Quel giorno arrivai, come al solito, in ritardo.
Io e mio padre la sera prima avevamo litigato, aveva usato le solite frasi "Ashley, TU non sei normale" e "Da chi hai preso? Tua madre non era così". come al solito da una normale lite passammo a quello che io chiamavo "il terrore". Era finita con lui che mi picchiava e io che piangevo, non Chiamavo aiuto perché mio fratello Marcus si sarebbe precipitato ad aiutarmi e io non volevo che gli capitasse qualcosa di male. E più mi tenevo dentro le urla e più dolore provavo.
La mattina mi ero svegliata tardi, dopo aver passato tutta la notte a piangere dal dolore.
Quanto entrai in classe, di corsa, tutta spettinata i miei compagni mi puntarono i loro occhi addosso. In quei momenti mi venivano in mente tutti i brutti commenti che potevano fare su di me, sul mio corpo sulla mia vita, sulla mia dislessia, la mia iperattività... e tutti gli altri motivi per cui i professori mi definivano "speciale". Si certo, se essere speciali vuol dire non riuscire a stare concentrati in classe, non riuscire a stare fermi, non riuscire a leggere... allora si. Ero la persona più speciale de mondo.
"D'Angelo" mi disse la prof di matematica "è la terza volta questa settimana e siamo solo a mercoledì"
"Mmi scusi professoressa"
"Ora vai a sederti e prendi il libro di scienze a pagina 194, grazie"
Ogni volta che parlavo con la prof Bianchi la ringraziavo nella mia mente.Era l'unica professoressa a non farmi domande sulla mia vita privata, a non chiedermi 'ma hai qualche problema a casa?' Certo che avevo problemi a casa! Ma non potevo parlarne. Mio padre mi avrebbe uccisa e non potevo lasciare da solo mio fratello Mattia.
Mi andai a sedere al mio posto, all'ultimo banco, nell'angolo dove nessuno mi avrebbe guardata per tutta la lezione.
Quel giorno andò come gli altri e allora di pranzo mantenni il mio profilo basso e andai a sedermi al tavolo in fondo alla mensa.
Vi starete chiedendo "perché questa ragazza si siede sempre in fondo?" Beh ovviamente perché nessuno mi avrebbe guardata, nessuno si sarebbe seduto con me, nessuno mi avrebbe parlato... che in fondo mi andava bene.
Parlavo con qualcuno ogni tanto come il mio compagno di banco ma non si può dire che avessi degli "amici", avevo solo conoscenti.Quel giorno a mensa qualcosa non andò come avevi programmato.
Quel cretino di Nicholas Johnson si avvicinò al mio tavolo con il suo gruppo di amici.Tutti indossavano ma loro giacca della squadra di football, che novità. Per loro la giacca era segno di superiorità, per distinguersi da quelli come me, che non facevano parere di nessuna squadra e non ci tenevamo a entrarci.
"Hey D'Angelo" mi disse "come va?"
E si sedette davanti a me
"Che vuoi Nicholas?"
"Ehm chiamami Nick se non ti dispiace"
"D'accordo, che vuoi Nick?"
"Ehm, come dirlo in parole gentili..."
"Vuoi che ti passi matematica. Come al solito" E gli passai il mio quaderno.
"Lo rivoglio in tatto alla prossima ora, copialo, falli copiare alla tua ragazza, ai tuoi amici, insomma a chi ti pare poi ridammelo"
"Ehm grazie D'Angelo. Comunque ho rotto con Kelly"
"Okay non mi importa"
"Sei l'unica ragazza al mondo a cui non importa" disse e come al solito i suoi amici lo assecondarono con una risata.
Si scostò dal viso una ciocca di capelli, in quel momento vidi una cosa che non mi sarei mai aspettata, lui notò che fissavo il suo braccio pieno di tagli e si rimise a posto la felpa.
"Ora andiamo, Grazie stellina"
"Non chiamarmi così"
E se ne andòPer tutto il pomeriggio mi tormentai sul perché lui avesse dovuto avere quei tagli, perché, la sua vita era perfetta. Proveniva da una famiglia benestante, era pieno di amici, era popolare, era bello... o ehm almeno così dicevano le altre ragazze.
Sapevo cosa si provava, io avevo smesso poco te lo prima perché avevo capito che non serviva a niente, e poi mio fratello dopo avermi scoperta mi aveva fatto sentire in colpa.
Durante la lezione di matematica pensai solo a quello, e più ci pensavo più mi chiedevo perché mi dovesse interessare così tanto.
Insomma lui non aveva mai fatto nulla per me. Beh ogni tanto era l'unico a riuscire a strapparmi un sorriso ma tutto sommato appartate questo... non aveva fatto nulla per me.
Mentre penavo a tutto questo la prof di matematica interruppe i miei pensieri "D'Angelo, per favore resta concentrata."
AnnuiiPoco dopo mi persi di nuovi nei miei pensieri. La prof sapeva del mio deficit dell'attenzione, ma pretendeva che io non mi distraessi mai. Quindi quando mi richiamò di nuovo aggiunse "la prossima volta che ti distrai, ti metto qui in prima fila, accanto a Johnson."
Sentii un commento proveniente dal finto della classe "a lui non dispiacerebbe." Tutti si misero a ridere e la professoressa richiamo il silenzio.Non sapevo perché la professoressa fosse così agitata, ma cercai di concentrarmi, non mi andava di sedermi vicino a Nicholas.
Alla fine della giornata mentre tornavo a casa, sentii qualcuno chiamarmi "D'Angelo aspetta"
Mi girai e vidi Nicholas
"Che vuoi?" Gli dissi
"Ehh che caratterino, comunque mi faresti il favore di non dire a nessuno quello che hai visto oggi a mensa?"
"D'accordo. Ma perché..."
"Ti prego. Non chiedere, sarebbe troppo imbarazzante per me. E poi ti ruberei il posto di 'depresso della classe'"
"Ah ah ah non fai ridere."
"Invece si, sono troppo simpatico. Comunque ora devo andare, ci vediamo stellina."
"Non chiamarmi-"
"Stellina."
E se ne andò via correndo.
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Due ragazzi complicati
Short StoryUn ragazzo e una ragazza Diversi tra loro Lei una ragazza timida e insicura Lui un ragazzo spiritoso e popolare poche cose hanno in comune. una delle quali, sono i tagli sulle loro braccia.