CIAO IO SONO VALENTINA

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08/08/2013 Ore 09:45
PRIMA SESSIONE

Entrammo nella stanza entrambi, devo ammettere che l'aria condizionata quel giorno era particolarmente violenta, tant'è che mi preoccupai che lei potesse sentire freddo.
La invitai ad accomodarsi sul grande divano posto davanti alla libreria di archivio del tribunale.quella stanza era sempre stata usata per fare gli interrogatori ma non aveva nulla di convenzionale rispetto alle solite buie e gelide aule utilizzate da noi nel nostro lavoro, in realtà ricordava molto di più l'ufficio di uno psicologo benestante, infatti di fronte al divano era un tavolino da fumo di legno intarsiato e cristallo, ed una poltrona nera stile Chez Long molto simile a quelle usate durante le terapie. Sulla parete alla mia sinistra vi era un vetro specchiato dal quale era impossibile scorgere attraverso.dall'altro lato della stanza l'occhio attento di due telecamere, poste li dietro per non perturbare la bambina. Al lato delle telecamere, sempre nella stanza adiacente vi erano i genitori di lei Paolo e Serena ed il mio caro amico CARLO.
Sinceramente pensai tra me e me che la situazione era surreale, in pratica stavo per fare una terapia in tribunale ad una bambina con degli strani segni, sotto l'occhio attento di un procuratore distrettuale.cos'altro avrei visto nella mia vita di così incredibile? Avevo solo voglia di iniziare e terminare al più presto quel momento imbarazzante.mi sedetti e guardai in maniera fissa Valentina e le chiesi:
-Sai perché siamo qui?
E lei con la voce angelica di una bambina che per me non superava i nove anni mi rispose:
- "io so perché siamo qui, io mi comporto in maniera strana soprattutto quando arriva la sera".
Sinceramente non diedi importanza a quelle parole, i miei interrogatori erano più incentrati sul capire quale sarebbe stato il prossimo piano terroristico. Una bambina, degli strani segni, perché contattare me?
Preferì porgerle un'altra domanda:
-allora puoi presentarti?
Lei mi guardò con i suoi due occhi azzurri e mi rispose:
-"Ciao io sono Valentina, ho 14 anni e sono una ballerina di danza classica".
-"Valentina " - le dissi - bel nome ma io già lo conoscevo e sapevo anche della tua passione per il ballo classico. Qualcuno mi ha detto che sei notevolmente brava.
Lei arrossì.
-Sai che non ti avrei dato più di nove anni, credo che questa fortuna di non apparire più grande ti sarà molto utile quando crescerai.
Lei chiuse leggermente lo sguardo, abbasso il capo e dopo qualche secondo mi fissò con uno sguardo molto diverso da quello precedente e mi chiese:
-ti piace il mio aspetto giovane?
Sentì bussare sul vetro della stanza adiacente.chiesi a Valentina di aspettarmi solo un momento e raggiunsi Carlo Paolo e Serena perché di sicuro volevano chiedermi o dirmi qualcosa.Serena la madre di Valentina, non appena entrato, mi disse: - - - Dottore noi non capiamo perché a quest'età lei decida di vestirsi in questo modo così infantile e ancora continui a giocare con bambole e Barbie. Compresi la preoccupazione della madre probabilmente stava pensando che la figlia avesse un disfunzione di età o un disturbo dello spettro autistico. Le risposi di non preoccuparsi perché tanto nella terapia lo avrei capito.
Torna in stanza da Valentina, lei era visibilmente infreddolita da quell'aria condizionata, purtroppo essendo in tribunale il sistema era centralizzato e quindi era impossibile staccare per una sola stanza.al che mi tolsi la giacca una doppiopetto gessata blu Gliela posi sulle spalle. Lei prese i due lembi della giacca e ci si chiuse dentro come a protezione. Intesi con il senno del tempo che quel gesto era un chiaro segnale di aiuto, ma in quei pochi momenti non avevo inteso o probabilmente non avevo la giusta esperienza. Fatto sta che notai la mano destra soprattutto prestai attenzione e le due dita indice e medio che obiettivamente avevano uno strano colore giallastro, lo stesso che avevo io dopo tanti anni di Fumo. Decisi di non iniziare a porte domande del tipo tu fumi? Qualcuno dei tuoi amici fuma? No preferivo fare l'amico e portare il tenore della conversazione su di uno stile delicato.
Volli spiegarle subito quale sarebbe stato lo stile della nostra terapia, aveva 14 anni quindi poteva capirlo.gli spiegai che avrei attuato su di lei una ipnodi regressiva perché i suoi genitori erano particolarmente preoccupati dei segni che lei aveva sul corpo. Ma le spiegai anche che tutto quello che stavano facendo in realtà sarebbe potuto essere inutile se lei avesse deciso di raccontarmi la verità su quegli strani segni sul corpo. Li fu la prima volta in vita mia che mi sentì turbato:
-Dottore questi segni me li procuro da sola perché di notte, quando sono in casa, una parte di me ha bisogno di dolore per potersi manifestare.
Questa fu la su risposta. Ed aggiunse:
-solo il dolore è in grado di allontanare altro dolore".
Ero perplesso e perturbato. Cosa più incredibile, era già passata un'ora.
Non avevo neanche cominciato a fare la terapia e lo scandire del tempo imparziale ed impavido aveva già dichiarato la fine di quel primo incontro.
Valentina uscì con me quindi non feci in tempo a parlare con i suoi genitori ma quando andarono via riuscì a conversare brevemente con Carlo che da li a poco sarebbe andato in udienza:
-Carlo questa bambina ha un problema ed io non so qual'é ma ti prometto che lo scoprirò.
Carlo mi guardò e mi disse:
-i suoi genitori sono sereni perché sanno che in buone mani gli ho spiegato chi sei e quello che sei riuscito a fare nella tua vita.
Salutai Carlo e percorsi frettolosamente le scale per uscire dal tribunale, avevo bisogno di aria e soprattutto avevo un innegabile voglia di fumare una sigaretta. Accanto al tribunale vi era una tabaccheria antica, Io ero solito comprarmi i sigari ma quel giorno disperatamente chiesi un pacchetto di sigarette.ne accesi una avevo la mano tremante, era una sensazione bellissima.
Tanto bella che anche adesso sto fumando tanto è il piacere che mi dà.
Ero seriamente turbato, non tanto dal racconto della bambina che poi bambina non era, quanto dal fatto che in quel momento io non sapessi assolutamente niente di quello che le aveva.non ne avevo la più pallida idea. Io, ero abituato a sapere tutto prima che accadesse nel mio lavoro eppure, una laurea in psicologia ed un master non mi avevano insegnato assolutissimamente niente...L'unica cosa che sapevo fare ed ero davvero sicuro di saperlo fare bene era l'ipnosi. Mi diressi verso casa era più o meno mezzogiorno ero stato così a trastullarmi tra una sigaretta e l'altra per le vie del centro quando rientrai a casa avverti l'impellente necessità di dormire e cosa più incredibile mi svegliai solo alle quattro di mattina del giorno dopo...

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