Insieme siamo un'opera d'arte

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Quando sono entrato nel negozio, non avrei mai pensato potesse essere così immenso e pieno di gente. Troppa gente. Non mi è mai piaciuto essere circondato da tutte queste persone, motivo per cui non ero entusiasta di dover andare alla festa la sera del giorno dopo, ma non potevo mancare. In fondo era il mio di compleanno che si festeggiava.

Mi ero fatto convincere da quell'idiota del mio collega di università quando mi ha detto: "Oikawa, potresti indossare quella maglietta che ti piace tanto. Sfoggiarla come fossi a una sfilata di moda". Peccato che la maglietta era andata a ruba appena la pubblicità aveva invaso ogni canale televisivo.

Cercavo su ogni scaffale, spostavo ogni singola stampella, ma nulla. Sembrava essere sparita anche da quel negozio, il quinto che visitavo per la precisione. Mi stavo per arrendere, lo ammetto, non sono una persona molto paziente, ma quando si tratta di vestiario non mi batte nessuno. Ma ripeto: era il quinto negozio nel quale entravo.

Alzai gli occhi al cielo, sbuffai nella speranza che la commessa mi sentisse e comprendesse la mia frustrazione, ma quella canticchiava una musichetta e mi ignorava come fossi una mosca poco fastidiosa. Provai a sbuffare di nuovo, ma non ottenni l'attenzione che desideravo.

Stavo per varcare la soglia, stavo per rinunciare ufficialmente alla maglietta, quando la vidi. Era ammucchiata dietro la pila di felpe color cobalto, quasi impossibile da notare, ma io lo feci, forse perché erano giorni che andavo alla ricerca di quei colori sgargianti che decoravano il tessuto chiaro della maglia.

Mossi un paio di passi, allungai la mano e la stesi davanti ai miei occhi luminosi. Molti dicono che, quando guardo qualcosa che mi piace, le mie iridi da color nocciola sembrano sfumare in una tonalità più chiara, simile al rame colpito dai raggi del sole. Ero sicuro che in quel momento i miei occhi fossero di quella precisa sfumatura. La taglia era addirittura quella giusta.

Non ci pensai un minuto di più, mi diressi di corsa verso la cassa, ne scelsi una con un commesso carino, volevo che qualcuno di interessante notasse il bagliore nei miei occhi e, perché no, mi facesse un qualche complimento. Ero sempre alla ricerca di approvazione da parte dei ragazzi, forse perché l'unico che davvero mi interessava era anche l'unico che si tratteneva dal dirmi qualcosa di carino.

Mostrai la maglietta al ragazzo carino, lui fece scorrere il proprio sguardo sui colori dell'arcobaleno e poi mi sorrise facendomi l'occhiolino.

"Ottima scelta, credevo le avessimo finite" mi disse battendo alla cassa il prezzo.

"Ora le avete finite" risposi portando la mano alla tasca posteriore dei jeans. Quei jeans attillati che mettevo quasi sempre da quando avevo sorpreso Iwa-chan, il ragazzo che non mi faceva mai i complimenti, guardarmi assorto. Avevo dato il merito ai jeans, non mi ero mai soffermato a pensare a quale altra ragione avesse portato il mio migliore amico a guardarmi in quel modo.

Tastai la tasca, ma era vuota. Lì per lì, pur di non credere a ciò che effettivamente era successo, cioè che ero uscito lasciando il portafogli a casa, pensai di averlo infilato nella tasca sbagliata. Inutile dire che non c'era.

Guardai sconfitto il cassiere, provai a sorridergli ma quello inarcò le sue perfette sopracciglia color carbone e poi mi congedò con un "Mi dispiace" sussurrato, mentre mi sfilava dalle mani quella maglietta con quel colletto perfetto e quei colori dell'arcobaleno che rappresentavano la mia spensieratezza e gioia di vivere. Gioia che in quel momento vacillava.

Tornai a casa, sconfitto per l'ennesima volta, ma stavolta dalla mia sbadataggine. Mi buttai sul letto, non prima di aver lanciato un'occhiata accusatoria al portafogli abbandonato sul mobile d'ingresso. Evitai di cenare, ero davvero affranto, nessuno poteva capire cosa significasse quella maglietta. Era la prima maglietta che Iwa-chan aveva lasciato intendere che potesse starmi bene. Ricordo come, mentre guardavamo un film in tv, era passata la pubblicità e lui aveva indicato la maglietta e aveva detto con una mezza risata: "Quella sembra proprio il tuo genere, potrebbe starti bene". Non lo aveva detto con malignità, forse non si era nemmeno reso conto che poteva risultare quasi come un complimento, ma io da quel momento avevo cominciato a cercarla ovunque pur di presentarmi poi a casa del mio migliore amico con indosso quella famigerata maglietta che mi sarebbe potuta stare bene.

Insieme siamo un'opera d'arteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora