Jimin amava l'arte.
L'arte per lui era tristezza, sofferenza, dolore, tante frecce impregnate di veleno letale che andavano a scagliarsi dritte nel suo cuore qualora lui osservasse una semplice opera nel piccolo museo alla fine della via in cui abitava.Jimin amava l'arte.
Il suo pittore preferito era Edward Hopper, il famoso pittore della solitudine. Il minuto ragazzino dai capelli biondi non poteva fare a meno di sentirsi nauseato nell'osservare una graziosa ragazza seduta sul letto intenta guardare al di fuori della finestra della propria camera la vita pietosa, monotona e grigia del mondo circostante.Jimin amava l'arte.
Lui non vedeva l'arte solo ed esclusivamente nella pittura, lui vedeva arte in ogni cosa, in ogni essere vivente o non, in ogni singolo atomo dell'universo. I fiacchi visi della gente non davano l'impressione di essere interessati alla genuina bellezza che quello strambo ragazzino di 17 anni tanto si ostinava ad osservare, e sostanzialmente era così. Tutti indaffarati nel proprio lavoro, tutti che camminavano con la testa bassa, mai uno che togliesse quella nuvola tempestosa perennemente alloggiata sul capo.Jimin amava l'arte.
Amava l'arte talmente tanto da vedere bellezza perfino in quelle cupe persone che quotidianamente vedeva calpestare il marciapiede davanti alla propria dimora, andando avanti e indietro a causa di chissà quale impegno.Jimin amava l'arte.
Amava l'arte e non se ne sarebbe mai vergognato. Un piacevole pomeriggio di Maggio, mentre il biondino riposava i suoi tubetti di tempere ad olio nell'apposito contenitore, vide con la coda nell'occhio qualcuno davanti alla finestra di camera sua. Un ragazzo bassino, dalla capigliatura scura, che camminava tenendo lo sguardo fisso suoi propri passi, mentre nelle orecchie si intravedevano due auricolari bluetooth. Non aveva nulla di particolare, nulla che potesse dare nell'occhio, era solo un semplice passante. Ma agli occhi furtivi e attenti di Jimin un particolare c'era eccome: la scritta "Non aver paura della perfezione, non la raggiungerai mai" sul retro della sua felpa blu scuro.
Una citazione di Salvador Dalì.
Jimin emise un flebile suono, simile ad un leggero affanno, prima di sentire un familiare formicolio spargersi velocemente nel proprio corpo, dandogli scariche elettriche lungo tutta la sua spina dorsale.Jimin amava l'arte.
Ne era talmente innamorato da essere stato diagnosticato con la sindrome di Stendhal, un particolare disturbo che provoca tachicardia, capogiri, vertigini e confusione nei soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza.
Jimin vedeva bellezza in cosa, ma i suoi sintomi non erano mai stati così forti e allarmanti prima d'ora nel vedere un essere umano. Mentre cercava di non perdere equilibrio dal suo sgabello, Jimin si fece un piccolo appunto mentale con quella briciola di coscienza rimasta: trovare a tutti i costi quel ragazzo dai folti capelli neri e sguardo spento.Non sapeva il suo nome, ma era sicuro che la bellezza portasse il suo nome.
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《La Bellezza Porta Il Tuo Nome》
RomanceSindrome di Stendhal /Stènd·hal/ La Sindrome di Stendhal è un disturbo psico-somatico che si manifesta con una sensazione di malessere diffuso associato ad una sintomatologia psichica e fisica, di fronte ad opere d'arte o architettoniche di notevole...