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James

«Non voglio neanche immaginare cosa stai combinando.»
L'ho già detto che mi diverte far arrabbiare questa donna? Conoscendo la rossa so che potrebbe farmela pagare senza troppi giri di parole, eppure sembra non sentire mezza parola di quel che dico. In questo momento si comporta come se non esistessi, allontanandomi completamente dai suoi pensieri. Continuo a vedere e sentire i suoi movimenti decisi, ma allo stesso tempo è come se non fosse qui. Non che mi interessi, ma di solito si usa essere cordiali con le persone.
Da che pulpito. I miei pensieri si rivoltano su di me sempre quando non dovrebbero. Concentrati cazzo!
Le mani della piccola ragazza continuano a iniettare inchiostro nella mia pelle, come se fossi la sua tela personale. Il suo modo di lavorare e la sua sicurezza mi rilassano.  Quello che però mi disturba è che se ne stia in silenzio, forse sta ancora rimuginando su ciò che ci siamo detti o semplicemente non ha intenzione di rivolgermi la parola. Questo suo silenzio mi toglie il respiro e la cosa peggiore è che neanch’io ho niente da dire. Posso solo continuare a guardarla lavorare in silenzio, e notare quel suo piccolo corpo gironzolare intorno a me. Ammiro ogni suo dettaglio e cambiamento e come il suo viso da adolescente sia ora diverso. È diventata una donna, mutata nel corso di questi cinque anni. Il suo corpo riesce senza alcun problema a provocare il mio.
«Non fare movimenti bruschi James, o rischierò di sbagliare» mi rimprovera.

La realtà dei fatti è sempre stata una: siamo due testardi che non sanno iniziare un discorso senza sbattersi in faccia parole pesanti che, per quanto sanno fare male, vengono usate come veleno. Eppure, in questo momento, vorrei solo poter fare un discorso normale e avere un rapporto tra adulti, ma quando si tratta di lei, le parole mi rimangono  in gola.
Forse sono io quello sbagliato? Non che non ci sia abituato però  anche lei sta facendo la sua parte.
Ogni volta che mi sfiora tentenno come un ragazzino, sento le sue mani sul mio corpo e mi maledico mentalmente per essermi esposto. L'ho fatto di proposito e per innervosirla, ma sembra che qui chi non sa contenersi sia proprio io. Forse questa rossa dagli occhi grigi, in questo momento, mi attrae più di quanto abbia messo in conto, facendomi sentire come la rosa circondata dal filo spinato che sta disegnando sulla mia pelle. Mi sento in trappola.
«Ho quasi finito» mi avverte e, dal tono di voce , sembra più che soddisfatta.
Mi sono ingabbiato nella mia stessa trappola, lo so.
«Credevi veramente volessi fregarti su una cosa del genere, James?» allontana l'ago dal mio corpo, quasi completamente ricoperto di inchiostro indelebile, e torna a incastrarmi con le parole che ancora non mi aveva gettato addosso.
«Non posso fare cazzate, è differente Arya.»
Una mezza verità per una grande bugia.
«Non ti sei mai fidato di me, in tutta la tua vita, è questa la sola e unica verità, James. Mi hai sempre vista come un ostacolo, sono sempre stata qualcuno da prendere di mira.»
«Tu non sei stata da meno, mi sembra» la guardo con fare puntiglioso.
«Sono solo stata la ripicca ai tuoi giochi, stupido idiota. Hai sempre preferito vedermi come qualcuno da importunare, e lo hai sempre fatto a ogni occasione, ma io non sono mai stata così stupida da lasciartelo fare.»
«Non fare la buona samaritana Smith.»

