San Gennà aiutali tu.

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Avevo esattamente 8 anni quando mio papà mi buttò a calci in culo nel lavoro su cui si basava il sostentamento della nostra famiglia: fare la pizza. Ma non una pizza normale, una signora pizza, dovevano invidiarci tutto nel rione e mio padre iniziò a farsi il vanto che suo figlio, il primogenito, ancora con i denti da latte, aveva gia iniziato a far girare la pasta su una sola mano.

"Metti il pomodoro così, con delicatezza. Devi vederlo spandersi con amore"

"Quando tutto è pronto un filo d'olio, lo diceva pure Pullcinell che l'olio sulla pizza è la morte sua"

Al lato del forno ci sono le pale, quella per infornare e il pallino, una pala con disco circolare di acciaio che serve per girare la pizza nel forno.

Prendi la pala metti la farina con le dita a becco di struzzo e piazzaci la pizza.

E poi in forno.

Prendi il pallino, gira a destra. Posalo. Prendi il pallino di nuovo e gira a sinistra. Posalo.

Prendi il pallino, controlla sotto se è bella dorata.

Prendi la pala e caccia la pizza.

Un'arte. Un'arte che deve essere compresa e svolta minuziosamente per ottenere dei buoni risultati.

E' pronta, servi e goditi l'espressione estasiata di chi la mangia.

Al Rione San Gaetano cresci in fretta. Al Rione devi farti venire la voglia di crescere.

I miei coetanei, ad oggi, quelli che ne restano almeno, vagabondano in cerca di qualcosa di concreto, vivendo la vita dei genitori, con i soldi dei genitori, con le macchine dei genitori e con i genitori.

Napoli è stupenda, ma quando ti travolge non ti fa uscire più. Come le onde del mare fanno con le piccole barche, se il mare è agitato non c'è via di scampo e Napoli era il mare agitato. Il marinaio mette in conto che se o' mar si scazzec è furnut a fest, noi giovani mettiamo in conto lo stesso quando cresciamo.

Quello che scrivono nei libri, quello che mostrano nei documentari, quello che Robertino ha scritto è in parte, gran parte, vero, ma non si deve vedere all'esterno, perché il rione è rione solo se ciò che fai resta qui e non esce, neanche le mosche escono più da qui.

Ma non siamo malvagi, cattivi, crudeli, abbiamo solo uno stile di vita diverso. Ecco non fraintendetemi, non è che la nostra vita è uno stile di vita, ma campiamo di stenti e sacrifici, non ce ne vergogniamo, dove mangia uno ne mangiano altri centro e le nonne qui hanno altri 10 nipoti che non sono sangue loro solo perché si vogliono bene e quindi preparano le polpette per tutti.

Ecco questo siamo. Una scodella di polpette per tutti, un posto a dormire per chi ne ha bisogno, un piatto di pasta a chi ha fame. Non siamo solo guerriglia, scippi e pistole. Non andiamo in giro con una 44 magnum come nel far west. E soprattutto non uccidiamo.

Siamo solo giovani che crescono in fretta, figli e padri di altrettanti giovani cresciuti in fretta, di mamme con il grembiule che puliscono sempre e pantofole che volano qua e la.

Il mio piccolo spazio al mondo l'ho strappato a morsi, seguendo mio padre, imparando un mestiere, scalpitando per non fermarmi solo nel piccolo Rione dove sono nato, cresciuto e pasciuto.

Ecco il perché oggi ho deciso di inviare quella lettera. Dieci righe su di un foglio bianco, con una data e una firma, sottoscrivendo la voglia di partecipare alle selezioni di una gara per aggiudicarmi un posto nel ristorante più rinomato d'Italia al fianco di uno chef stellato Sono pazzo? Si. So fare solo la pizza? Ovviamente No. Ho paura? A quantità.

"Ciro! Ciro! Vien a ca'!"

"Dimmi a no'"

Il profumo del sugo inebria le mie narici e il mio stomaco balla la macarena perché sa che quelle polpette finiranno presto per essere divorate dal sottoscritto.

"Di a quello scellerato di tuo fratello che ci sta l'amico suo che lo aspetta giu. Non sente mai."

"Va bene no', stai tranquillalo avviso io"

Le do un bacio sulla guancia, delicato quanto lei, prima di lasciare la cucina con una polpetta in mano e un'altra in bocca.

Casa mia è piccolina. Non ci lamentiamo , di questi periodi è pur sempre una casa ed è pur sempre una benedizione, ci stiamo stretti, ma è una casa popolare, a 10 euro al mese e ce la facciamo andare bene. Percorro il piccolo corridoio che porta in camera mia e di mio fratello e spalanco con uno schiaffo la porta scoprendo un Vito intento a giocare al telefono.

"Vito! Vitooooo! Ma nun c sient mai"

"Oh, c rè?"

"Mario sta giu, ti sta aspettando, muovt."

"Aine. "

Vito è più piccolo di me di due anni e tre mesi.

Ha scelto di vivere alla giornata, dopo aver abbandonato le scuole superiori. Con ha scelto di vivere alla giornata, intendo, vivere in mezzo alla strada. L'unica cosa che gli ho sempre detto è che il giorno in cui lo avrei trovato impugnare una pistola, sarebbe stato l'ultimo giorno in cui ci vedeva riuniti allo stesso tavolo. Non sono un ragazzo senza scheletri nell'armadio, di cazzate ne ho fatte e non penso sia questo il momento di sputtanarmi in toto, ma ci sono delle situazioni dalle quali non torni indietro e ti segnano a vita e le cicatrici sono dolorose.

Nella mia famiglia siamo in sei. Mio padre, un pezzo di uomo da 60 anni suonati, il mio maestro, il pizzaiolo del rione, non ha mai preteso nulla di che solo di guadagnare per quello che fa, ma ragionare come i milanesi qui non aiuta. E dico come i milanesi perché prima di avere me il ragazzone qui voleva sfondare a Milano, peccato che l'unica cosa che ha sfondato poi lo ha riportato giù. Ora evitiamo il sarcasmo. Vabbè ve lo concedo un pò fa ridere. Si lamenta ogni giorno, del freddo, del caldo, della pioggia, dell'acqua frizzante, delle polpette della nonna, del figlio che non prende una strada, della strada persa dell'altro figlio, e tante altre mille cose che a confronto la lista della spesa di gordon ramsey non è nulla. Da quando si sveglia, a quando chiude entrambi gli occhi e russa, è un continuo "Ciro prendi quello" "Ciro fai così" "Ciro non fare arrabbiare la nonna" , il mio nome viene masticato, impastato e sputato fuori qualcosa come 500 volte in un solo giorno.

Ma lui non è solo quello, è il porto sicuro dopo che la mamma ci ha lasciato. E' la raccomandazione di non fare tardi, di portarsi dietro le chiavi o l'ombrello, è stato a tutti i colloqui scolastici e segue ancora quelli di mia sorella, la più piccina. Si siede e la segue nei compiti. Si siede e si lamenta tutta il tempo, ma almeno la segue, e dove non capisce chiede a noi.

Ha fatto tanta strada da quando non prepara più la pizza per nostra madre, ma quella strada lo porta sempre solo a casa, con noi, e finisce al portone.

"Nonna vado da Annamarì, devo portarle delle cose, e poi vado da papà. Ienn ienn vac a post, tieni bisogno di qualcos?"

"None a nonn, dici a patet che la bolletta della luce è scaduta, sta ca."

Afferro le chiavi del mezzo e mi dirigo al portone. La posta a momenti chiude e io devo fare la raccomandata, a tutti i costi.

"Ciro! Mi compri le figurine dei Me contro Te?" Una figura piccola e snella corre dalla sua stanza al corridoio in pochi secondi, sbracciata come se fosse un polipo a galla e buffa quanto lo stesso polipo a galla.

"Rosa non vado al tabacchino oggi, un altro giorno va bene?"

Mia sorella mi guarda con fare minaccioso, nei suoi 12 anni e un metro e un pollice di altezza è li che mi fissa in preda a non so quale ben preciso sentimento, se vuole fustigarmi ed appendermi al balcone sperando si rompa ed io resti schiacciato oppure mirare a qualcosa di silenzioso, lento e doloroso nel sonno, comunque fatto sta che le do un bacio sulla tempia e scappo prima che metta in atto il suo piano malefico.

Rocky è sempre li che mi aspetta al fianco del motorino che da anni è l'unico mio mezzo di spostamento, scodinzola ed è felice di vedermi, ed almeno lui non progetta di uccidermi mentre dormo. Oppure non lo so.

"Ciao bello, torno dopo a portarti qualcosa ok?"

Solo la parola manca a loro, ecco che diceva mia mamma. 

Un'amore come un BabàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora