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Nell'abitacolo dell'automobile di Minho regnava il più assoluto silenzio, non uno di quei silenzi imbarazzanti, piuttosto di quelli rilassanti, provocati dallo scorrere libero e continuo dei pensieri

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Nell'abitacolo dell'automobile di Minho regnava il più assoluto silenzio, non uno di quei silenzi imbarazzanti, piuttosto di quelli rilassanti, provocati dallo scorrere libero e continuo dei pensieri.

Felix era seduto nel posto del passeggero, accanto a Minho – dato il bisogno di più spazio per poter distendere comodamente la caviglia ferita – e ogni tanto forniva le informazioni necessarie per raggiungere casa sua.

Jisung era nei sedili posteriori – proprio dietro il guidatore – e osservava dal finestrino il paesaggio che scorreva, continuando a riflettere sugli avvenimenti di quella notte.

Seungmin e Jeongin erano stati i primi ad essere portati a casa – essendo i più giovani – e Jisung si era assicurato di accompagnali fino al ciglio della porta, chiedendo loro se si sentissero bene.

Jeongin aveva annuito in silenzio, accennando un sorriso, ma era palese agli occhi di chiunque quanto la sua mente fosse totalmente altrove, assorbita da chissà quali pensieri che riteneva difficili da esprimere.

Solitamente era per lui semplice parlare con Jisung di qualsiasi cosa, ma quella notte scelse di tenere per sé i sentimenti confusi che affollavano i suoi pensieri.

Seungmin invece aveva posato la schiena contro la robusta porta di casa sua, osservando intensamente Jisung e sembrando per un istante molto più maturo della sua effettiva età.

Aveva contratto leggermente la mascella, per poi distogliere lo sguardo puntandolo verso il buio che avvolgeva il suo quartiere.

«So che ha messo gli occhi su di me adesso – aveva sussurrato con voce tagliente – Aiutami a tenerlo alla larga, non sarò una delle sue tante bambole con cui si diverte a giocare e che poi butta quando sono ormai troppo spezzate».

L'amarezza nella sua voce era talmente soffocante da provocare in Jisung la pelle d'oca.

Sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa pur di proteggere i suoi amici, erano l'unica vera famiglia che lui avesse – a differenza dei suoi genitori, che pur amandolo follemente erano sempre assenti e concentrati sulla loro carriera.

«È quella con il staccionata in ferro battuto – disse improvvisamente Felix, indicando casa sua – Accosta pure lì».

Minho annuì seguendo le indicazioni che gli erano state fornite e fermandosi proprio davanti alla casa indicata, in modo che l'australiano non dovesse fare troppa strada a piedi.

Com'era prevedibile, le case di quei ragazzi erano tutte costose e fuori dal comune, trasudavano soldi, potere e rispetto – proprio come la maggior parte delle case in quei quartieri.

Jisung fu il primo a scendere dall'auto – riempiendosi i polmoni con l'aria gelida della notte – seguito a ruota da Minho, ed insieme si accostarono per aprire la portiera a Felix, aiutandolo ad uscire.

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