1. Harry

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È cosa ormai risaputa che tutti gli studenti odino il primo giorno di scuola.
Ricominciare a svegliarsi presto, ricominciare a studiare e, beh, ricominciare le lezioni è una rottura ma se sei come me, un ragazzo gay che balbetta come un imbecille, è anche peggio.
Il vero problema per me non è proprio la scuola ma chi ci sta dentro, più precisamente Marc, Steve e Nick, che con la loro mentalità del medioevo non mi lasciano in pace, e poi c'è lui, Louis Tomlinson ( sarebbe Louis William Tomlinson, ma volevo evitare di sembrare troppo stalker, cosa che sono, ma shhh) capitano della squadra di calcio del mio liceo e mia cotta dalla seconda media, da quando si è trasferito da Doncaster a Holmes Chapel. Lui ha la mia età e siamo andati alle stesse scuole ma in classi diverse e credo non sappia neanche della mia esistenza.
Ho un amico, Ed, ma si è trasferito in un'altra città alla fine della scuola media e ormai ci sentiamo di rado. Un paio di anni fa avevo anche qualche altro amico ma quando è venuto fuori che mi piacevano i ragazzi tutti hanno iniziato ad evitarmi come la peste e la mia timidezza non ha aiutato, quindi ora mi rimangono solo i messaggi occasionali di Ed.
Fortunatamente ho mia sorella maggiore e mia mamma che mi supportano e sono sempre accanto a me, loro non sanno nulla di ciò che accade a scuola, ma temo che mia sorella abbia qualche sospetto.

In questo preciso momento sono nel mio letto ad aspettare il suono della sveglia leggendo un libro, ormai ho rinunciato a dormire, sono già un paio di giorni che non riesco a prendere sonno per l'ansia. Posso descrivermi facilmente sapete, ci ho pensato spesso a come potrei farlo se dovessi scrivere un'autobiografia: classico ragazzo magrolino che indossa pantaloni della tuta e  felponi enormi con il cappuccio sulla testa con la faccia coperta da così tanto che le persone non si ricordano neanche come sia, invisibile a tutti tranne ai bulli. Descrizione veloce, no? A questo modo chiunque potrebbe descrivermi ma non la mia famiglia, per loro sono Harry Styles un riccio alto e snello con una grande passione per la musica e le coroncine di fiori, che passa ore a leggere e che, se potesse, aiuterebbe tutti con i suoi occhi verde smeraldo e il suo sorriso che però da un paio di anni si sono spenti ma che, nonostante tutto sono sempre presenti. Un ragazzo con una timidezza che lo porta a balbettare e ad arrossire spessissimo ma che lo rendono bellissimo, a cui un tempo il rossore delle guance faceva brillare i suoi occhi ancora più del normale.

"Achille è la metà della mia anima, come cantano i poeti. Presto morirà, e non resterà altro che il suo onore. L'onore è suo figlio, la sua parte più amata. Dovrei rimproverarlo per questo? Ho salvato Briseide. Non posso salvare tutti..."

(madeline miller - la canzone di Achille)

        "È così che desidero l'amore" sospiro chiudendo il mio libro, interrompendo la lettura a causa del suono della sveglia.Mi alzo dal letto. So già di avere due occhiaie enormi a causa della mancanza di sonno ma spero di farcela. Devo farcela.

Dopo essermi dato una sciacquata in bagno scendo le scale per raggiungere mia mamma e mia sorella. Fortunatamente solo dopo un mese di vacanze i lividi che avevo sulle braccia sono scomparsi, permettendomi di stare a maniche corte per il resto dell'estate, ma non sono mai stato senza qualcosa a coprire il busto.
        "Gemma! alza il culo e vieni a dare una mano a tua madre!" sento urlare mia mamma mentre sono a metà della mia discesa.
        "Vecchia non rompere e lasciami guardare Geronimo Stilton alla tv che è da tanto che non lo guardo!" dice in tono finto-sprezzante mia sorella "Gemma Anne Styles hai quasi 20 anni, vai al college e ti rifiuti di aiutarmi per guardarti i cartoni?! E non provare mai più a darmi della vecchia o ti faccio pentire di essere nata"
        "B-beh, mamma, non puoi negare che Geronimo Stilton sia un bel cartone" dico dirigendomi sul divano accanto a mia sorella per rivivere per poco la spensieratezza che si prova da piccoli, quando la vita è ancora un gioco e non ti importa di ciò che gli altri pensano.
        "Adesso siamo due contro una, come la mettiamo? E ora cara puoi portarci il latte e nesquik?" ho sempre amato il rapporto che c'è tra noi tre e con mia mamma e mia sorella la risata è assicurata. Gemma è una bambina nel corpo di una ragazza adulta ma saggia in alcune occasioni e migliore amica in altre.
Appena ho ammesso alle mie donne che mi piaceva un ragazzo fin da subito non hanno fatto storie, anzi, non l'avessi mai fatto, hanno iniziato ad assillarmi con domande su di lui e non la smettevano più.
        "Va bene, vi porto la colazione solo per questa volta- dice sempre così, ma non mantiene mai la promessa -ma vedete di non sporcare nulla".

