Beggining of the chapter

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Cal's pov

-Non ci capiterà mai niente di semplice, vero?-

Avevo sott'occhio la cacciatrice da almeno cinque minuti, ma nell'esatto momento in cui chiesi quella domanda, sparì con una velocità quasi impossibile.

Scattammo all'unisono.
Il selciato mi sembrò lungo chilometri. Non era ripido e non c'erano ostacoli a frenarci, ma stavamo correndo da almeno un'ora nel tentativo di raggiungerla e di salvare la bambina che tanto ambiva ad uccidere.

Alla fine del sentiero, il cielo rosa incontrava la strada e sembravano diventare un tutt'uno con essa. Le nuvole procedevano imperterrite e fra loro giaceva il sole. Alberi di palme contornavano la via, completando il paesaggio mozzafiato, ma non riuscivo a godermelo.
Non in quel momento.

Era luglio e noi eravamo a Los Angeles, sommersa dal caldo e dai turisti ficcanaso.

Perciò no, Los Angeles non mi sembrò tanto piacevole, soprattutto quando stavamo inseguendo il nostro nemico da giorni, senza successo.

Quando passammo di fronte all'ennesima palma, mi resi conto che ci eravamo persi. Era stato quello il suo obiettivo fin dall'inizio, depistarci.

Mi guardai intorno in cerca di qualche segnale o indizio per capire dove fossimo, ma quello era il mondo umano e io purtroppo non ne sapevo niente al riguardo.

Era Izzy l'americana, doveva esserci lei con noi.

Ma Izzy non c'era, perciò dovevamo cavarcela da soli.

Ci fermammo ansimanti e delusi. C'erano almeno 33 gradi e pensai di sciogliermi all'istante.
Guardai il mio tatuaggio, la semiluna coperta dal sole e desiderai per una volta vedere l'opposto. La luna splendente che sovrastava il sole, altrettanto radiante. Mi avrebbe concesso un po' d'ombra per lo meno.

Involontariamente posai gli occhi sul secondo tatuaggio, inchiostro nero dalla forma di una zampa.

D'un tratto il caldo non mi tormentò più, sostituito dalla preoccupazione che prese il sopravvento.

Non ci arrivavano notizie degli altri da quasi una settimana e brutti pensieri incominciavano a insinuarsi dentro la mia testa.

Prima di andarcene avevo percepito la tensione che c'era tra di noi nell'aria. Come se il nostro breve periodo di pace potesse svanire da un momento all'altro e che quella felicità fosse solamente un'altra effimera dolce illusione.

Avevo la stessa sensazione, ma non potevo permettermi di scoraggiarmi. Non tutto era come sembrava.
Mi legai i capelli in una coda di cavallo e sospirai.

Vidi un guizzo nero svoltare l'angolo di un edificio dall'aria trasandata. Sentivo dei mugolii e dei lamenti soffocati, perciò mi mossi in fretta. Non avevo tempo da perdere.

Doveva essere lei.

Feci qualche passo verso di lei, attenta ad essere il più silenziosa possibile. Sapeva benissimo che la stessi seguendo, eppure si comportava come se fosse ignara di tutto ciò.

Finalmente riuscì ad intravedere la ragazza dai capelli neri. Era alta, capelli lunghi lucenti e indossava una divisa che conoscevo fin troppo bene.
Nera, bordi rossi, due lettere: C.K.

Stringeva la ragazzina dai capelli rossi con una forza inaudita, come se non fosse un essere umano le cui ossa si potevano rompere. La teneva quasi come fosse un parassita, perchè era così che vedevano tutti noi.

Prima che potesse colpire la bambina, urlai.

-Lasciala andare- ordinai alla corvina. Quest'ultima si girò e per un secondo rimasi sconcertata.

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