«Cosa?» il tono della rossa si alza. «Sei stato il mio inferno, James.»
«E tu il mio.»
«Basta, basta, tanto con te è inutile parlare» sbuffa.
«Sei tu quella impossibile» rispondo, e mi tiro su a sedere.
Forse era meglio Rob per questo ruolo.
«Non muoverti, devo pulirti» la piccola rossa, a quanto pare, con me, non è di tante parole, eppure nel suo lavoro è irremovibile e me lo sta dimostrando. Nonostante la mia ravvicinata presenza la metta in agitazione, la sua mano muove il piccolo macchinario senza nessun tipo di esitazione. La guardo, nonostante so che si sente  infastidita, ammiro la sua bravura e di come si prende cura del lavoro svolto.
«Non sono un mostro, se è quello che pensi.»
Noto come sussulta quando mi sente parlare e quando vede il mio viso troppo vicino al suo la sento tremare.
«Forse no, ma sei uno stronzo in piena regola.»
Ormai il lavoro che aveva iniziato è finito, ma non posso lasciarla andare senza dirle ciò che penso. «Sei assunta, il posto è tuo» mi rimetto la canotta ed esco dallo studio, o almeno è quello che vorrei. Desidererei che quegli occhi non mi perforassero e non mi dipingessero come il mostro che non sono. Vorrei non dover sentire, a distanza di qualche anno, il peso delle sue parole, ma non riesco a finire il discorso, che mia sorella abbatte ogni mio pensiero. Solo lei potrebbe entrare con quel ticchettio di tacchi fastidioso.
«Jo, che succede ora?» Da come sposta lo sguardo verso il  pavimento capisco che qualcosa non va.
«Hai un appuntamento tra meno di mezz'ora» mormora nervosamente, e ho già capito di chi si tratta. L'unico nome che ha sempre fatto fatica a nominare: Ethan.
«Chiamalo e digli di venire nel pomeriggio.»
Ormai ci capiamo senza neanche parlare.
«Jay, non credo che sia possibile» mi riferisce.
«Che cazzo vuol dire che non è possibile? Chiedi a Rob di darmi il cambio, allora.»
«Rob è dovuto uscire per una commissione, quindi non è possibile.»
Merda!
«Posso farlo io, non è un problema» la voce di Arya mi fa rinsavire.
«Non te la prendere, ma Ethan non è molto affidabile.»
«Ho una certa confidenza con l'inaffidabilità, ormai, non ti pare?» Distoglie lo sguardo da me, e penso subito che guarda caso quello che passa per stronzo sono sempre io.
«Appena entra digli di darmi qualche minuto» evito di dare una risposta alla piccola donna di ghiaccio, e mi rivolgo a mia sorella. Non volevo apparire come seccante nei confronti di Joy, ma quell'uomo è diventato un mio problema da quando è arrivato qui a Boston. Ethan è un mio cliente abituale, lo stesso che ormai, da anni, continua a mettere gli occhi su mia sorella e non solo. Il figlio di puttana è abituato ad avere decine di ragazze e donne pronte a infilarsi nel suo letto. È sempre stato quel tipo che prende e butta via, ma Ethan non è solo questo e io lo so meglio di chiunque altro. So di cosa è capace. Ethan Davis è un fottuto danno collaterale per le persone che incontra. Io, però, so esserlo di più e se volessi potrei togliergli tutto. Basta semplicemente uno sgarro.
«Fallo entrare, Joy» per quanto ami il mio lavoro, non vorrei  vedere la faccia di quel bastardo, e non lo dico per paura, qui dentro il gioco lo comando io e sa che non ne uscirebbe vivo, ma solo per il passato che purtroppo condividiamo.
«Ciao James, ti trovo bene.» Mi innervosisco subito. Con lui non c'è né prova né parola che possa darmi fiducia. L'unica voglia che ho in questo momento è di fracassargli ogni sicurezza che gli leggo in faccia. «Ciao anche a te, bellezza» i suoi occhi cambiano improvvisamente direzione.
Mai giocare con me, Ethan.
«Stai alla larga da lei, lo sai che non scherzo» per quanto quella piccola rossa sia insopportabile, è una mia dipendente e, come anche mia sorella, ha tutta la mia tutela.
«Ci vedi bene in fatto di donne, James. Sei sempre stato un buon intenditore.»
Arya nel sentire le sue parole lo guarda schifata. «E tu sei quello che guarda ogni donna come se fosse un oggetto» travolge Ethan nel suo freddo artico.
Se lui credeva che sarebbe rimasta in silenzio ha sbagliato. Lei è quel tipo di persona che attacca senza guardare in faccia a nessuno.
«E comunque, sai che ti dico, Toby o come diavolo ti chiami? Che i tipi come te li conosco come le mie tasche. Conosco i vostri giochetti. Da donna negli ultimi tempi ne ho viste di tutti i colori, tanto quanto basta da dirti che non mi faccio né trattare come un oggetto e tantomeno mi faccio trattare come tutte quelle che sei abituato a frequentare. Non sono la troia di nessuno, che questo ti sia ben chiaro.»
«Ho capito il concetto, piccola tigre.»
«Lo spero per te, Ethan» mi intrometto.

Come un tatuaggio sulla pelle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora