Parte 3

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Grazie a Dio era venerdì. Quel giorno sarebbe stato l'ultimo delle lezioni prima degli esami della sessione estiva. Quando terminavano le lezioni, da una parte ero sempre contenta per il fatto che non dovevo più svegliarmi a orari predefiniti e fare combaciare tutte le lezioni in università tra di loro. Allo stesso tempo, però, questo significava anche iniziare a mettermi sotto con lo studio, cercando di recuperare il più possibile e confidando nella gentilezza e nella bontà dei docenti durante gli esami. A microeconomia Angela mi raccontò nuovamente di un suo ex, anche se la mia era altrove. Continuavo a pensare a mia madre e a quello che mi aveva detto nel sogno. In realtà, adesso da una parte ero più tranquilla e serena. Iniziavo a vedere in modo positivo il sogno, come se fosse un momento tra me e mia madre, ed era da tempo che non potevamo permettercelo, per ovvie ragioni. Certo, nessuno vorrebbe vivere un sogno del genere ogni singola notte. Una va bene, due anche, ma tre... E chissà ancora per quante altre volte di fila avrei fatto lo stesso identico sogno e cosa sarebbe successo. Non si trattava di un vero e proprio incubo, perché di fatto non lo era, ma vedere una persona morta in sogno non è mai una bella cosa, soprattutto se sei molto suscettibile.

Nel pomeriggio, mentre attendevo in aula l'arrivo del docete di diritto, curiosai un po' su internet. Ho letto di molte altre persone che, come me, avevano rivisto parenti e amici defunti in sogno. Alcuni affermavano che avevano parlato con loro della sofferenza che avevano provato mentre stavano morendo o di cosa c'è nell'aldilà, ammesso che ne sia uno. Tutte cose da fare rabbrividire, anche se il sogno che facevo io era diverso da tutti quelli. Niente di trascendentale, nessun discorso sulla reincarnazione o qualcosa di simile. Eppure, la frase che aveva detto mia madre era stata chiara e concisa.

«Lo so che non dovrei essere qui. Sono venuta a farti una visita.»

Sembrava proprio che fosse consapevole di trovarsi nel posto sbagliato. Forse sapeva che era morta e che si trovava nel mondo dei vivi, chi lo poteva sapere? Inoltre, la sua allusione a una visita mi faceva capire che era consapevole anche di quello. Era come se fosse venuta dall'aldilà per farmi una visita tra i vivi. Forse, però, era solo frutto della mia suggestione. Ammesso e non concesso che si possa credere davvero a una sorta di ponte tra vivi e morti, perché mia madre aveva deciso, dopo ben tre anni, di farsi viva attraverso i miei sogni?

Quella sera, quando tornai a casa, mi misi subito a studiare qualcosa. La mia concentrazione, tuttavia, era ridotta al minimo sindacale, e leggevo le frasi del libro in preda a una sorta di automatismo. Le materie economiche non mi erano mai piaciute; d'altronde, avevo frequentato il Liceo Classico. Era stata mia madre, all'epoca dei miei 14 annoi, ad appoggiarmi in questa mia scelta. Anche mio padre ne fu felice, dicendo che ero una ragazza molto intelligente per la mia età, e che era fiero di me. Se ripensavo a come era diventato invece il nostro rapporto adesso che non c'era più mia madre, mi veniva da piangere. C'era una parte di me che sentiva costantemente la sua mancanza, ma sapevo anche che ogni mio tentativo sarebbe stato inutile. Inoltre, cercavo di capire anche lui. Era rimasto molto scottato dalla sua morte e aveva semplicemente bisogno di stare da solo. Io non gliene facevo una colpa, ma una cosa era certa: oltre a mia madre, avevo perso anche mio padre.

Le cene con mio padre erano sempre molto silenziose. Al massimo si sentiva il rumore della forchetta che sbatteva contro i piatti e la Tv in sottofondo. Da parte sua mi potevo aspettare solo qualche breve domanda di circostanza, ma senza andare troppo nel dettaglio. Se mi chiedeva se in università era andato tutto bene, potevo ritenermi fortunata. Quella sera, però, cercai di intavolare un vero discorso. Nel pomeriggio mi era balenata l'idea di parlare a mio padre del mio sogno ricorrente. Viste le sue difficoltà a superare la sua perdita, avevo pensato che parlare di lei sarebbe stato un buon modo per lasciarsi tutto alle spalle. Certo, non mi aspettavo che in una cena la sua freddezza si sarebbe sciolta e avremmo parlato di mia madre come argomento preferito, ma almeno non avremmo più cercato di evitare l'argomento.
«Stanotte ho sognato la mamma...», dissi a voce bassa, non staccando gli occhi dal mio piatto.
Lui non rispose subito, gli ci vollero alcuni secondi di ricognizione. «In che senso?»
«In realtà è già tre notti di fila che la sogno. La sogno qui in cucina, mentre prepara i pancake. Io arrivo e ci scambiamo due parole. Niente di che.»
Notai che lui mi fissava, quasi incredulo, ma non riuscii a interpretare il suo sguardo.
«Ti ha detto che è venuta qui a farci visita?»
A quella domanda impallidii. Lascia cadere la forchetta sul piatto e sgranai gli occhi.
«Anche tu sogni la mamma?»
Lui annuii e si schiarì la voce. «È la terza notte di fila che la sogno. Per quello l'altro giorno ho preparato i pancake, perché mi sono ricordato che lei li preparava spesso.»
Io non seppi cosa dire. Era davvero possibile che anche mio padre avesse fatto praticamente lo stesso sogno, ma dalla sua prospettiva? Non c'era una ragione logica dietro tutto ciò. E se mia madre fosse entrata nei nostri sogni per parlare con noi?
«Non starai davvero credendo a quella storia dei morti che parlano son i vivi in sogno», mi disse mio padre, come se mi avesse letto nel pensiero.
«N-no... no, certo che no.»

Prima di andare a dormire, ero stranamente felice. Mentre la sera prima ero terrorizzata all'idea di rifare lo stesso sogno, adesso era contenta all'idea. Quando avrei rifatto il sogno, avrei cercato di fare il più possibile. Dovevo approfittare di quei momenti con mia madre. Era probabile che volesse dire qualcosa, sia a me che a mio padre. Quella notte presi sonno quasi subito.

Quando mi svegliai, mi resi conto che stavo sognando. Ormai avevo imparato a riconoscere quando ero sveglia e quando stavo facendo quel sogno, anche se era molto realistico. Mi alzai subito dal letto e andai in cucina. Lì trovai, come sempre, mia madre, che cucinava i pancake. Mi diede il buongiorno, io ricambiai e le sorrisi. Non volevo perdere nemmeno un minuto del tempo che mi restava a disposizione.

«Allora? Cosa mi racconti mamma?» le chiesi disinvolta, come se fosse una domanda normalissima.
Lei curvò le labbra, lo faceva spesso. «Niente di che. Sto bene, tutto qua.»
Quella frase mi riempì il cuore di gioia. Ero contenta che stava bene. Ammesso naturalmente che fosse davvero lei che mi parlava, direttamente dall'aldilà o da chissà dove. Mi sedetti a tavola e poco dopo mi raggiunse anche lei, che si mise davanti a me.
«Perché sei venuta a farci visita?» le chiesi. Volevo saperne di più ed ero incuriosita dalle risposte che mi avrebbe dato.
Lei sollevò le spalle. «Così, non sapevo cosa fare.»
«Sicura?»
Lei ci pensò un po' su. «In realtà sono venuta perché ho intuito che avevate bisogno di me.»
Parlava la plurale, esattamente come avevo fatto io. Aveva compreso che mi stavo riferendo a me e a mio padre. Anche se non ero totalmente cosciente di me, essendo in un sogno, quella risposta mi fece rabbrividire. Era stata esattamente la mia supposizione.
Io la guardai attentamente, cercando di registrare con gli occhi ogni suo piccolo particolare. Lei lo notò e mi sorrise.
«Non sono cambiata, hai visto?» mi disse.
Io annuii. «No, sei ancora bellissima.»
Lei mi sorrise. Anche il suo sorriso era così bello e genuino. Era esattamente come me lo ricordavo.
«Perché pensi che io e papà abbiamo bisogno di te?» le chiesi. Nel frattempo avevo notato che intorno a me gli oggetti si erano fatti più sfocati e pian piano mi stavo allontanando dal tavolo, come se la sedia si spostasse da sola.
«Perché state sbagliando. Ad esempio...»

Mi svegliai. Sbattei un piccolo pugno sul cuscino. Avrei voluto sentire il continuo, era ingiusto. Perché, se posso decidere cosa fare e quali domande fare, non posso decidere anch'io quando finisce il sogno? Comunque, sapevo che quella notte avrei sentito il continuo, e io non vedevo l'ora. Mi alzai e mi cambiai. Poi entrai in bagno e mi guardai allo specchio, mentre sorridevo.

«Ci vediamo stanotte mamma», sussurrai.

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