Cominciò tutto un giorno di fine febbraio. Per chi festeggia il carnevale ambrosiano si stavano avvicinando le brevi vacanze che caratterizzano questa festa. Come ogni giorno nelle case si ascoltava il telegiornale e tra una notizia e l'altra si scoprì che gli studenti lombardi sarebbero stati qualche giorno a casa da scuola, perché alcuni contagiati erano arrivati per la prima volta in Italia, in Lombardia. Eravamo tutti felici perché avremmo avuto qualche giorno di vacanza in più, ma non sapevamo cosa ci sarebbe successo da lì a poco . Perché effettivamente ci sembravano delle vacanze, sì avevamo qualche compito assegnato da alcuni insegnanti, ma allora l'istruzione non era la priorità. Poi però lo stato di emergenza si spostò in tutta Italia, e quelle che dovevano essere due settimane di vacanze si trasformarono in mesi di reclusione, per colpa di una pandemia, parola che per la maggior parte di noi era sconosciuta prima dell'arrivo del covid. Ci misero davanti ad un computer e ci comunicarono che avremmo affrontato le lezioni da casa, tramite la dad. Tutto stava precipitando. Gli insegnanti non erano in grado di gestire lezioni da casa. Non si fidavano quando dicevamo che il Wi-Fi non funzionava ed in generale ci sembrò che tutti si fossero dimenticati di noi e forse effettivamente era così. La maggior parte entrò in un loop che sembrò non finire mai, la mattina ci svegliavamo cinque minuti prima della lezione, direttamente in pigiama accendavamo il computer e affrontavamo la scuola da casa poi chiudevamo il computer mangiavamo e dormivamo così per giorni e giorni. Molti di noi avevamo rinunciato a studiare, per diversi motivi. Alcuni facevano già fatica a scuola e quando ci fecero stare a casa si sentirono dei falliti, altri invece avevano perso tutta la motivazione che li caratterizzava. In generale eravamo tutti demotivati perché molto spesso gli insegnanti ci abbassavano il voto pensando che avessimo copiato. Ho capito quanto fosse importante una routine seria, avere delle regole e dei doveri come studiare alcune ore al giorno o portare fuori il cane per fargli fare una passeggiata ogni sera, riuscire a ritagliarsi tempo per andare a fare sport e vedersi con degli amici. La mancanza della libertà forse è stata la cosa più cattiva che ci è capitata. Questo perché si sa dopo il periodo dell'infanzia non si vede l'ora di uscire, di ribellarsi, di provare la sensazione di avere una vita propria. Col virus molti di noi hanno dovuto stroncare queste emozioni al nascere, altri hanno dovuto stopparle. La mancanza di libertà ha portato molti di noi ad avere ansia, ma non l'ansia che si provava prima di affrontare una interrogazione, l'ansia con la A maiuscola. Quando siamo usciti dopo mesi non ci ricordavamo come era fatto il mondo esterno. Avevamo trovato un posto sicuro in camera nostra, dentro a quelle quattro mura ci sentivamo a nostro agio, potevamo essere noi stessi. Molti di noi hanno rinunciato ad uscire anche se si poteva, dopo la pandemia ci è stata un'altra epidemia, questa volta invisibile: in molti di noi si è sviluppata l'ansia sociale o da prestazione. Perché non solo non potevamo uscire, ma non potevamo socializzare. E quando tra una quarantena e l'altra per alcuni periodi potemmo finalmente uscire, la maggior parte di noi non aveva più il coraggio di conoscere nuove persone. I più fortunati durante le quarantene sono riusciti a mantenere le proprie amicizie tramite videochiamate, la maggior parte di noi no. Questo perché stare da soli ci ha fatto capire veramente come erano le persone con cui ci frequentavamo prima del covid e molto spesso abbiamo capito che eravamo amici con loro solo perché li vedevamo ogni giorno. Quindi oltre e essere obbligati a stare in casa da soli siamo arrivati ad essere coscienti che anche quando tutto questo sarebbe finito saremmo stati soli, almeno per un periodo. Stare da soli ci è servito per capire noi stessi ma è sempre stato necessario per crescere confrontarsi con persone della nostra età. Ci sentivamo impotenti, sapevamo che non potevamo far niente per evitare ciò che stava succedendo, ma nonostante questo tutti si accanivano su di noi. I telegiornali sottolineavano quanto sarebbe stato imprudente far tornare a scuola gli adolescenti, quando la maggior parte delle volte eravamo più attenti degli adulti, perché noi credevamo che ci sarebbe stata una fine e rispettavamo tutte le regole. La dimostrazione è che adesso la maggior parte degli adolescenti è vaccinata quando gli adulti molto spesso sono complottisti no vax che si inventano che il covid neanche sia esistito. La cosa a cui ci aggrappammo furono i social, in particolare tik tok. Sui social sembrò che niente fosse iniziato, avevamo la possibilità di stare vicini anche se in realtà eravamo lontani più di ogni altra cosa. Nei social abbiamo trovato un mondo pronto a capirci. Tutti noi abbiamo fatto conoscenza con persone simili a noi e si sono create le famigerate amicizie online, molto spesso scoraggiate dagli adulti. Perché nella adolescenza c'è la caratteristica voglia di conoscere nuove persone ma in un periodo dove non si può uscire di casa l'unica soluzione fu questa. Forse le amicizie online sono le più vere, perché non ci sono conflitti di interessi né ci sono persone pronte a giudicarti per il tuo aspetto esteriore. Abbiamo capito che non è necessario uscire ogni giorno per creare una amicizia duratura, infatti per aiutarci a vicenda non serve necessariamente vedersi. Nonostante questo dopo mesi di conoscenza si sente la necessità di incontrarsi, perché quando si tiene veramente ad una persona l'unica cosa che si desidera è abbracciarla e passare un po' di tempo con essa. Abbiamo capito il valore di un semplice abbraccio o di una uscita con gli amici, non c'è prezzo a tutto questo.
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Teens during covid
Non-FictionVi siete mai chiesti cosa hanno provato gli adolescenti durante il periodo del corona virus? A meno che non siate in primis dei ragazzi o genitori ed insegnanti di essi non credo proprio. Questo perché siamo sempre stati la preoccupazione minore di...