Le stelle sono frammenti. Di cosa? Lo so in maniera morfologica, ma non saprei dirlo in maniera simbolica. Forse di anime... anime che hanno deciso di abbandonare il mondo troppo presto e che hanno tinto il buio più totale di argento e di oro bianco, rendendolo splendente. Io forse, qualora avessi trovato la medesima sorte, sarei stata una nana nera: la fine di una piccola stella dall'alta densità e dal cocente calore interno, ma nera, come la pece, senza che possa tornare a essere quella che era, splendente come poche. Vederle dal terrazzo di casa è bello, vederle con la speranza di raggiungerle a momenti un po' meno. Non perché abbia paura della morte, ma quando si è sicuri di dover morire che senso ha prolungare la propria vita con sofferenze? Tutto fa male, il corpo e l'anima, quando si sa di dover morire... allora perché ci mettono al mondo se poi ci abbandonano e ci fanno sentire soli, piccoli?
Ancora un altro passo e sono giù, e se salgo su non lo so. Non so se Dio esista, ma se esiste mi ha fatto dei torti: perché a me? Perché dovevo essere io quella... diversa? Quella impossibilitata dal condurre una vita normale, una vita come tutte le altre... le lacrime smettono di scorrermi sul viso, mi rendo conto di perdere tempo con essa è di risultare patetica. Di per sé il suicidio è patetico: ricorda una regina di Cartagine che, dolente per amore, si toglie disperatamente la vita. Il problema non è quel che accade durante l'atto del suicidio, ma ciò che avviene prima e dopo. Prima nessuno se ne frega di come stai, dopo ti piangono. Era una brava persona... l'avresti aiutata se l'avessi pensato, no?
Sospiro, sta per succedere: da amante della vita, intollerabile del fatto di non poterla vivere bene, preferisco buttare via la mia. Addio mondo crudele, addio vita infelice... decido di scivolare dalle tegole chiudendo gli occhi...
Finché... finché una mano, una mano grande e liscia mi trattiene. Quella appartenente all'unica persona che non ti abbandonerebbe mai, quella persona che ti vuole lì con sé, opponendosi al tuo desiderio di farla finita. La persona di cui sono innamorata da ormai immemore tempo, la persona che ha saputo dimostrarmi in poco la vastità del tutto. È quella persona, quella che ti tratterebbe con la mano fino alla fine – usque ad mortem rischiando di precipitare con te."Mi avevi promesso che non avresti fatto mosse azzardate, e tu odi chi non mantiene le promesse", mi ricorda, mentre con la forza del suo corpo esile cerca di portarmi su. So che se non mi fossi messa di mia volontà non sarei mai riuscita a raggiungerla, così cerco di muovere quei muscoli irrigiditi. Poi me la ritrovo di fronte, che mi guarda con quegli occhi puliti, e penso che al mondo non esista una creatura più bella. "Hai ragione", dico, "ma non so... se ne vale la pena". "Ne vale sempre la pena", ribatte, "si tratta della tua vita, ne vale sempre la pena..."
"Voglio smetterla..." piango io, stringendo le sue mani, "voglio smetterla di stare così male, di sentirmi la vita scorrermi ogni giorno di dosso". "Sono scelte che devi fare tu, queste..." replica, "ma per quanto riguarda me... voglio che tu stia ancora un po' qui. Voglio che tu stia... con me". Quelle parole mi lasciano attonito: mai nessuno mi aveva detto qualcosa di più sentito e profondo. Mai nessuno mi era stato così vicino nei momenti di difficoltà. "Ti va se andiamo dentro?" chiede, toccandomi una spalla, "Fa freddo qui e non voglio che tu... tu lo senta".
Quella premura spontanea fa nascere un sorriso sul mio viso, tanto che sul suo volto lascio una carezza: il tenero tocco di una persona che si sente circondata di affetto, che si sente amata. Sentirsi amati, sentirsi apprezzati, sentirsi protetti, come se al mondo avessero bisogno di noi... quelle sono le sensazioni più belle. Quando percepisci che l'altro ti vede come un tesoro da preservare, che nessuno può osare profanare e il cui contenuto appartiene esclusivamente a chi ne sa riconoscere il valore. Quella persona è tutto per me: la mia perfezione, la mia felicità, il mio sogno. La vedo collocata a cavallo tra la dimensione reale e quella irreale, tra quella nota e quella ignota, tra quella umana e quella divina, come un essere mortale che però è idealizzato in una dimensione non propriamente terrena.
Osservo questa persona, la esamino con lo sguardo nelle sue movenze semplici; sta facendo il tè per entrambe, come un calmante, mentre io, avvolta nel plaid, tremo ancora per i brividi gelidi che mi scorrono da quando ho pensato di dover meritare di morire. Sono cresciuta con la convinzione che le cose si meritino, che vadano guadagnate, e che quando capitano sventure la colpa è soltanto nostra. Ma la parte più razionale di me dice che le cose vengono e basta, e per quanto dolorose dobbiamo accettarle a costo di tutto, anche di soffrire.
Ciò che mi motiva sono le persone, ma dopo ciò che mi è capitato tutti, persino chi dice di occuparsi clinicamente di me, se ne sono andati. Ma quella persona è rimasta: si è imposta sul via vai di coloro che mi hanno abbandonata, mi ha raccolta e mi ha reso propria. E ora quella persona mi appartiene, è parte di me, la parte più bella, la parte che nel profondo del mio cuore desidererei ricambiata. Ma in fondo, come affermato in precedenza, le affermazioni crollano di fronte alla potenza degli sguardi.
Guardo mentre si avvicina e mi porta il tè che beviamo insieme, poi decido di condividere il plaid: è più bello quando le cose si condividono, quando soprattutto i sentimenti si condividono, quando qualsiasi altra intrusione risulta superflua, perché sei tra le braccia di colei o colui che ami. E anche se non ti ricambia... quei sentimenti sono così forti che oltrepassano anche il dolore, quel mare di dolore attraversato dalle nostre anime, congiunti esseri vacanti in spazi remoti.
Ti osservo in quella che per me è un'immagine che deve rimanere cristallizzata nella memoria, perché risulti la persona perfetta, perché quel tuo lieve sorriso risulta per me così vero che mi fa dimenticare ogni cosa, anche che possa trattarsi di un mero sogno, o di una ingannevole illusione. Sento il tuo respiro così vicino al mio, mi sento ancora meglio, ancora più accolta, perché siamo io e te e il resto, anche il semplice muoversi, non conta. È un orpello, è evanescente, e nonostante muoia dalla voglia di andare oltre un semplice e fraterno abbraccio, mi fermo. Mi fermo perché so che al di là dell'al di là tu per me ci sei, e io ci sono, le etichette come amicizia e amore sono solo frutto di una convenzione sociale che non ha capito che i sentimenti si percepiscono, non si descrivono. Sei qui.
Io cado in te tentazione
E tutto al diavolo ma
La scienza e la religione
E virtù, e castità
Io guardo un orlo di gonna
E vedo abissi di donna
La gonna gira e mai,
Mai per me la...Dopo aver preso il tè, andiamo in camera mia e ci stendiamo sui rispettivi letti: prendo il libro che da qualche settimana leggiamo insieme e corro alla pagina in cui abbiamo fermato la lettura. Tiro uno sbadiglio e la persona mi guarda, premurosamente: "Sei stanca", mi chiede. Con un movimento contraddittorio scuoto il capo e poi annuisco, lasciando intravedere dai miei occhi tutta la stanchezza. "Però ci sono... per te", aggiungo, "mi dispiace se sono sempre così stanca, a causa di tu-sai-cosa. Vorrei davvero bruciare tutti quei farmaci". "Lo vorrei anch'io", concorda, "e... per la prima frase, sappi che adoro la tua abnegazione". Sorrido ed esprimo solo un ultimo desiderio, mentre gli occhi mi si celano di un sottile strato di lacrime e le membra mi si gelano. Il cuore palpita dolorosamente e la voce è un pezzo di ghiaccio nella gola. "Mi abbracci... m-mi abbracci per tutta la notte?"
Penso di essere stata indelicata, fin quando poi non viene da me e annuisce a sua volta, ricambiando la stretta in maniera ancora più forte. Lascio scorrere le lacrime sulla sua spalla e sento il cuore battermi nel petto: quello è il posto in cui voglio stare per sempre, il luogo reale dove convergono i sogni, la porta di corno di cui parla Virgilio nell'Eneide e che spero non diventi mai la porta d'avorio. Quella è la mia utopia.Quando mi sveglio non sei con me, dove sei? Sogno, dove sei andato? Per la porta di avorio. Mi rassegno e mi accascio sul letto: era tutta un'ingannevole illusione, un trucco creato dal mio inconscio, usato dai deboli per incutere timore. Ora sì che le lacrime sono di tristezza, sì che il mio desiderio non era che vento stretto, fumo, sogno, che mi scivola per tre volte dal petto e mi lascia stringere il vuoto più totale. Sono, nel vuoto più totale.
Affondo la testa nel cuscino e mi perdo nei miei pensieri, senza andare oltre essi, oltre l'unica cosa che vedo: la mia fine.
Ti abbraccio in sogno tutto il giorno e sto di notte sveglia. Ma era così reale il pensiero del nostro abbraccio...
Controllo poi il telefono che sta a terra e con mia sorpresa ritrovo moltissimi messaggi da parte della stessa persona, di quella persona. Mi chiede dove sono finita, perché sia scomparsa, quando in realtà mi ero persa nel suo pensiero a immaginare il suo profumo e il calore del suo abbraccio. Sorrido con le lacrime nel leggere. Sei qui.
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𝐋𝐀 𝐌𝐈𝐀 𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 ✓
Short Storyconcretizzazione del mondo onirico di un'adolescente fallita in partenza. perdonate questa povera ragazzina se tutto ciò parrà estremamente triste e/o banale