Il Signore del Tempo guardò fuori dalla porta: dove ad appena trecento anni avrebbe visto lo spettacolo della vita, ora vedeva l’aridità della morte.
Slam! Sbatté la porta e le diede le spalle. Gli occhi cerchiati da profondi solchi fissarono la console del TARDIS, ma al contempo la vista vagava nell’ignoto. Proprio questo era il problema. L’ignoto aveva perso la sua caratteristica portante. Dopo duemila anni di viaggi ininterrotti si sarebbe detta normale quella battuta d’arresto. Eppure il Dottore non riusciva a rassegnarsi all’idea.
A qualche istante di incertezza seguì il movimento dinoccolato verso gli strumenti di navigazione. «Nascita di Callisto Pioppo: già fatta» disse tra sé sconsolato. «L’ultima colazione di Gesù Cristo: quello sì che è stato un party! Potrei dare una mano ai Dalek nella conquista dell’universo: Dottore, dovresti ascoltarti quando parli da solo.»
Allora inserì delle coordinate a caso, Vroop! Vroop!, e il TARDIS atterrò. Con un altro dei suoi scatti sgraziati andò alla porta e la spalancò.
Due planetoidi in rotta di collisione. L’esplosione silenziosa. Rottami.
«Come tutti gli altri sistemi solari» commentò annoiato. «Dammi qualcos’altro.»
Coordinate. Porta. Universo.
La nebulosa di Parsec, il forno multicolore nei cui fumi alti milioni di anni luce venivano cucinati gli elementi che avrebbero dato vita agli eroi parsechiani, quali Mengolas, Xerox il Brutto e Vintaro.
Il crollo della civiltà Sansolingia, la quale, dopo aver scoperto i segreti del viaggio interstellare, aveva conquistato pacificamente oltre diecimila galassie, per poi essere annientata da due Sontaran in congedo.
La prima della decima di Cyber-Beethoven, attento a non imbattersi nelle sue precedenti e future incarnazioni.
Il Dottore sedette pensieroso nel TARDIS e annunciò: «Tutto. Ho visto tutto. E… lo odio.»
Un’astronave infinita. Un cosmo in espansione. Il Signore del Tempo, l’ultimo della sua specie, l’anziano che aveva imparato ogni lingua mai parlata, che aveva toccato il cuore di ogni forma di vita, si sentì d’un tratto piccolo e solo… e arrabbiato. Arrabbiato, perché lui alla vita ci si aggrappava sempre, nonostante tutto, nonostante avesse superato la sua ora da un pezzo, nonostante si detestasse.
Così prese una decisione.
Si alzò e con apparente calma disattivò i controlli di sicurezza. Portò la mano sulla tastiera per inserire le nuove coordinate.
Ma, digitato il primo numero, accadde qualcosa di imprevisto: il TARDIS cominciò la fase di decollo.
«Aspetta, stupido ferro vecchio!» gridò il Dottore, aggrappandosi alla console per non cadere, mentre tutto intorno a lui vibrava come in pieno terremoto. «Oh, non fingere di aver capito. Zitta! Zitta! Smettila e ridammi il controllo.»
Al che il TARDIS atterrò da qualche parte con un tump.
Il Dottore si tirò cautamente in piedi. Aveva il petto in fiamme. Per un minuto buono attese altri segni di vita da parte del TARDIS, ma niente, sembrava che tutto si fosse calmato. Il Dottore corse verso il monitor per scoprire dove fosse finito. Lo schermo era nero. Nonostante i ripetuti schiaffi non voleva saperne di accendersi.
Non era una prima volta, certo, ma il Dottore avvertì una strana sensazione allo stomaco, come di budella intrecciate: fuori dalla porta del TARDIS attendeva l’ignoto.
«Quanto. Sei. Sexy.» A ogni parola il Dottore faceva una pausa per baciare lo schermo. «Ma non farti strane idee» aggiunse subito dopo.
Riassestò la giacca e impugnò il cacciavite sonico. Poi uscì.
«Ti sembra questa l’ora di presentarsi?»
Illuminata dal chiaro di luna, la chioma tutta arruffata, Clara increspò la fronte, un cipiglio che mal celava la gioia di quel suono unico che tanto aveva atteso nell’ultima settimana.
«Clara.»
Dovette pronunciare il suo nome per crederci davvero. E allora, quando quella dolce musica permeò l’aria profumata della camera da letto, il Dottore comprese. Avrebbe potuto ripercorrere le stesse strade infinite volte, ma ogni passaggio era diverso dal precedente. Il Signore del Tempo non aveva due cuori: ne aveva tre, talvolta di più, quanti erano le persone da lui amate.
Il Dottore fece un passo verso il letto.
«La nebulosa di Parsec» disse in stato di esaltazione, «il crollo della civiltà Sansolingia, Cyber-Beethoven. No, non ho contratto un disturbo del linguaggio. È tutto là fuori, Clara, tutto là fuori che ci aspetta. Te e me.»
Clara nel suo pigiama bianco, avvolta da calde coperte, gli ricambiò il sorriso. «Te e me.»
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Doctor Who
FanfictionVarie fan fiction su Doctor Who. Spero di scrivere solo one-shot, ma chissà, in futuro anche qualcuna più lunga.