Mistero Irrisolto

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Capitolo 1 ~ Un rapimento quasi perfetto

Era un giorno come tanti e andavo a scuola come ogni santo giorno. Mi guardavo i piedi pensando a cosa avrei potuto fare una volta cresciuta ... veterinaria, psicologa, cuoca ... tutti lavori che mi piacevano, ma nessuno mi esaltava: ero preoccupata, dovevo scegliere un liceo e non avevo tanto tempo per pensarci. Immersa tra i miei pensieri, camminai in un vicolo, una scorciatoia,in cui c'erano molti gatti e cani randagi che si infilavano nei cassonetti al mio passaggio, tranne uno che mi si era affezionato . L'ho chiamato Roky e ogni volta che mi vede, si avvicina e mi striscia intorno alle gambe come un gatto. Gli do sempre un pezzo di pane che rubo da casa o un craker che ho per merenda. Quel giorno gli ho dato del pane e, dopo averlo mangiato, giocò un po' con me. Dopo cinque minuti scappò via e mi alzai. Mi pietrificai nel vedere un uomo in fondo al vicolo vestito tutto di nero con un cappello di lana. Era strano: aveva delle macchie di vernice rossa...aspetta un attimo...non è vernice é... sangue! Indietreggiai impaurita e mi scappò un urlo. Lui abbassò il cappello sul viso e scoprii che era un passamontagna e cominciò a corrrere verso di me . Mi girai per corrrere via: mi trovai faccia a faccia con un complice dell'uomo che correva. Mi avvicinai al muro e ci appoggiai le mani: era umido e pieno di muschio. Inciampai nei miei stessi piedi. Mi feci un male cane alla schiena, ma lui mi afferrò per un braccio e mi fece rialzare. Mi tenne stretta al braccio destro e lo strinse fortissimo. Stavo per chiedere aiuto,ma mi minacciarono di morte. Cercai di liberarmi, ma mi strinse ancora di più il braccio spezzandomelo. Faceva malissimo e cercavo di non piangere. Diventai tutta rossa, peggio di un pomodoro, e gli occhi si gonfiarono. Cominciava a fare molto caldo, o ero il o non mi ero accorta del sole. Tremavo tutta, ero un tic vivente , non era vero, ormai ero lì, ormai mi avevano presa, ormai ero spacciata. Ero sicura che la mia fortuna che non mi aveva mai abbandonata fosse finita. Ero lì, davanti a loro, cosa potevo fare... urlare? Mi avrebbero uccisa... picchiarli? Erano troppo muscolosi... attendere qualcuno? Era la più sicura. Dopo tutto cercavo sempre di liberarmi da quella stretta anche se stavo morendo dal dolore. Dopo essermi dimenata per più di un quarto d'ora, allentò la presa e mi rilassai per il dolore che era diminuito. Si scambiavano di continuo delle occhiate strane finchè un furgone nero arrivò davanti al vicolo. Scese un uomo vestito tutto di blu e nero che cominciò, appena arrivato davanti a me, a frugare nel mio zaino e nelle tasche della mia giacca. Trovò il mio telefono e la mia tessera della metropolitana e disse: " Si chiama Desirèe, non so quanto guadagneremo col riscatto, ma sono certo che dobbiamo ferirla in qualche modo o non ci crederá mai nessuno." tirò fuori un coltellino e mi disse:"Che peccato rovinare questo bel faccino..." . L'uomo che mi teneva ferma mi prese per entrembe le braccia e mi tenne ferma piú di prima. Prima che mi potesse graffiare, uno sparo lo raggiunse alla mano e il coltello volò in aria facendomi un taglio sulla guancia. Tutti i rapitori si gettarono ad aiutare l'uomo ferito. Aveva la mano piena di sangue, ma riuscí benissimo a dire : " Ritirata, tutti sul furgone!". Corsero tutti verso il veivolo e scapparono via. Io ero a terra sconvolta per l'accaduto con la guancia sanguinante e il braccio spezzato. Ero messa male, ma niente mi impedí di alzare la testa e vedere una donna con la figlia accanto. Lei si chinó e mi disse:" Ciao, io sono Stella e lei è Corinne mia figlia. Hai subito un nel trauma oggi, se vuoi posso chiamare tua madre e dirle la situazione. Peró io devo chiamare il 118!E..." io la interruppi dicendo :" Il non ce l'ho la mamma".

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