To the Top

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Da quando il giorno del diploma si era fatto imminente, Kageyama Tobio aveva iniziato a sentire una certa ansia sullo stomaco.

Non era mai stato un tipo nervoso. Per la verità, se ne era sempre fregato degli altri fino a risultare spocchioso, altezzoso e antipatico ai più. Solo la pallavolo gli interessava, solo quella riusciva a smuovere qualcosa dentro di lui che non fosse disinteresse nascosto dietro qualcos'altro.

Con essa, aveva trovato un suo equilibrio nella società, sfilandosi quelle etichette di dosso, lavando via la sensazione di essere stato rifiutato dai suoi compagni e imparando a coesistere con più persone.

I ragazzi della squadra erano stati ovviamente intimoriti dal suo soprannome di Re del campo e ogni anno con i primini si ripeteva sempre la stessa storia. Con timore e diffidenza lo guardavano i primi giorni e poi qualcosa cambiava. Hinata Shoyo arrivava da loro come un raggio di sole al mattino presto, entrava nelle loro vite con esuberante energia e gli faceva cambiare idea nel giro di un'ora.

E quegli sguardi cambiavano subito, Kageyama veniva accettato di nuovo e tutto tornava come prima, come doveva essere.

Quell'anno però la fine delle superiori si avvicinava e l'anno seguente si affacciava su di lui come una scure che dondola sulla sua testa.

Aveva provato a credere che la sua ansia dipendesse dalla nuova scuola, dalla nuova squadra senza nemmeno un volto amico o ad una serie di vari ed eventuali cambiamenti che avrebbero scosso la sua vita fin dalle fondamenta. Ci aveva provato davvero a pensare che il terrore che sentiva dentro pensando al futuro fosse solo e unicamente per quella serie di cambiamenti necessari e inevitabili.

Ma la realtà era un'altra, ben più insidiosa e complicata.

Il vero motivo per cui Kageyama tremava ogni notte era perché un certo raggio di sole non sarebbe stato più al suo fianco.

Benché l'inizio della loro amicizia fosse stato turbolento e complicato, alla fine si era instaurato fra loro un legame forte dal quale Tobio si sentiva coinvolto al cento per cento.

Certo, non erano mai mancate le litigate. Si erano anche azzuffati diverse volte per poi andarsene ognuno a casa propria con il broncio, qualche livido e la voglia di piangere. Ma il fatto era che, al mattino seguente, quando si rivedevano, tutto passava in secondo piano. La litigata, le botte, tutto si annullava come una bolla di sapone e ne discutevano insieme cercando la soluzione migliore.

Non accennavano più alla litigata, non si stuzzicavano più per un giorno intero e la calma tornava fra loro.

E forse ne era assuefatto da quella routine di litigi e poi pace, di quella perenne sensazione di non essere mai solo, di non sentirsi più abbandonato perché Shoyo era sempre con lui.

E quando non poteva esserci fisicamente, ecco che compariva subito un suo sms.

Avevano condiviso così tanto per essere solo compagni di club e amici che Tobio, senza Shoyo, si sentiva alla stregua di un guscio vuoto. Miravano agli stessi obbiettivi, volevano entrambi entrare in Nazionale e volare insieme verso le Olimpiadi e anche più in là, verso cime più alte, incuranti di quanto impervie fossero. A poco importava la fatica della scalata se erano l'uno di fianco all'altro per sostenersi.

Ricordava bene quella volta che suo padre lo aveva contattato con la scusa di troppi mesi di silenzio che gli stavano stretti. Non aveva mai avuto un buon rapporto con lui e, dopo la separazione dei suoi, le cose si erano fatte ancor più spinose fra loro, ma il tutto era stato appianato da mesi e mesi di silenzio e menefreghismo. Non si parlavano, non si interessavano l'uno all'altro e così andava bene.

Con il tempo, Tobio aveva imparato a non fare più affidamento su quel genitore e così lui si era dimenticato di avere un figlio.

Quando poi lo aveva chiamato con la scusa di volerlo sentire perché gli mancava, Tobio aveva provato un mare di emozioni contrasta che nemmeno lui sapeva distinguere bene.

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