Prima parte

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"Louis, vieni qui" esordì Zayn abbozzando il sorriso più malizioso che riuscisse a sfoggiare.

È inutile dire che Louis non se lo fece ripetere due volte. Come poteva resistere al ragazzo dalla pelle color caramello disteso languidamente sul loro letto? Semplice. Non poteva.

"Ogni tuo desiderio é un ordine per me" rispose, anche se una risposta non era stata richiesta. Quello di Zayn era un vero e proprio ordine e se solo Louis avesse osato contestarlo in un modo o nell'altro, di sicuro non si sarebbe fatto problemi a prenderselo con la forza. E allora sì che sarebbero stati guai. Ma il moro lo sapeva. Sapeva dell'effetto che aveva sul ragazzo ed era anche a conoscenza della sua totale e completa obbedienza ad ogni sua parola, gesto o anche semplicemente ad un suo sbattito di palpebre. Non che se ne approfittasse. Okay forse solo un po'. Ma l'importante era che Zayn amava Louis e che Louis amava Zayn. Il loro legame era forte, indissolubile, opprimente, c'è chi avrebbe potuto definirlo malsano. Ma a chi importava? Non c'era bisogno di etichettare il loro amore. Si appartenevano, si fidavano l'uno dell'altro e cosa più importante si amavano. Il resto era solamente contorno.

Louis si mise a cavalcioni sul corpo di Zayn. Adorava guardarlo dall'alto. Ogni minimo particolare poteva essere colto da quella posizione privilegiata. Lo sanno tutti che quando si vuole ammirare un paesaggio mozzafiato, i punti strategici per goderselo in pieno e senza filtri sono i grattacieli o i promontori più elevati. Lo scrutò bene. Come se fosse la prima volta che i suoi occhi si posavano sulla sua figura. Una divinità greca caduta dall'Olimpo e costretta a vivere tra i comuni essere mortali, ecco cos'era. E Louis si sentiva privilegiato. Perché poteva possedere quell'Apollo che era il suo sole giorno e notte, quando e dove avesse voluto. Era suo. Gli apparteneva. Era di sua proprietà. E lui voleva farlo godere, portarlo alle stelle, bearlo della pace dei sensi, farlo svenire ad ogni suo tocco o sussurro, trattarlo come solo un Dio può essere trattato.

I loro occhi continuavano a scontrarsi, a lottare, a mescolarsi, la terra bollente nell'oceano ghiacciato, il cielo di mezzogiorno nelle montagne rocciose del Kenya. Poi Louis distolse lo sguardo. In questi tipi di giochi era impossibile battere Zayn Malik. Incurvò leggermente la schiena e cominciò a baciargli il collo e quelle clavicole tanto allettanti che sporgevano dalla pelle. Era completamente infatuato dal profumo che era in grado di sprigionare quel corpo, un misto di muschio bianco e tabacco. La combinazione perfetta e irresistibile della quale Louis era totalmente dipendente. Dopo avergli arrossato la pelle proprio in quel punto maledetto tra fine collo e clavicola, scese giù, fino al petto che si abbassava e rialzava ritmicamente per il respiro affannoso. Cominciò a leccare, succhiare e martoriare i capezzoli già turgidi che man mano si facevano sempre più rossi e duri. Ogni tanto riemergeva da quell'apnea, risaliva in superficie e gli baciava le labbra carnose, le arrossava, le addentava, le faceva sanguinare, fino allo sfinimento, fin quando il sapore di sangue, quello che ricordava tanto il ferro, non cominciava a pizzicargli la lingua, intenta ad intrecciarsi e scontrarsi con quella dell'altro. Scese di nuovo negli abissi, solcò con la lingua la linea leggermente scavata che conduceva lo stinco alla peluria sotto l'ombelico, la stessa che avrebbe portato alla Terra Promessa. Non aspettò più. Il membro di Zayn, già eretto sull'addome, fremeva dalla voglia di essere deliziato, trattato con tutti i riguardi. Louis lo afferrò con una mano. Iniziò a massaggiarlo, lentamente, stuzzicando e frizionando le pelle tesa. Ad intervalli regolari tornava sulla punta e la stimolava con il pollice, giocandoci, facendo dei movimenti circolari. Poi stanco di questi convenevoli e incitato dal grugnito di Zayn, intrappolò la sua testa tra le gambe dell'altro e cominciò a leccare tutta la sua lunghezza. Lo inglobò interamente, alternava affondi profondi con i quali portava il membro dell'altro fino in fondo alla gola, impedendogli quasi di respirare, a risalite per sollecitare la punta rossa e pulsante. Adesso era arrivato il momento di pompare ed è proprio quello che fece. Le sue guance si incurvarono, creando dei solchi che segnavano la pelle e che poi venivano sistematicamente riempiti al termine del movimento.

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