Al termine della colazione sono subito risalito in camera per prepararmi. Fortunatamente il clima inglese non mi fa penare se indosso il cappuccio anche a metà settembre.
Con le cuffie addosso e ancora il calore dei baci di mia sorella e mia mamma sulle guance mi dirigo verso l'infer- verso la scuola, SCUOLA.

Sulle note di Someone To You raggiungo l'ingresso, e mi dirigo subito verso il mio armadietto.
Gli sguardi dei miei compagni bruciano sulla mia pelle, attraversando la stoffa sella felpa. Non capisco perché stiano a guardarmi, non sono un'animale da circo e non possono dire se sono cambiato quest'estate siccome l'unica cosa che possono notare sia l'aumento della mia altezza.
Quando mi ritrovo davanti al mio armadietto sfilo le cuffiette e metto tutto dentro allo zaino. Sblocco il lucchetto e metto dentro i libri più grossi e pesanti che userò alle ultime ore.
"Bene, bene, bene, guardate chi abbiamo qua" grugna qualcuno dietro di me. Non mi giro, perché dovrei. So precisamente a chi appartiene questa voce.
Sento la mano di uno di quei tre stringermi la spalla destra, chiudo gli occhi e prego soltanto che la tenga li senza fare nulla. È nel giro di un'attimo che vengo obbligato a girarmi, tengo la testa bassa, un pugno colpisce il mio zigomo, non mi serve alzare gli occhi per capire che è stato Steve, è sempre lui a iniziate le danze.
        "Quanto mi è mancato" sospira. Io rimango inerme, le braccia lungo il mio corpo senza forza. "allora, ti sei divertito quest'estate? mh"
Io non rispondo, una lacrima solitaria scivola sulla mia guancia.
        "Allora?! il gatto ti ha mangiato la lingua" ride lui "Ho un'idea, penso possa piacerti e faresti anche un favore a tutti, ti va di fare in modo che sia l'ultima?" sento anche Nick e Marc sghignazzare.
Che male gli ho fatto? Cosa posso aver fatto per meritare tutto questo? Cosa ho fatto per farmi odiare? Essere me stesso? Questo può solo voler dire che sono sbagliato.
        "Rispondi!" mi urla all'orecchio Nick.
        "L-lasciami, p-perfavore" sussurro.
        "Ma allora la voce ce l'hai" esclama Marc alla mia sinistra.
        "risposta sbagliata" sussurra Steve a pochi centimetri dalla mia faccia. La presa della sua mano sulla mia spalla si fa più forte. Sono troppo stanco per contrastarlo e cedo. Cado in ginocchio mentre un fiume di lacrime solcano il mio viso.
        "È questo il tuo posto, per terra" sento dire mentre si allontanano.
Appoggio la schiena contro un armadietto e mi faccio più piccolo che posso.

Al suono della campanella mi alzo con qualche difficoltà e mi dirigo verso la classe, fortunatamente molti sono ancora in vacanza e i banchi sono quasi tutti vuoti.
La lezione di arte riesce a distrarmi dai miei pensieri e dopo due ore in cui la professoressa ci ha illustrato il programma per quest'anno corro a chiudermi in bagno.
Abbasso il cappuccio. Mi guardo allo specchio. Il livido si è già formato, fortunatamente non ho perso sangue.
Piango. Piango perché la mia vita fa schifo. Piango perché non sono normale, perché non piaccio a nessuno, perché non piacerò mai a nessuno. Era da tanto che non piangevo, quest'estate i miei occhi avevano ricominciato a brillare più debolmente di prima ma almeno non erano spenti. Sono bastati cinque minuti a rovinare il lavoro di un'estate.
Sento la voce di qualcuno che si avvicina e, il più velocemente possibile, mi rimetto il cappuccio e mi avvio verso la porta.
Tenendo la testa bassa non mi sono accorto che qualcuno era già entrato e che quel qualcuno era un ragazzo con gli occhi di ghiaccio che si era appena accorto dell'esistenza di un ragazzo misterioso, con un cappuccio in testa, alto come una giraffa che non avrebbe dimenticato facilmente, anzi, che non avrebbe mai dimenticato.

AND ALL HIS LITTLE THINGS ||larryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora