Ti prego non usciamo questa sera

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Ti prego non usciamo questa sera

restiamo qui ad accarezzare il gatto








Priscilla è un gatto simpatico. Francesco è sempre stato abituato con gatti un po' pigri, oppure sempre affamati, oppure ancora sempre in movimento, con gli artigli pronti a graffiare il divano o, peggio, il suo braccio. Priscilla, invece, è semplicemente buffo: ha quel musetto adorabile che vorresti strizzare, le orecchie quasi sempre basse, la coda lunghissima. Si acciambella sul tappetto, di solito, e se ne sta lì, in attesa delle coccole. A volte salta sul divano – quel divano di pelle a cui Francesco tiene da morire – e zampetta sul bordo dello schienale, percorrendolo tutto, per poi raggomitolarsi da qualche parte. E' veramente adorabile.

Francesco si è veramente innamorato di lui, del suo modo di fare, dei suoi occhioni, delle fusa che fa. Lo chiama Prisci, lo fotografa di continuo e praticamente il suo Instagram è pieno di sue foto. Quando Tommaso non dorme a casa sua – ovvero quasi mai – Francesco si fa mandare su Whatsapp video di Priscilla quasi in continuazione, al punto che Tommaso, una sera, l'ha anche bloccato perché dio santo, Oppini, ti prego, dammi tregua.

Anche adesso, alle otto e quaranta di un venerdì sera di metà giugno, Francesco sta guardando Priscilla zampettare per il salotto, sorridendo. Lo vede avvicinarsi al tavolino basso, il musetto dolce che si alza verso di lui, con quei baffetti bellissimi che lo rendono così dolce.

"Prisci" lo chiama, allungandosi in avanti per prenderlo in braccio. "Ma quanto sei carino."

Se lo appoggia sulle gambe. Ha i piedi allungati sopra al tavolo, che è già apparecchiato con due piatti fondi e due birre bionde. Un po' minimalista. La televisione, accesa a volume bassissimo, sta trasmettendo un film comico di qualità pessima.

Priscilla inizia a fare le fusa, mentre Francesco le gratta lo spazio dietro alle orecchie.

"Sei veramente viziato" gli dice. "Se mi fai le fusa così, lo sai che ti faccio i grattini per tutta la sera. Mi stai comprando."

Priscilla struscia il musetto contro il palmo della sua mano. Sei tenerissimo, dio, pensa Francesco. Nello stesso momento, anche Gilda, che era seduta ai piedi del divano, ci salta sopra, probabilmente offesa per non avere le sue attenzioni.

"Gildina, vieni qui anche tu" mormora Francesco, allungando l'altra mano per carezzarla.

E' così che lo trova Tommaso, cinque minuti dopo: Priscilla sulle gambe, la mano sinistra che carezza in modo quasi automatico la pancina di Gilda. Francesco lo guarda, mentre cammina scalzo verso di loro, con la teglia di lasagne in mano. Indossa due guanti da cucina fucsia, per non scottarsi, un paio di pantaloncini corti bianchi e una maglietta grigia sgualcita.

Tommaso gli sorride, mentre posa la teglia sul tavolino.

"Amori miei," esordisce, dopo essersi sfilato i guanti "la cena è per papà Tommaso e per papà Francesco, non per voi."

Francesco ridacchia, senza smettere di coccolare Priscilla, che continua a fare le fusa.

"Lo sai anche tu che Prisci non si schioderà mai dalle mie gambe" è quello che dice, mentre Tommaso taglia due pezzi giganti di lasagne e li mette nei piatti.

"Certo che non si sposterà mai, Oppini" ribatte Tommaso, fulminandolo con lo sguardo. "Se continui a viziarlo così, ti seguirà anche in bagno. Poi non ti lamentare, quando ce l'avrai che ti fissa mentre ti fai la doccia."

"Sei tu, quello che mi fissa mentre mi faccio la doccia" lo prende in giro Francesco.

Tommaso gli porge un piatto, poi afferra l'altro, fa il giro del tavolo e si siede al suo fianco. Allunga i piedi accanto ai suoi, poi gli dà una gomitata sul fianco, a cui Francesco risponde con un ahia appena accennato.

La banalità del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora