↪𝐏𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐨 ↩

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«Lascialo stare!» Tutti si voltarono di scatto verso di me, ma dopo aver capito chi fossi scoppiarono a ridere, fregandosene

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«Lascialo stare!»
Tutti si voltarono di scatto verso di me, ma dopo aver capito chi fossi scoppiarono a ridere, fregandosene. Tranne lui, che mi guardava con un misto di ammirazione, speranza e paura.

Ma in realtà, ero io quello sbalordito.
Io stesso, non avevo detto nulla.

Era da un mese che desideravo che questa mattina non arrivasse mai, e, a quanto pare, non ero l'unico a pensarlo dato che fuori era scoppiato un temporale

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Era da un mese che desideravo che questa mattina non arrivasse mai, e, a quanto pare, non ero l'unico a pensarlo dato che fuori era scoppiato un temporale.

Ma quella piccola dose di speranza accumulata dentro di me ancora prima di svegliarmi del tutto si dissolse subito, due gocce d'acqua non avrebbero fermato lo spettacolo.

Al solo pensiero soffocai un'amara risata per poi richiedermi:
"Avevo davvero paura di una stupida recita di fine anno?"

Intanto la risposta era sempre positiva.

Odiavo parlare in pubblico, avevo un solo amico e i bulli mi pestavano perché non riuscivo a difendermi.

Proprio io dovevo essere scelto per interpretare il protagonista?

Ogni qual volta che mi svegliavo, la mattina, speravo si trattasse di un incubo, ma col passare dei giorni capii quanto questa situazione fosse maledettamente reale.

Solo in quel momento mi accorsi di essere in ritardo.

Imprecai in silenzio alzandomi di corsa dal letto, quei minuti di riflessione mi erano costati cari.

Non tardavo mai e per di più stavo facendo aspettare Archie, forse l'unico che non mi aveva ancora voltato le spalle.

Uscii di casa senza fare colazione e mi maledissi, perché, non essendo passato dalla cucina, avevo dimenticato di prendere l'ombrello.

Inutile dire che dopo una decina di secondi, ogni parte del mio corpo fosse grondante di acqua.

Nonostante questo cominciai a correre mentre l'orologio da polso mi avvisava di essere in ritardo di ben cinque minuti.

Arrivato nello spiazzale scolastico, fui costretto a fermarmi per riprendere fiato, ma in seguito non ebbi nemmeno il tempo di cercare Archie con lo sguardo, che udii un grido strozzato propagarsi nel cortile ormai vuoto.

Seguii il suono col cuore a mille e corsi verso la parte posteriore e più trascurata della scuola.

Il temporale sembrava essersi calmato ma continuava ad essere fastidioso camminare con gli occhi offuscati da qualche goccia solitaria che ancora si ostinava a cadere.

Però misi a fuoco.

Il mio amico era accerchiato.

Due ragazzi lo tenevano per le braccia, infischiandosene della pioggia e ridacchiando di tanto in tanto.

Poi c'era lui: Peyton.

Quel bastardo non ci lasciava in pace da anni ormai, e ora non ci pensava due volte prima di riempire di pugni il povero Archie.

Ma improvvisamente una voce li fece voltare tutti verso di me, o almeno era quello che credevo, perché io non avevo aperto bocca.

«Lascialo stare!»
Una chioma rosso fuoco alle mie spalle, mi passò affianco incamminandosi decisa verso il suo obiettivo.

Si soffermò a due centimetri di distanza da Peyton per poi ripetere:
«Ho detto: Lascialo. Stare.»

Quest'ultimo, colpito dall'assurdità del momento fece per ridere, ma lei, senza preavviso, gli diede una ginocchiata ai genitali, talmente forte da fare emettere almeno cinque acuti diversi al bullo.

Con la coda dell'occhio vidi Archie, a terra, bagnato fradicio, con un occhio nero ed un bel po' di lividi dappertutto, eppure sorridente; pregustava la vittoria.

Io invece restavo immobile, tanto da non capire più nulla, intrappolato in quel blocco di ghiaccio che si era formato da quando ero arrivato.

Ma non ebbi lo stesso il tempo di reagire, perché la situazione cominciò a ribaltarsi in modo decisamente peggiore.

Peyton, d'un tratto sembrò riprendersi e con un colpo deciso, diede una secca gomitata nel naso di lei, che, presa alla sprovvista, cadde.

Forse, solo in quel momento, la rabbia cominciò a scongelarmi e a divampare dentro di me.

Mi precipitai verso di lui, senza un briciolo di pietà ne tanto meno di paura, e cominciai a prenderlo a pugni e a calci, approfittando del fatto che lui non se lo aspettasse.

Per un istante intravidi lei, i capelli rossi spettinati e sparpagliati ovunque, il naso sanguinante ma uno sguardo colmo di determinazione stampato in faccia.

E, probabilmente, quella fu l'ultima cosa che vidi perché, subito dopo, mi arrivò un pugno dritto in faccia, talmente forte da mandarmi al tappeto.

Mi risvegliai sempre sul cemento bagnato ma con un mal di testa lancinante, in parte causato dal colpo di Peyton, in parte dal fatto che, tempo tre secondi, Archie aveva iniziato a farmi centinaia di domande.

Alzandomi a fatica, presi a guardarmi in torno, mentre la pioggia ricominciava a cadere imperterrita.

Lei era scomparsa.

Lei era scomparsa

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𝐒𝐭𝐚𝐥𝐤𝐞𝐫 || 𝘰𝘳𝘪𝘨𝘪𝘯𝘢𝘭 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘺 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora