Con quella violenza

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«Sì?»

«Roby, sono io».

La voce di Luca suona stanca oltre il legno spesso della porta. E non c'è da sorprendersi. Sono rientrati a Coverciano dopo quasi sette ore di odissea da Londra – ore piene di entusiasmo e insonnia, circondati dai festeggiamenti per la vittoria dell'estenuante ottavo di finale contro l'Austria.

«Mi apri?»

C'è qualcos'altro nella voce di Luca, e Roberto ci mette meno di niente a far due più due e andare in panico.

Spalanca la porte mentre già chiede, la voce strinata d'ansia: «Stai male?»

Sul viso in penombra di Gianluca passa una nuvola scura. Sposta Roberto senza rispondere, entra nella stanza e afferra il suo vecchio amico per un braccio, tirandoselo dietro.

Poi lo lascia, si volta e chiude la porta, posando entrambe le mani sulla cornice bianca dello stipite.

Roberto fissa quella schiena solida, le spalle larghe che conosce come fossero sue, e non sa proprio cosa rispondere quando Luca dice: «Non trattarmi anche tu come fossi fatto di vetro, ti prego. Ci pensano già mia moglie e le mie figlie a ricordarmi che la malattia può tornare da un momento all'altro. Lo posso accettare da tutti, ma da te no».

«Luca, lo sai che io-»

Gianluca si volta e lo zittisce alzando un mano. Poi sorride e dice «Credo di essere una delle poche persone al mondo che ha ancora il coraggio interromperti».

Mancio ghigna storto, si siede sul letto e si passa una mano sugli occhi. Mentre Gianluca lo guarda si alza di nuovo e va verso il bagno. Apre il rubinetto girando la manopola nella direzione del segno blu. Unisce le mani e si bagna il viso con l'acqua gelata, cercando di svegliarsi. Ripete il gesto più volte, poi, finalmente, chiede: «Che c'è allora, Luca?»

Quando chiude l'acqua e raddrizza la schiena il riflesso di Gianluca lo sta fissando dallo specchio. Ha un sorriso dolce e sfinito, e quando i loro occhi si incrociano l'atmosfera diventa d'improvviso elettrica.

Distogliendo lo sguardo per un solo istante Luca afferra uno dei grandi asciugamani bianchi ancora impilati in ordine lì a fianco e dice sottovoce: «Credo sia ora, Roby».

Mancini muove automaticamente una mano per prendere l'asciugamano e sente se stesso pronunciare le parole «Cosa intendi?» come da una grande distanza: perché dentro di sé ha già capito, perché lo sa, lo sa cosa intende Luca. Forse il problema è proprio che lo sa fin troppo bene, e che per anni si è imposto di non pensarci.

Gianluca intanto gli ha afferrato e bloccato il braccio. Roberto sente la mano che gli stringe il polso lasciare la presa e poi salire fino alla sua nuca. La mano, gentile ma decisa, gli tiene ferma la testa mentre Luca passa con delicatezza il cotone morbido sul suo viso e lo asciuga.

«Lo sai cosa intendo.»

«Dopo- dopo tutti questi anni?»

Gianluca sorride lanciando l'asciugamano sulla specchiera alla sua sinistra. «Eppure mi sembra sempre ieri quando ci penso.»

«Non ne hai mai più parlato.»

«Nemmeno tu.»

«Pensavo che non volessi. Eri ubriaco quando- Pensavo-»

Roberto si ingarbuglia, troppo stanco per mettere in fila parole coerenti su una notte di molti anni prima che è molto ingarbugliata nel suo cuore.

«Tu pensi sempre troppo» interviene Luca dietro di lui, e dicendolo stringe la presa sulla nuca e lo bacia sul collo.

«Abbiamo vinto. Voglio festeggiare. Con te.»

Roberto si arrende. È davvero troppo stanco per costruire una maschera che gli permetta di respingere Luca e, soprattutto, non ne ha affatto voglia. Parte di lui è trionfante. Parte di lui sta gridando 'Finalmente' dentro al petto. Parte di lui vuole vedere fino a che punto avrà il coraggio arrivare Luca.

La mano dietro al suo collo si muove. È un movimento lento e costante, come un dolce massaggio. Le dita di Gianluca scorrono sul colletto della sua camicia, poi Roberto le sente sulla pelle. Sono stranamente morbide. Roby fa appena in tempo a chiedersi come mai prima di sentire l'altra mano scivolare sul suo petto e fermarsi lì, a palmo aperto, come se quello fosse il suo posto naturale.

«Oggi... in campo...» sussurra Luca, gli occhi che guizzano di nuovo verso il viso di Roberto.

«Era da troppo tempo che non ci abbracciavamo con quella violenza, con quell'intensità».

Mancio cerca di parlare, ma quando la mano di Gianluca si chiude e si muove le parole gli vengono succhiate via dalla gola insieme all'aria. «Sbaglio?»

Roberto scuote la testa, un nodo in gola.

«Allora che ne dici, Roby?»

Mancini fissa la mano di Luca che, riflessa nello specchio, scivola lentamente sul suo corpo.

Il respiro gli si blocca. Quanto tempo passerà prima che Gianluca si renda conto di quello che sta facendo e ci ripensi?

Non hanno più vent'anni, non sono ubriachi fradici come allora, e non c'è nessuna possibilità che Luca voglia davvero, davvero...

La mano raggiunge la cintura di Roberto e i suoi fianchi sussultano. Gianluca sorride e Roby stringe gli occhi. Vorrebbe prendersi a calci. Non riesce mai a nascondere quello che prova, quello che vuole, quando c'è Luca di mezzo. Si scopre sempre troppo presto.

Luca ha fatto una breve pausa, ma non si è fermato. La sua mano continua a muoversi fino alla cerniera dei pantaloni, poi si apre, e il palmo preme caldo contro l'inguine di Roberto.

La sensazione del tessuto che si scalda lentamente a contatto con la pelle di Gianluca induce Roberto a sospirare, lasciando andare in un lungo e tremante respiro l'aria che fino a quel momento aveva trattenuto nei polmoni.

L'altra mano di Luca intanto stringe più forte la sua nuca e costringe Roberto a voltare la testa, fino a che le loro labbra non si incontrano, appena sopra la sua spalla destra.

È un bacio profondo, lento. Due amanti che si ritrovano dopo molto tempo e che non hanno mai dubitato dell'amore dell'altro.

Poi Luca si stacca con uno schiocco dalle labbra di Roby e sposta la bocca di nuovo sul suo collo, mordicchiandogli la pelle. Roberto è all'improvviso acutamente conscio del fatto che la sua cintura sta venendo slacciata, che il bottone dei pantaloni è stato aperto, la cerniera tirata giù.

Gesù, se qualcuno fosse entrato in quel momento avrebbero perso entrambi il lavoro nel bel mezzo dei Campionati Europei. Era già un disastro quando erano due giovani calciatori, ma adesso... il Commissario Tecnico e il Capo Delegazione della Nazionale? 

Se ne sarebbero sentite di tutti i colori.

Eppure, una volta che la mano di Gianluca è sul suo centro nudo, Roberto dimentica tutto. Non sente più niente tranne la mano bollente di Luca e la sua voce che ancora gli riecheggia nelle orecchie, «Tu pensi sempre troppo», «Allora che ne dici, Roby?».

Con quella violenza, con quell'intensitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora