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Lèo's pov
Sono due settimane che vengono Margot e la sua famiglia a pranzo a casa mia.
Sto cambiando idea su Margot, è una stronzetta ma alla fine la capisco, mi rivedo molto nei suoi atteggiamenti; ha una famiglia di merda, quasi provo compassione per lei.

Nonostante ciò, la situazione rimane asfissiante, tutta questa faccenda del matrimonio si fa sempre più assurda, Margot ha persino già trovato l'abito.
E per giunta Antoine non risponde alle mie lettere.

È strano, molto strano.
Due settimane sono tante e questo atteggiamento non è proprio da Antoine.
Se ci fosse stato un problema, lui avrebbe preferito mille volte discuterne, piuttosto che sparire in questo modo.

"Buongiorno" mi piazzo davanti alla domestica.
"Buongiorno signorino Lèo" mi risponde lei cercando di farsi strada. Le blocco il passaggio.
"Sono per caso arrivate delle lettere per me?" le chiedo per l'ottocentesimo giorno di fila.
"Oggi sì, signorino"
Cerco di nascondere un sorriso.
"Eccola" me la porge con la mano traballante.
La prendo e senza ringraziare salgo di corsa nella mia camera.

Appena arrivato in camera mi fiondo sul letto e tutto sorridente apro la lettera.
Il cuore mi batte all'impazzata, questi giorni sono stati un inferno senza sue notizie.

"Caro Lèo" leggo
Che strana scrittura, non sembra la sua.
Non mi interessa, ho atteso troppo per soffermarmi su questo insignificante dettaglio.

Caro Lèo,
sarò breve e conciso.
Prima di tutto mi scuso per averti fatto attendere tanto a lungo.
In questi giorni ho riflettuto molto su di noi e sono arrivato alla conclusione che non è più questo ciò che desidero.
Non desidero più un amore segreto...se è pur sempre di amore che si parla...
Non lo so più, non sono più sicuro di niente.
Né del tuo amore, né tantomeno del mio.
Cercherò di trovare le parole meno crudeli possibili per dirtelo...
Penso di essermi infatuato del tuo fisico scolpito, dei tuoi lineamenti angelici, dei tuoi capelli dorati, non di te.
Sei un bambino rinchiuso nel corpo di un adulto.
Sei indisciplinato e viziato, sei un codardo ed un vigliacco.
Non sei ciò che voglio, non lo sei mai stato e l'ho capito solamente adesso.
Mi dispiace se ti ferirò con queste parole, ma andava detto.
Meriti una spiegazione.
Spero riuscirai a maturare con il tempo.
Contattarmi sarà inutile, non risponderò.
Io mi sono preso il mio tempo, ora tocca a te.
Stammi bene,
Antoine

Le lacrime scendono dai miei occhi senza fermarsi, aumentano sempre di più.
Sento una fitta al cuore, mi sento avvampare.
Sento caldo, caldissimo, i miei capelli sono bagnati dal sudore.

Il battito aumenta, aumenta sempre di più, è inarrestabile, mi sembra di non essere reale, mi sembra di non essere più nel mio corpo.
Mi guardo intorno cercando una qualche forma di conforto, una qualche testimonianza di realtà.

Mi alzo di scatto, mi avvicino alla sedia di fronte alla scrivania.
La prendo e la scaravento addosso alla porta della camera.

Urlo, urlo fortissimo, urlo ancora.

Butto giù tutto quello che mi trovo intorno: i fogli sulla scrivania, le matite, i libri, le scarpe, i cuscini, le lampade.
Prendo lo specchio accanto al mio letto e lo butto a terra, rompendolo.
I miei urli non finiscono, la mia rabbia, la disperazione, l'angoscia, la tristezza non finiscono.

Sento la domestica correre per le scale per poi venirmi a bussare alla porta.
"Signorino Lèo? Tutto bene?" chiede
"Via!" urlo "Vada via!"

Piangendo mi accascio per terra, con la schiena appoggiata al muro.

Perché?
Perché mi ha fatto questo?
Perché tutto d'un tratto?
Cos'avrò mai fatto di male per meritarmi quelle parole?!
Pensavo mi amasse...pensavo mi amasse.

Antoine et LèoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora