perdonami"

E se Jimin inizialmente non aveva capito il significato di quelle parole, ora quello stesso significato si trovava a pochi passi da lui.

Jungkook con un proiettile conficcato in petto.

Poi un urlo straziante lo riportò alla realtà.

Jung-hyun a terra, mentre si lamentava dal dolore.

Una mano portata alla propria spalla e l'altra che cercava disperatamente di recuperare la pistola che aveva lasciato cadere vicino a sé.

I lamenti di Jungkook che non giungevano più alle sue orecchie furono il segno decisivo per agire.

Jimin non seppe con quale coraggio, ma riuscì a zoppicare, per quanto gli fosse possibile, vicino a quel copro sofferente.

BODYGUARD; Jikook (in pausa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora