«Mio figlio ha una grande casa in America sai? »
La Signora Pia tendeva a scoprirsi durante la notte, prendeva freddo e subito si raffreddava, per questo Daniele ogni sera si assicurava che le sue coperte fossero ben rimboccate.
«Quella con la piscina. Sì. » Confermò il ragazzo mentre si avviava verso l'uscita della stanza per spegnere la luce.
«Verrà a trovarmi domani. Me lo ha promesso. » La sentì mormorare con la voce sempre più fievole, mentre si lasciava vincere lentamente dalla stanchezza.
«Certo Pia. Certo. » Daniele le sorrise ancora, le diede una carezza con lo sguardo, le augurò la buonanotte e si chiuse la porta alle spalle.Alle nove di sera per gli ospiti dell'Opera Pia Santa Caterina era come fosse il cuore della notte: andavano a dormire presto e si svegliavano presto.
Daniele si incamminò nel lungo corridoio silenzioso. Aveva venticinque anni e molti dei suoi amici gli chiedevano il motivo per cui non cercava un lavoro migliore, con un salario più alto e che richiedesse meno impegno. Era qualcosa di difficile da spiegare. Lui in quel posto, in mezzo ai suoi vecchietti, si sentiva un esploratore di vita vissuta, un archeologo di fossili viventi. Li amava e coccolava tutti quei vecchietti, dal primo all'ultimo.
Quando un urlo spezzò il silenzio il giovane si mise subito a correre. Un altro grido seguì, poi rumori di cocci a terra, pianti e gemiti.
Sapeva già chi era: Mario, l'ospite della stanza in fondo al corridoio.Arrivò con il fiato corto, mentre Matteo e Francesco cercavano di controllare la furia cieca di un vecchio che all'età di ottantacinque anni non avrebbe dovuto essere in grado di contrastare due uomini ben più giovani di lui, invece li scaraventava via come fossero state mosche.
Daniele non perse tempo ad aiutare i colleghi, sapeva già che sarebbe stato tempo perso. «La matita. » Urlò. « Dov'è la matita? »
Troppo impegnati a contenere la furia distruttiva di Mario nessuno dei due infermieri rispose.«Ahi!» Urlò Francesco battendo contro il muro. «Tienilo, cavolo, le braccia, tienilo!» Insistette Matteo.
Daniele iniziò a guardarsi febbrilmente intorno. Avrebbe potuto essere ovunque. Cercò sulla scrivania, a terra, tastò il letto sfatto, scoprì le lenzuola finché non la vide in un angolo. Si allungò, la prese, si avvicinò con cautela al paziente e gliela mise in mano. « È qui. Sentila, è qui. » Lo rassicurò.
Mario strinse l'oggetto tra le dita con il respiro affannoso, il corpo sudato. Come per magia un tenero sorriso gli dipinse le labbra rugose e si acquietò.
Daniele si guardò intorno. L'armadio era spostato, le ante aperte, i vestiti sparsi ovunque, cocci di chissà cosa a terra.
«Chi ha tolto la matita a Mario? » Si infuriò rivolto ai colleghi. Erano nuovi, entrambi, ma lui li aveva istruiti per bene. A Mario non bisognava togliere la matita di mano.
«Io quando sono arrivato stava già dando di matto. » Si giustificò Matteo.
Francesco invece aveva la testa bassa. «Mi sono distratto. » Disse. «Cavolo è solo una matita! » Sbottò.Daniele osservò il vecchio che sorrideva mentre stringeva la sua Staedtler tra le dita.
«Una matita? Ti sembra solo una matita? » Ringhiò scuotendo la testa.Nessuno alla casa di cura conosceva il significato di quell'oggetto per Mario, sapevano solo che non se ne separava mai. Neanche un istante. Malato di Alzheimer, l'unica cosa che lo calmava era quella matita a strisce nere e gialle con la testa rossa e la punta sbeccata.
La stanza era un disastro. Insieme ai suoi colleghi Daniele la sistemò alla meglio, poi decise che avrebbe messo a letto lui stesso Mario per sicurezza.
«Andate. Qui ci penso io. » Disse agli altri infermieri.Aiutò il vecchio ad alzarsi, gli sistemò il pigiama, lo portò in bagno per fare la pipì, gli diede una rapida lavata, lo aiutò a mettersi sotto le coperte, gliele rimboccò e disse. « Buonanotte. »
Si stava già allontanando quando lo sentì mormorare.
«Non è solo una matita. »
Daniele si bloccò. Aveva sentito bene? «Non è solo una matita. » Ripeté il vecchio e il ragazzo ebbe un sussulto, si voltò, tese le orecchie.
«Aveva dei capelli meravigliosi la mia Lia: color cioccolato, lunghi, setosi, con le punte che si arricciavano per formare dei boccoli da bambola.» Stava raccontando. Mario raccontava qualcosa di sé.Quella era una cosa straordinaria perché la malattia lo rendeva assente e silenzioso. Daniele rimase con il fiato sospeso quasi se avesse osato muovere anche solo un muscolo avrebbe spezzato l'incanto.
« Lei usava la matita come fermacapelli.» Proseguì il vecchio. « Si faceva una crocchia sulla testa e li fermava con la matita. Diceva che non c'era oggetto migliore perché teneva ben saldi i capelli senza tirarli. »
Mario aveva lo sguardo perso nel vuoto. Parlava e ricordava con una lucidità che non gli era mai appartenuta fino a quel momento.
«Avresti dovuto vederla quanto era bella quando sfilava la matita dai capelli, scuoteva la testa e li lasciava cadere morbidi sulle spalle. Era femmina in quei momenti, era anima. Era la mia Lia. »
Quelle parole, l'emozione che vibrava come materia viva tra le labbra di quell'uomo anziano, testimone di un amore sopravvissuto alle prove più difficili: il tempo, la malattia, la morte, era un fiore spuntato fra le rocce, una gemma meravigliosa fatta dono.Non aggiunse altro Mario, chiuse gli occhi e cadde nel sonno mentre stringeva ancora tra le mani la sua matita.
Quella sera Daniele tornò a casa con il cuore stretto in una morsa, lo stomaco in subbuglio per l'emozione vibrante che gli era stata trasmessa. Era consapevole di essere un privilegiato, testimone di qualcosa di unico e vero. Ecco, quello era il motivo per cui amava il suo lavoro. Era al servizio delle persone e non avrebbe cambiato quel posto con nessun altro al mondo.
Mario non parlò più dopo quella volta. Si spense qualche mese più tardi mentre stringeva ancora tra le dita la sua matita. Daniele non sapeva dove fosse in quel momento. Sapeva solo che di sicuro era con la sua Lia. Lui proseguì il suo lavoro alla casa di cura desiderando, al termine della sua esistenza, di poter stringere una matita come quella fra le dita.
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La matita
Short StoryNel centro servizi per anziani lavora Daniele, un giovane operatore sanitario che guarda, osserva, vede, sente, sa che ogni ospite è qualcosa in più di quello che si vede a prima vista. Un omaggio ai nostri nonni, a quelli che sono ancora con noi e...