Anno 1973.
In quel del viterbese era tutto tranquillo, se non per quel dannato vento, Ponentino, si poteva ipotizzare, tipico della stagione estiva.
Soffiava forte e imperturbabile, facendo oscillare i fragili rami degli alberelli d'ulivo appena piantati dai contadini di zona.
L'ululato del vento riempiva le stanze dei ragazzi, che, avendo appena terminato l'anno scolastico, si intrattenevano giocando a Risiko, che al tempo, stava riscattando una certa popolarità. L'unico a non divertirsi, in quella calda giornata di agosto, era Teo.
Il giorno successivo sarebbe stato il suo 13esimo compleanno, e lo avrebbe dovuto passare solo con i suoi genitori, dato che non era propriamente pieno di amici.
La madre lo rassicurava: ella sosteneva che, non appena varcata la soglia della sua futura scuola superiore, si sarebbe riempito di persone che gli volevano bene. Teo le rivolgeva un sorrise tirato e annuiva, consapevole che le premonizioni della madre erano sbagliate.
Per la sua percezione delle cose, sarebbe rimasto solo a vita. Era questo quel che si ripeteva il neo adolescente ogni volta che si guardava allo specchio. Nemmeno i suoi compagni di classe, cui aveva offerto un invito alla sua festa, fatto di una delicata carta da zucchero azzurra con una scritta indaco, scelta da lui in persona (dopo averla ritenuta la più elegante) si erano palesati alla festa.
Erano solo Teo, mamma Gemma e papà Gabriele, come i vecchi tempi.
Il suo tredicesimo compleanno non fu drammatico come si aspettava. Dopotutto la presenza dei suoi genitori, anche dopo il loro divorzio, gli era cara. Adorava i caldi abbracci di sua madre, anche con il clima estivo, soprattutto perché poteva percepire quel leggero aroma di rosa che la donna emanava. Infatti una delle sue più grandi passioni erano il giardinaggio, e nello specifico, la cura dei suoi fiori. Ogni anno si vantava di quanto il suo amato rovo di rose rosse crescesse prosperoso. Fu una passione che, aiutando sua madre nella cura del giardino, sviluppò anche Teo. Il padre sosteneva che fosse una cosa da donna, e che lo facesse sembrare un po' effeminato, ma dopotutto Gabriele non era un uomo cattivo, e questo Teo lo sapeva bene.
Adorava andare in giro con suo padre nei boschi vicino Viterbo. Durante la sua prima escursione, all'età di quattro anni, Teo trovò un aculeo di un istrice. Fu il suo piccolo tesoro al punto che, dopo nove anni, ancora lo conservava come se fosse una reliquia. Durante il divorzio dei suoi genitori, il ragazzo portava sempre l'aculeo con sé, e lo usava spesso come segnalibro, dopo che Gemma si accorse delle "abberranti orecchiete" fatte alle pagine dei suoi amati libri, che teneva con tanta cura.
La suddetta separazione avvenne in modo tranquillo, niente liti, urla, piatti rotti o schiaffi, come si vedeva nei film in TV.
Gabriele e Gemma non erano i soliti coniugi degli anni 60'/70'. Gabriele era un uomo d'onore e proprio perché era cresciuto in una famiglia con un padre violento, per contrapposizione, aveva imparato i saldi principi di una relazione sana e, nonostante fosse un uomo dagli atteggiamenti talvolta rudi, non aveva neanche mai pensato di alzare le mani su Gemma, ne era troppo infatuato. Il giorno in cui decisero di divorziare ci fu una lunga conversazione: constatarono che tra di loro non c'erano più quei sentimenti puri di un tempo, né tantomeno l'affinità che li univa così saldamente e irreversibilmente, capendo che forse era meglio finirla così. Non si erano mai lanciati occhiate cariche di odio come tutte le coppie che si divorziavano in quel periodo, ma solo sguardi dolci, come di due amici d'infanzia, perché in fondo, prima di essere amanti, erano proprio questo.
Per Teo, risultava strano vederli riuniti, dopo anni, il giorno del suo compleanno. Gli sembrava bizzarro come, dopo anni di amore, riuscissero a parlare senza disagio, ignorando tutto ciò che c'era stato tra di loro. Un flusso di nostalgia penetrò il cuore di Teo, che quasi si mise a piangere nel vedere i suoi genitori così vicini, ma così lontani. Però, stringendo gli occhi, riuscì a ricacciare le lacrime esattamente da dove venivano, come diceva quella famosa canzone dei The Cure, "Boys dont cry". Purtroppo Teo non potè usufruire della canzone per tirarsi su di morale, perché sarebbe uscita solo 6 anni dopo, in una calda giornata di agosto, proprio come nel giorno del suo compleanno.
Teo non fu insoddisfatto dai regali, ma non si potè considerare nemmeno totalmente aggradato. La madre, Gemma, gli regalò una boccetta di quella fragranza a lui tanto cara. Era una piccola ampolla in vetro con un'etichetta giallastra, che citava "acqua di rose". La grafia della mamma gli metteva tanta allegria, la trovava divertente. Papà Gabriele invece gli diede un pacchetto un po' sbilenco (probabilmente incartato da lui) con un bigliettino attaccato. "Al mio figliolo Teo, tanti auguri!!". Il ragazzo staccò delicatamente il foglietto, cercando di non rovinarlo, e lo ripose, sul pavimento. Aprire i regali per terra durante il proprio compleanno era una tradizione di famiglia. Scartò il pacchetto e trovò un paio di scarpe converse, quelle che desiderava. Saltò al collo dell'uomo e lo ringranziò, promettendogli che non le avrebbe più tolte.
Si rese conto il giorno dopo che non ringraziò la madre allo stesso modo, e si sentì profondamente in colpa. La donna doveva lavorare duramente per prendere un salario neanche lontanamente simile a quello del padre e Teo non capiva perché la società dovesse imporre queste differenze, non le sopportava. Così, quatto quatto, andò dalla mamma e la abbracciò, mentre cucinava. Lei si girò, ricambiando dolcemente quel segno d'affetto improvviso.
«Mi sono messo la tua acqua di rose!» esclamò il giovane liberandosi di quel caloroso abbraccio. La donna sorrise e disse poi «Guarda che non te l'ho mica regalato per mettertelo», e notando l'espressione interdetta di Teo aggiunse «Vedi, tu hai quell'aculeo che hai trovato con tuo padre, che porti sempre in giro con te, dovunque andiamo. Io purtroppo non ti ho mai potuto portare da nessuna parte, ma volevo comunque che avessi qualcosa che ti ricordasse me, anche magari quando un giorno io... non ci sarò più». Teo si bloccò. Non aveva mai pensato concretamente alla morte dei suoi genitori. Aveva sempre evitato quel pensiero, lo temeva. Erano le uniche persone che gli volevano bene davvero e non voleva pensare a quando se ne sarebbero andati. Stavolta non trattenne le lacrime, ma le soppresse in un secondo abbraccio. Durante uno di quelli che Gemma definiva "i sacrosanti momenti madre-figlio", suonarono alla porta. La donna si tolse la parannanza dalla vita e la poggiò sul davanzale. Chi poteva essere che suonava alla porta dei Morelli alle tre di uno dei pomeriggi estivi più caldi di tutti?
Spazio Autore
Benvenuti nella nostra storia. Potete notare l'ambientazione un po' diversa dal solito. Anche il nostro stile è cambiato molto, nel tempo, spero che questo non vi turbi.
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baci <3
-D&C
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Boys Don't Cry
Teen Fiction"Anno 1973. In quel del viterbese era tutto tranquillo, se non per quel dannato vento, Ponentino, si poteva ipotizzare, tipico della stagione estiva. Soffiava forte e imperturbabile , facendo oscillare i fragili rami degli alberelli d'ulivo appena...