(Sono presenti spoiler della fine del manga)
Alzò lo sguardo pensieroso verso il soffitto scuro: «Come potrei descrivere la mia vita...?» La voce impastata dalla stanchezza era quasi impossibile da udire se non dallo stesso creatore.
Poteva rispondere pensando al periodo al Grace Field, a quello in fuga con Yuugo, o a quello passato contro il clan Ratri: eppure gli venne spontaneo pensare che fossero solo un mucchio di stronzate.
Sorrise al vento mentre metà del suo sguardo vuoto veniva coperto dai gonfi capelli corvini.«Due anni... sì... è questa la mia risposta»
Bizzarro eh? Chi mai descriverebbe la sua vita con "due anni"? Chi avrebbe mai solo potuto immaginare cosa c'era dietro quelle semplici parole?
«Dovrei dire qualcosa di più...? Nessuno mi sta ascoltando, chi mai gli porterebbe la notizia che i miei ultimi pensieri hanno vagato per quei nostri anni?» Sussurrò alzandosi sopra la testa quel contenitore puzzolente di combustibile.
«Nemmeno tu mi capiresti se ti dicessi questo... Norman...» Aggiunse facendosi avvolgere dal gelo causato dall'impatto del vento con il bagnato della sua camicia grondante di appiccicosa benzina.
Forse davvero solo lui sapeva cosa erano stati quei due anni: «Cosa mi risponderesti? "Abbiamo cercato Emma"? Una risposta davvero prevedibile per l'idiota che sei... ma infondo cosa potevo aspettarmi dato l'amore che provi per lei?».
Per l'albino di certo non c'erano dubbi su quale era la risposta: la aveva cercata, la aveva bramata, e alla fine era riuscito a stringerla tra le sue braccia. Emma, chi mai avrebbe resistito davanti a cotanta purezza e perfezione? Norman magari era uno dei tanti, eppure era l'unico che era riuscito a mettergli la fede al dito.
Per Ray allora? Cos'erano stati quei due anni? Quelli in cui l'albino si era rifugiato nella sua bontà, aveva passato con lui le sue notti e aveva accettato l'amore dell'altro, che lui stesso credeva di ricambiare dopo essersi rassegnato all'idea che la rossa fosse morta. E poi lei tornò.«Allora tu cosa ti saresti aspettato da me dato l'amore che provo per te?».
Per Ray quegli anni erano del tutto diversi: aveva passato due anni interi per ritrovarla per l'amato, per poi realizzare dopo pochi istanti il rimpianto che si era causato. Vi starete chiedendo perché presuppongo, nella sua mente invece era molto chiaro: era stato lui stesso a impedire all'amore che c'era tra lui e Norman di sbocciare, ed era stato sempre lui che, quando li vide all'altare, rimase paralizzato e tremante al posto di intervenire e fermare il suo amore da quel vincolo chiamato "matrimonio".
Allora perché assistendo alla loro promessa di fedeltà lui non li ha fermati?«Perché sono un codardo... non ho mai potuto salvare nessuno, e quel giorno non ho saputo salvare me stesso...».
Sospirò sonoramente, nonostante la benzina sui suo vestiti lo stesse infastidendo e il legnetto tra le sue mani non vedeva l'ora di brillare, Ray doveva aspettare, o meglio, doveva ancora pensare a quel che aveva fatto in quella sua maledetta vita: infondo era la sua ultima possibilità di farlo.
«Due anni... è già passato così tanto tempo? No, vi siete sposati un anno fa, ne sono passati tre. Cosa ho fatto quest'anno...? Mi interessa davvero...? In realtà no, voglio solo pensare a quei tempi: mi sto sforzando, mio caro Norman, ma davvero, tu come mi vedevi? Un semplice sfogo sessuale...? Molto probabile. Se una ricerca per trovare Emma falliva ti ritrovavo sempre affranto pronto ad approfittare delle mie carni... il mio rimpianto? Aver acconsentito».
"Due anni, due anni, due anni" quante volte ancora lo avrebbe ripetuto? Fino al suo ultimo secondo? Plausibile: d'altronde anche per Norman quegli anni in cui lui stesso, il "ragazzo ormai segnato da punture e cicatrici", aveva cercato quell'amata ragazza dai capelli rossi, non si era mai reso conto che il corvino fin troppo colpito da quel passato violento aveva deciso di essere la sua spalla su cui piangere. O, facendola come la stava pensando il ragazzo grondante di benzina, "la bambola da scopare a suo piacimento".
«Perché allora non odio quegli anni...?» Mugugnò stringendo i pugni.
Nella sua mente il tutto era molto più poetico, come se nella sua testa quel momento sarebbe stato scritto per poi essere letto da giovani lettori alle prese con uno stile di scrittura un po' più particolare: "Due anni per consumare quell'amore, e un paio di quarti d'ora per viverlo nel pieno dei loro più perversi desideri" se in quel momento avesse avuto tra le mani un pezzo di carta avrebbe di sicuro scritto una frase tanto romantica quanto drammatica.
«Sarebbe bruciata con me e il pensiero di quegli tempi...»
Forse ora quei due anni non erano nulla se paragonati a quegli istanti: no, non quelli dove sentiva l'apice del piacere donatogli dall'albino... no no, assolutamente no. Lui intendeva quegli istanti dove vedeva ancora una volta quella lucente fiamma cadere, quel brivido che durava poco più di un secondo che gli riscuoteva l'anima: come faceva allora a paragonare quel sapore di morte che gli inondava le vene, all'amore di Norman?
Semplice, troppo semplice: la morte era reale.Dopo due anni, preferì smettere di alloggiare in quella bugia, preferì finirla di imbrogliare se stesso e finalmente levarsi quel fardello che gli gravava fin dalla nascita sulle spalle. Quale era questo peso? Anche questo era molto semplice: la verità.
La verità che non avrebbe mai potuto salvare nessun bambino se non fosse stato per quella ragazza, la verità che sarebbe morto molto prima di accendere il suo secondo fiammifero se non fosse stato proprio per quella ragazza, la verità che senza di lei l'uomo che amava sarebbe morto divorato dal suo dolore, e sempre la verità che non sarebbe mai potuto essere di quel ragazzo proprio a causa di lei: però la realtà che proprio non voleva sapere, era quella che non sarebbe mai potuto essere come quella ragazza.
Non avrebbe mai più potuto riprendere la posizione che aveva avuto nella vita di Norman, non avrebbe mai più potuto provare a rientrarci, o in generale, non avrebbe mai più potuto anche solo pensare a quel ragazzo.Voltò il suo sguardo un ultima volta verso la porta della sua camera nonostante la scintilla che avrebbe causato l'incendio stesse per scoccare:
«"Così l'eroe entrò sbattendo la porta con in volto uno sguardo affranto rivolto all'uomo che aveva capito di amare; e con un gesto prode, lo salvò dal suo oblio"»
Urlò a gran voce aprendo le braccia, assaporando a pieni polmoni quel sapore a cui avrebbe dovuto abituarsi: quello della morte.
«che clichè del cazzo».
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•Noray• one shot
Fanfic«"Così l'eroe entrò sbattendo la porta con in volto uno sguardo affranto rivolto all'uomo che aveva capito di amare; e con un gesto prode, lo salvò dal suo oblio"» Urlò a gran voce aprendo le braccia, assaporando a pieni polmoni quel sapore a cui av...